Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 10107 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 10107 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a COSENZA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 27/06/2023 del TRIBUNALE di COSENZA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Procuratore generale, nella persona del sostituto procuratore NOME COGNOME, che ha chiesto, con requisitoria scritta, l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa in data 27 giugno 2023 il Tribunale di Cosenza, quale giudice dell’esecuzione, su richiesta dal pubblico ministero ha revocato l’ordinanza con cui il medesimo tribunale, in data 23 maggio 2023, aveva accolto l’istanza formulata da NOME COGNOME per il riconoscimento del vincolo della continuazione tra i reati giudicati con cinque sentenze di condanna. Egli aveva avanzato tale istanza in data 08 aprile 2021 al fine di estendere la continuazione, già riconosciuta tra i reati di cui alle prime tre condanne, anche ai reati giudicati con le altre due sentenze, ma la sua richiesta era stata respinta e il suo ricorso contro tale provvedimento era stato dichiarato inammissibile dalla Corte di cassazione in data 16 febbraio 2022. Egli aveva riproposto l’istanza, in termini identici, e il Tribunale di Cosenza, in composizione monocratica, l’aveva accolta con il provvedimento in questione.
Il Tribunale, in composizione collegiale, ha invece rilevato che tale ultima istanza avrebbe dovuto essere dichiarata inammissibile, essendosi formato il giudicato sulla sua reiezione e costituendo, la successiva pronuncia, una violazione del divieto di bis in idem. Ha perciò ritenuto che, in applicazione dell’art. 669 cod.proc.pen., la pluralità di decisioni sulla medesima questione debba essere risolta in favore di quella cronologicamente anteriore, nel rispetto del principio della intangibilità del giudicato.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso NOME COGNOME, per mezzo dei suoi difensori AVV_NOTAIO e AVV_NOTAIO, articolando un unico motivo, con il quale deduce la violazione di legge, ai sensi dell’art.606, comma 1, lett. b), c) ed e), cod.proc.pen., in relazione agli artt. 666, 669, 665 e 671 cod.proc.pen.
L’incidente di esecuzione, promosso dal pubblico ministero, non è consentito ai sensi degli artt. 665 e ss. cod.proc.pen., perché contro l’ordinanza applicativa della continuazione è previsto il ricorso per cassazione, mentre la sua revoca è un provvedimento non previsto dall’ordinamento.
Avverso l’ordinanza emessa dal giudice monocratico in data 23 maggio 2023 il pubblico ministero, in data 31 maggio 2023, ha proposto ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 666 cod.proc.pen., chiedendo contestualmente al giudice dell’esecuzione di sospendere l’esecutività dell’ordinanza impugnata, richiesta che è stata respinta. Successivamente, in data 13 giugno 2023, il pubblico ministero ha proposto, invece, l’incidente di esecuzione con cui ha chiesto la revoca dell’ordinanza emessa il 23 maggio 2023. Questo incidente di esecuzione doveva essere dichiarato inammissibile, sia perché nessuna norma
attribuisce al giudice dell’esecuzione la competenza per revocare una sua precedente ordinanza, sia perché, come detto, l’unico rimedio ammesso è il ricorso per cassazione, peraltro già esperito dallo stesso pubblico ministero.
L’ordinanza impugnata è, quindi, un atto abnorme, perché emessa al di fuori dei casi consentiti e tale da determinare una stasi procedimentale, in quanto ha revocato un provvedimento contro il quale pende un ricorso in cassazione, che la Corte di cassazione non può decidere, appunto perché il medesimo provvedimento è stato, nel frattempo, revocato.
In ogni caso l’atto, anche se non abnorme, è stato emesso in violazione degli artt. 669 e 666 cod.proc.pen., perc:hé l’unico rimedio esperibile contro l’ordinanza contestata è il ricorso per cassazione. Il Tribunale ha errato nell’applicare il rimedio previsto dall’art. 669 cod.proc.pen., che riguarda le sentenze e altri provvedimenti, ma non il giudicato in materia di esecuzione.
Inoltre il giudicato esecutivo non impedisce una nuova pronuncia sul punto in termini assoluti, essendo sempre possibile proporre al giudice dell’esecuzione una nuova istanza fondata su temi o fatti nuovi. Nell’ordinanza emessa il 23 maggio 2023 il giudice dell’esecuzione ha dato atto della presentazione di elementi nuovi, ragione per cui la richiesta è stata ritenuta ammissibile. In ogni caso non era lo stesso giudice dell’esecuzione, investito della richiesta di revoca, a poter decidere della correttezza o meno di tale ordinanza, essendo stato il suo controllo devoluto alla corte di cassazione, come previsto dall’ordinamento.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha chiesto l’accoglimento del ricorso, con annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato, e deve essere accolto.
L’ordinanza impugnata costituisce un atto non previsto dall’ordinamento, emesso da un giudice privo della necessaria competenza, che presenta un aspetto di abnormità, essendo potenzialmente idoneo a determinare una stasi procedimentale. L’art. 666, comma 6, cod.proc.pen., infatti, stabilisce che le ordinanze emesse dal giudice dell’esecuzione sono impugnabili mediante ricorso per cassazione, e non ne consente l’impugnazione di fronte al medesimo giudice che le ha emesse.
Il Tribunale ha ritenuto di procedere in applicazione analogica del principio che vieta la duplicazione di decisioni, estendendo alle ordinanze emesse in materia esecutiva la norma dell’art. 669 cod.proc.pen., che prevede l’intervento
del giudice dell’esecuzione per stabilire quale tra le più sentenze emesse contro lo stesso condannato per il medesimo fatto debba essere eseguita, ma ha applicato in modo errato tale analogia. Infatti, come ritenuto da questa Corte, «Il principio del “ne bis in idem” è applicabile in via analogica con riferimento alle ordinanze del giudice dell’esecuzione nei casi in cui esso costituisca l’unico strumento possibile per eliminare uno dei due provvedimenti emessi per lo stesso fatto contro la stessa persona» (Sez. 1, n. 45556 del 15/09/2015, Rv. 265234; Sez. 5, n. 34324 del 07/10/2020, Rv. 280033). Nel presente caso, invece, l’intervento del Tribunale quale giudice dell’esecuzione, in attuazione del principio indicato, non era l’unico strumento possibile per rimuovere la duplicità di giudicati esecutivi, potendo essere esperito il ricorso per cassazione ed essendo stato tale rimedio effettivamente utilizzato dal pubblico ministero, secondo quanto riferito dal ricorrente. Risulta, infatti, essere stato presentato il ricorso per cassazione n. 24711/2023 R.G.’ avente il medesimo oggetto, che è stato deciso da questa Corte in data 23 novembre 2023.
In un caso analogo, questa Corte ha annullato un provvedimento di revoca, da parte del giudice dell’esecuzione, di un’ordinanza emessa successivamente, in presenza di una precedente ordinanza irrevocabile relativa ad una richiesta di continuazione tra le medesime sentenze di condanna, motivando che tale seconda ordinanza era ancora impugnabile (sez. 5, n. 7350 del 12/10/2018, dep. 2019, imp. Acquaviva, n.m.).
L’ordinanza impugnata, inoltre, è erronea nel suo contenuto, perché intervenuta in assenza di un contrasto tra giudicati. La impugnabilità, mediante ricorso per cassazione, dell’ordinanza applicativa della continuazione emessa in data 23 maggio 2023, e la sua effettiva impugnazione, rendevano tale provvedimento non definitivo. L’art. 669 cod.proc.pen. e l’art. 649 cod.proc.pen., invece, devono essere applicati in presenz:a di una pluralità di provvedimenti definitivi, essendo altrimenti competente il solo giudice dell’impugnazione per valutare l’ammissibilità e la correttezza del secondo provvedimento emesso per il medesimo fatto. La mancanza di un secondo provvedimento definitivo rende insussistente il contrasto tra giudicati, e la ragione di intervento del giudice dell’esecuzione.
2.1. Deve poi ricordarsi, per quanto non sia di stretto interesse in questa procedura, che anche nel caso di una pluralità di giudicati esecutivi l’individuazione del provvedimento da applicare deve rispettare il principio del provvedimento più favorevole, diversamente dal principio dell’anteriorità cronologica seguito nell’ordinanza impugnata. (Sez. 5, n. 18318 del 04/04/2019, Rv. 275917; Sez. 5, n. 7350 del 12/10/2018, dep. 2019, imp. Acquaviva, n.m.)
Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso deve esser pertanto, accolto, e l’ordinanza impugnata deve essere annullata senza rinvio.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata.
Così deciso il 11 dicembre 2023
Il Consigliere estensore
Il Presidente