Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 3087 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 3087 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 30/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Trani nel procedimento a carico di COGNOME NOME nato a Ruvo Di Puglia il 12/10/1955
avverso l’ordinanza emessa il 21 maggio 2024 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Trani visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso per l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata; lette le richieste del difensore, Avv. Avv. NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Trani ricorre per cassazione avverso l’ordinanza del Giudice dell’udienza preliminare del medesimo Tribunale che ha dichiarato la nullità della richiesta di rinvio a giudizio di NOME COGNOME per mancato espletamento dell’interrogatorio richiesto da costui a seguito della notifica dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari.
Il ricorrente deduce l’abnormità del provvedimento in quanto: i) è stato adottato in violazione della disciplina transitoria dettata dagli artt. 87 e 87-bis d.lgs. n. 150 del 2022, applicabile ratione temporis al caso in esame, disciplina che prevede quale unica modalità di presentazione della richiesta in esame il suo inserimento nel portale del processo telematico (PPT), con esclusione della possibilità di invio tramite posta elettronica certificata, restando, comunque, ferma, ai sensi dell’art. 111-bis, comma 4, cod. proc. pen. la possibilità di deposito non telematico per gli atti che le parti compiono personalmente; ii) determina una indebita regressione del procedimento, richiedendo il compimento di un atto sulla base di una istanza inviata ad un indirizzo PEC diverso da quelli inseriti nel Registro generale degli indirizzi certificati (si tra dell’indirizzo che nella pagina internet del sito della Procura di Trani, allegata in cop al ricorso, è indicato come destinato esclusivamente alle comunicazioni amministrative, diverso da quello, indicato nella medesima pagina, destinato, invece, alla presentazione “degli atti penali non depositabiii nel Portale del processo penale telematico”) e, di fatto, onerando gli Uffici della Procura del compito di monitorare costantemente tutte le istanze inviate agli indirizzi astrattamente riferiti al prop Ufficio. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
A sostegno delle argomentazioni esposte, I ricorrente richiama anche quelle esposte dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 96 del 2022 in cui è stata dichiarata l’inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 1 cod. proc. pen. (nella versione antecedente la riforma del 2022), sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, secondo comma, e 111 della Costituzione. In particolare, per quanto rileva in questa Sede, la Corte costituzionale ha osservato che nel lasso temporale decorso dall’ordinanza di rimessione (2018) è intervenuto un mutamento del quadro normativo confliggente con la richiesta del giudice rimettente di introdurre nell’art. 153 cod. proc. pen. la facoltà per il difensore di effettuare notifiche e comunicazioni al pubblico ministero via PEC, stante «la diversa scelta compiuta dal legislatore del 2020 di prevedere – quanto meno sino al 31 dicembre 2022 – che memorie, documenti, richieste e istanze del difensore al pubblico ministero
(compresa quella di interrogatorio dell’indagato ai sensi dell’art. 415-bis, comma 3, cod. proc. pen.) siano depositati sul menzionato portale del processo penale telematico (PPPT), anziché – appunto – inviati mediante PEC.».
Il Procuratore Generale ha depositato una requisitoria in cui, nel concludere per l’accoglimento del ricorso e l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata, ha insistito sull’abnormità del provvedimento impugnato. Si osserva, in particolare, che nel caso in esame ricorre una ipotesi di abnormità funzionale in quanto il provvedimento impugnato è stato adottato fuori dai casi consentiti dalla legge ed impone al pubblico ministero il compimento di un atto nullo rilevabile nel corso del processo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato in quanto, per le ragioni che saranno di seguito esposte, l’ordinanza impugnata non può considerarsi quale atto abnorme ricorribile per cassazione.
Giova, al riguardo, rammentare che la categoria dell’abnormità dell’atto è stata individuata dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte (cfr. Sez. U, n. 42603 del 13/07/2023, El Karti, Rv. 285213 – 02; Sez. U, n. 37502 del 28/04/2022, COGNOME, Rv. 283552 – 01 Sez. U, n. 20569 del 18/01/2018, COGNOME, Rv. 272715; Sez. U, n. 25957 del 26/03/2009, Toni, Rv. 243590; Sez. U. n. 5307 del 20/12/2007, dep. 2008, COGNOME, Rv. 238240; Sez. U., n. 26 del 24/11/1999, dep. 2000, COGNOME, Rv. 215094; Sez. U. n. 17 del 10/12/1997, dep. 1998, COGNOME, Rv. 209603) con riferimento alle ipotesi in cui si realizza uno sviarnento della funzione giurisdizionale con l’adozione di provvedimenti strutturalmente o funzionalmente estranei all’ordinamento, cui consegue una situazione di stallo processuale non emendabile attraverso i rimedi impugnatori in quanto non espressamente previsti dalla legge.
In particolare, si è affermato che l’abnormità può discendere da ragioni di struttura, allorché l’atto, per la sua singolarità, si ponga ai di fuori del sist organico della legge processuale (carenza di potere in astratto), ovvero può riguardare l’aspetto funzionale, quando esso, pur non estraneo al sistema normativo, si esplichi al di fuori dei casi consentiti e delle ipotesi previste, al di là di
ragionevole limite, determinando la stasi del processo e l’impossibilità di proseguirlo (carenza di potere in concreto).
In questi casi, dunque, la mancata previsione normativa dell’impugnabilità del provvedimento dipende dalla sua imprevedibile estraneità a qualsiasi categoria processuale ed il riconoscimento della ricorribilità per cassazione ha lo scopo specifico di superare una situazione di stallo altrimenti non rimediabile. A tale riguardo, l Sezioni Unite, con la citata sentenza n. 37502 del 2022, COGNOME, hanno chiarito che la mancata definizione dell’abnormità all’interno del codice di rito è correlata ad una precisa scelta del legislatore, desumibile anche dalla «Relazione al progetto preliminare del nuovo codice di procedura penale», in cui si dà atto della rinuncia a prevedere espressamente l’impugnazione dei provvedimenti abnormi, «attesa la rilevante difficoltà di una possibile tipizzazione e la necessità di lasciare sempre all giurisprudenza di rilevarne l’esistenza e di fissarne le caratteristiche ai fi dell’impugnabilità». Si è, pertanto, affermato che la necessità di introdurre tale categoria si correla all’esigenza di assicurare la legalità di ogni sequenza procedimentale e di scongiurare il rischio di anomalie imprevedibilmente insorte e non riconducibili ad altra specie di patologia, tali nondimeno da alterare lo sviluppo del procedimento e da arrecare pregiudizio alle prerogative riconosciute alle parti: di qui l’ammissibilità in questi casi, in deroga al principio della tipicità dei mezzi impugnazione, del ricorso per cassazione, al fine di eliminare quegli atti, ove il vizio non sia riconducibile alle categorie della nullità o dell’inutilizzabilità e non sia prev altro mezzo di impugnazione.
In tale consolidato solco ermeneutico si è comunque rimarcata la necessità di un inquadramento rigoroso della categoria dell’abnormità, che ha caratteri di eccezionalità traducendosi in una deroga al principio di tassatività delle nullità e dei mezzi di impugnazione, e si è escluso che la nozione possa essere riferita a situazioni di mera illegittimità, considerate altrimenti non inquadrabili e non rimediabili (cfr. ultimo, Sez. U, n. 42603 del 13/07/2023, COGNOME, in motivazione).
Ritiene il collegio che, alla luce di tali precise e restrittive coordi ermeneutiche, deve escludersi l’abnormità del provvedimento impugnato.
In primo luogo, deve escludersi una abnormità strutturale del provvedimento in quanto il Giudice ha esercitato un potere che l’ordinamento espressamente gli attribuisce (si veda l’art. 416, comma 1, cod. proc. pen.).
3.1. Ad avviso del Collegio deve, inoltre, escludersi anche una abnormità funzionale del provvedimento.
Sebbene, infatti, colgano nel segno le censure del Pubblico ministero ricorrente in merito alla omessa valutazione da parte del Giudice delle modalità di presentazione dell’istanza di interrogatorio, ritiene il Collegio che tale omissione può essere valutat solo sotto un profilo di illegittimità del provvedimento, ma non di abnormità dello stesso, non determinando, per quanto si dirà di seguito, alcuna stasi del procedimento.
3.2. Nella fattispecie in esame, infatti, la richiesta di interrogatorio è stata f personalmente dall’indagato ed inviata ad un indirizzo PEC diverso da quello deputato alla ricezione degli atti.
Si tratta di una modalità che dall’entrata in vigore del d. Igs. n. 150 del 2022 non è più consentita.
L’art. 87 d.lgs. cit. prevede, infatti, al comma 6-bis che sino al quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione dei regolamenti di cui ai commi 1 e 3, ovvero sino al diverso termine previsto dal regolamento di cui al comma 3 per gli uffici giudiziari e le tipologie di atti in esso indicati, il deposito di memorie, document richieste e istanze indicati dall’articolo 415-bis, comma 3, cod. proc. pen., nonché di altri atti specificamente indicati, non rilevanti in questa Sede, negli uffici d procure della Repubblica presso i tribunali avviene esclusivamente mediante deposito nel portale del processo penale telematico individuato con provvedimento del Direttore generale per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia e con le modalità stabilite nel medesimo provvedimento, anche in deroga al regolamento di cui al decreto del Ministro della giustizia 21 febbraio 2011, n. 44.
Per tali atti, il successivo comma 6-quinquies esclude la possibilità di invio dell’istanza tramite posta elettronica certificata, prevedendo espressamente che l’impiego di tale modalità di trasmissione “non produce alcun effetto di legge”.
Una sanzione, dunque, non di nullità dell’atto, ma di mera inefficacia.
3.3. Tali disposizioni normative si integrano con la disciplina generale del deposito degli atti, contenuta all’art. 111-bis cod. proc. pen., in cui si prevede, salv malfunzionamento dei sistemi informatici, la modalità telematica quale unica modalità di deposito di atti, documenti, richieste e memorie (comma 1).
Il comma quarto di tale norma consente, tuttavia, per gli atti che le parti e la persona offesa compiono personalmente, la possibilità di deposito con modalità non telematiche.
3.4. L’ordinanza impugnata, pur ritenendo non applicabile alla fattispecie in esame la disciplina del deposito degli atti tramite il portale del processo telematico, ha omesso di considerare quanto previsto dall’art. 111-bis cod. proc. pen., che non pare introdurre una deroga al divieto di impiego della posta elettronica certificata previsto dall’art. 87, comma 6-quinquies, d.lgs. n. 150 del 2022, ma consente, per gli atti che le parti compiono personalmente, come nel caso in esame, il deposito con modalità non telematiche, tra le quali può rilevare, ad esempio, il deposito dell’atto presso la cancelleria del giudice (cfr. art. 121 cod. proc. pen.) o la segreteria de pubblico ministero (cfr. art. 153 cod. proc. pen.), ovvero, come recentemente affermato da una pronuncia di questa Corte proprio in tema di richiesta di interrogatorio avanzata dall’indagato all’esito della ricezione dell’avviso d conclusione delle indagini preliminari, anche tramite differenti mezzi tecnici, quali i telegramma o la lettera raccomandata, purché la sua sottoscrizione risulti autenticata dal difensore o da altro pubblico ufficiale abilitato, sì da assicurare l’identificazio del soggetto privato legittimato a formulare l’istanza (Sez. 2, n. 41961 del 02/10/2024, Rv. 287166).
3.5. Tale omessa valutazione, tuttavia, può, al più rilevare sulla legittimità del provvedimento impugnato, ma come detto, non ne comporta l’abnormità atteso che: i) la irregolare modalità di presentazione dell’istanza di interrogatorio non è sanzionata da nullità, dovendosene, tuttavia, valutare la sola efficacia; ii) l regressione determinata dall’ordinanza impugnata non comporta alcuna stasi del procedimento, disponendo l’espletamento dell’interrogatorio da parte del Pubblico ministero al cui esito quest’ultimo potrà nuovamente assumere le sue determinazioni in merito all’esercizio dell’azione penale. Rileva, peraltro, il Collegio che la null dell’interrogatorio quale conseguenza della irrituale presentazione dell’istanza, prospettata dal Procuratore Generale nella sua requisitoria, appare, allo stato, disancorata da una specifica disposizione di legge e, sulla base degli elementi rappresentati nel ricorso, non configurabile in termini di nullità di ordine generale trattandosi del compimento di un atto richiesto, sia pure irregolarmente, dall’indagato, che non appare lesivo delle prerogative della pubblica accusa né, ovviamente, del diritto di difesa.
Rigetta il ricorso.
Così deciso il 30 ottobre 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente