Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 32086 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 32086 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI TORRE ANNUNZIATA nei confronti di:
COGNOME NOME nato a POMPEI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 13/02/2024 del GIP TRIBUNALE di TORRE ANNUNZIATA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Torre Annunziata rigettava la richiesta di emissione del decreto penale di condanna proposta dal Pubblico ministero presso il medesimo Tribunale.
La richiesta riguardava NOME COGNOME, alla quale veniva contestato il furto di gas metano a mezzo della manomissione di due contatori.
Il RAGIONE_SOCIALEp. rigettava la richiesta rilevando come non fosse stata contestata l’aggravante della destinazione a pubblico servizio del bene sottratto e difettasse la querela.
Il Pubblico ministero ricorre lamentando abnormità strutturale e funzionale del provvedimento impugnato, in quanto il G.i.p. avrebbe dovuto pronunciare esclusivamente sentenza ex art. 129 cod. proc. pen. o emettere il decreto penale di condanna, avendo con il provvedimento di rigetto realizzato uno «stallo procedimentale», non potendo il pubblico ministero impugnare il provvedimento emesso per contestarne il merito.
Il Pubblico ministero, nella persona del AVV_NOTAIO, ha depositato conclusioni con le quali ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
Il ricorso è stato trattato senza intervento delle parti, ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. n. 137 del 2020, disciplina prorogata sino al 31 dicembre 2022 per effetto dell’art. 7, comma 1, d.l. n. 105 del 2021, la cui vigenza è stata poi estesa in relazione alla trattazione dei ricorsi proposti entro il 30 giugno 2023 dall’art. 94 del d.lgs. 10 ottobre 2022 n. 150, come modificato dall’art. 5duodec/es d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito con modificazioni dalla I. 30 dicembre 2022, n. 199, nonché entro il 30 giugno 2024 ai sensi dell’art. 11, comma 7, del dl. 30 dicembre 2023, n. 215, convertito in legge 23 febbraio 2024, n. 18.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Va da subito evidenziato come secondo l’insegnamento delle Sezioni Unite COGNOME (sentenza n. 25957 del 26/03/2009), pronuncia da ultimo richiamata anche da Sez. U, n. 37502 del 28/04/2022, COGNOME, l’area dell’abnormità, ricorribile per cassazione, nella sua duplice accezione, strutturale e funzionale, va ricondotta ad un fenomeno unitario, caratterizzato dallo sviamento della funzione giurisdizionale, inteso non tanto quale vizio dell’atto, che si aggiunge a quelli tassativamente stabiliti dall’art. 606, comma 1, cod. proc. pen., quanto come esercizio di un potere in difformità dal modello descritto dalla legge.
In particolare nei rapporti tra giudice e pubblico ministero, l’abnormità strutturale è riconoscibile soltanto nel «caso di esercizio da parte del giudice di un potere non attribuitogli dall’ordinamento processuale (carenza di potere in astratto), ovvero di deviazione del provvedimento giudiziale rispetto allo scopo
di modello legale nel senso di esercizio di un potere previsto dall’ordinamento, ma in una situazione processuale radicalmente diversa da quella configurata dalla legge e cioè completamente al di fuori dei casi consentiti, perché al di là di ogni ragionevole limite (carenza di potere in concreto). L’abnormità funzionale, riscontrabile nel caso di stasi del processo e di impossibilità di proseguirlo, va limitata all’ipotesi in cui il provvedimento giudiziario imponga al pubblico ministero un adempimento che concretizzi un atto nullo rilevabile nel corso futuro del procedimento o del processo» (Sez. U. n. 25957 del 26/03/2009, COGNOME, cit.; conf. da ultimo Sez. U, n. 20569 del 18/01/2018, COGNOME, Rv. 272715).
Le Sezioni Unite COGNOME hanno avuto modo di distinguere l’ambito concettuale della abnormità, da un lato, dalle anomalie dell’atto irrilevanti perché innocue, dall’altro, dalle situazioni di contrasto del pronunciamento giudiziale con singole norme processuali, la cui violazione sia rinforzata dalla previsione della nullità.
«Sotto il primo profilo, è ininfluente e non riconducibile all’abnormità quell’atto, pur compiuto al di fuori degli schemi legali o per finalità diverse da quelle che legittimano l’esercizio della funzione, che sia superabile da una successiva corretta determinazione giudiziale che dia corretto impulso al processo o dalla sopravvenienza di una situazione tale da averne annullato gli effetti, averlo privato di rilevanza ed avere eliminato l’interesse alla sua rimozione. Quanto al secondo aspetto, l’incompatibilità della decisione con una o più disposizioni di legge processuale vizia l’atto per mancata applicazione o errata interpretazione del referente normativo e ne determina l’illegittimità, che, se ciò sia prescritto, viene sanzionata in termini di nullità. In questa situazione la violazione sussistente non travalica nell’abnormità se l’atto non sia totalmente avulso dal sistema processuale e non determini una stasi irrimediabile del procedimento. Resta dunque escluso che, come precisato anche dalla dottrina, possa invocarsi la categoria dell’abnormità per giustificare la ricorribilità immediata per cassazione di atti illegittimi, affetti soltanto da nullità o comunque sgraditi e non condivisi (Sez. U, n. 33 del 22/11/2000, COGNOME), perché tanto si tradurrebbe nella non consentita elusione del regime di tassatività dei casi di impugnazione e dei mezzi esperibili, stabilito dall’art. 568, comma 1, cod. proc. pen.» (Sez. U, n. 20569 del 18/01/2018, COGNOME, in motivazione).
Nel caso in esame, deve osservarsi come la censura tenda a sottolineare come l’abnormità nel caso di specie sia «da stasi» del procedimento.
A riguardo deve convenirsi con le conclusioni della Procura AVV_NOTAIO, che richiama la circostanza che alcuna stasi viene a determinarsi nel caso in esame,
in quanto, ricevuti gli atti a seguito del rigetto, il pubblico ministero potrà dare nuovo impulso al procedimento anche esercitando l’azione penale, se del caso anche a seguito della modifica dell’imputazione.
D’altro canto, sul punto è condiviso da questa Corte l’orientamento giurisprudenziale che a più riprese ha ribadito la possibilità di rieditare l’esercizio dell’azione penale: per un verso, affermando che non è abnorme il provvedimento con cui il giudice per le indagini preliminari, investito della richiesta di emissione di decreto penale di condanna, la rigetti per la ritenuta rilevanza ostativa dell’opposizione del querelante, atteso che un tale provvedimento, pur erroneo a seguito della declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 459, comma 1, cod. proc. pen., ad opera della sentenza Corte cost. n. 23 del 2015, non impedisce al pubblico ministero di reiterare la richiesta stessa, ovvero, eventualmente, di esercitare l’azione penale con le forme ordinarie, di modo che una successiva corretta determinazione giudiziale possa dare corretto impulso al procedimento (Sez. 2, n. 38120 del 28/09/2021, Marcosano, Rv. 282191 – 01); per altro, ribadendo che in tema di procedimento per decreto, non è abnorme, e quindi non è ricorribile per cassazione, il provvedimento con cui il giudice per le indagini preliminari rigetti la richiesta di emissione del decreto penale di condanna per insussistenza di elementi idonei a fondare la responsabilità dell’imputato, senza pronunciare sentenza di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen., atteso che un tale provvedimento si inserisce nel novero dei poteri cognitivi conferiti al suddetto giudice dall’art. 459, comma 3, cod. proc. pen., che, al di fuori di qualsiasi automatismo, gli riconosce la possibilità di un ampio sindacato sul merito della richiesta (Sez. 2, n. 28288 del 16/06/2021, COGNOME, Rv. 281797 – 01; nello stesso senso, anche Sez. 2, n. 7582 del 21/02/2020, Juma, Rv. 278235 – 01 che ha ritenuto non abnorme l’ordinanza con la quale il giudice per le indagini preliminari rigetti la richiesta di decreto penale di condanna per ritenuto errore nel calcolo della pena, atteso che il pubblico ministero può immediatamente esercitare l’azione penale nelle forme ordinarie, così dando nuovo impulso al procedimento).
Né tantomeno, nel caso in esame, si verte in un caso in cui la valutazione del G.i.p. si sovrappone alla scelta del rito e alla sua ‘opportunità’, nel quale caso si pone come concreto un esorbitare del G.i.p. dalle sue funzioni (sul punto cfr. Sez. 5, n. 14041 del 05/12/2022, dep . 03/04/2023, Seke, Rv. 284380 01, che ha ritenuto abnorme, in quanto fondato unicamente su motivi di opportunità, il provvedimento con cui il giudice per le indagini preliminari rigetta la richiesta di emissione di decreto penale di condanna in base alla prognosi
negativa circa il pagamento, da parte dell’imputato, della pena pecuniaria indicata nella richiesta del pubblico ministero).
Pertanto, non essendo impedito l’esercizio dell’azione penale, non si verifica alcuna stasi, né il GRAGIONE_SOCIALE ha agito al di fuori del proprio potere in astratto o in concreto a lui assegnato, risultando per la consolidata giurisprudenza del manifestamente infondate le ragioni del ricorso.
Ne consegue l’inammissibilità del ricorso.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso del Pubblico ministero.