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Atto abnorme: quando un provvedimento non è impugnabile

La Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso che denunciava un atto abnorme. Il ricorso contestava un provvedimento del Presidente del Tribunale relativo alla gestione di un procedimento. La Corte ha chiarito che la nozione di atto abnorme si applica solo agli atti giurisdizionali, non a quelli meramente organizzativi e amministrativi emessi dal dirigente dell’ufficio, che non sono impugnabili in Cassazione.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Atto Abnorme: Non Tutti i Provvedimenti del Tribunale Sono Impugnabili

Nel complesso mondo della procedura penale, esiste una categoria particolare di provvedimenti definita atto abnorme. Si tratta di decisioni del giudice talmente anomale da non poter essere tollerate all’interno del sistema. Tuttavia, una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci ricorda che non tutti gli atti emessi in ambito giudiziario possono essere qualificati come tali. La Corte ha chiarito la fondamentale distinzione tra atti giurisdizionali e atti puramente amministrativi, anche se emessi dal Presidente di un Tribunale.

Il Caso: La Contestazione di un Provvedimento Organizzativo

Il caso trae origine dal ricorso presentato dalla difesa di un imputato avverso un provvedimento del Presidente della Sezione Penale del Tribunale di Brindisi. Con tale atto, datato 10 maggio 2024, il Presidente aveva accolto un’istanza di sostituzione del giudice istruttore in un procedimento penale pendente. La difesa riteneva che questa decisione fosse un atto abnorme, ovvero un provvedimento anomalo e lesivo dei diritti, e per questo motivo lo ha impugnato direttamente dinanzi alla Corte di Cassazione.

La difesa sosteneva che il provvedimento di gestione del fascicolo avesse caratteristiche tali da renderlo radicalmente viziato, tanto da uscire dagli schemi procedurali previsti dalla legge.

La Decisione della Cassazione: Ricorso Inammissibile

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha respinto con forza questa tesi, dichiarando il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. Secondo i giudici supremi, l’errore del ricorrente è stato quello di confondere un atto di natura puramente organizzativa e amministrativa con un atto giurisdizionale, l’unico che può essere potenzialmente qualificato come abnorme.

Il ricorrente è stato quindi condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.

Le Motivazioni: la Distinzione tra Atto Giurisdizionale e Atto Amministrativo e il concetto di atto abnorme

Il cuore della motivazione risiede nella natura del provvedimento impugnato. La Corte ha spiegato che la decisione del dirigente di un ufficio giudiziario (in questo caso, il Presidente della Sezione Penale) relativa all’assegnazione o alla riunione di processi è un atto meramente ordinatorio. Questo tipo di atto, disciplinato dall’art. 2 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale, ha una natura amministrativa e non giurisdizionale. In altre parole, non decide sulla colpevolezza o innocenza dell’imputato, né risolve questioni di diritto nel merito, ma si limita a gestire l’organizzazione del lavoro giudiziario.

La Corte ha richiamato importanti sentenze delle Sezioni Unite (n. 37502/2022 e n. 40984/2018) per ribadire che la nozione di atto abnorme è un vizio che può configurarsi solo per gli atti adottati dal giudice nel processo penale, cioè nell’esercizio della sua funzione di ‘dire il diritto’ (giurisdizione). Un atto amministrativo, anche se emesso da un magistrato, non rientra in questa categoria e, pertanto, non è ricorribile per cassazione come atto abnorme.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza offre un’importante lezione pratica: è cruciale distinguere la natura degli atti all’interno di un procedimento. Non ogni decisione presa in un tribunale è un atto giurisdizionale impugnabile con i rimedi straordinari come il ricorso per abnormità. I provvedimenti che riguardano l’assegnazione dei fascicoli, la sostituzione di un giudice per motivi organizzativi o la riunione di procedimenti sono espressione del potere di gestione dell’ufficio e sfuggono al sindacato di legittimità della Cassazione sotto il profilo dell’abnormità. Tentare di impugnarli comporta non solo il rigetto del ricorso, ma anche una condanna al pagamento di spese e sanzioni pecuniarie.

Un provvedimento del Presidente del Tribunale che gestisce l’assegnazione di un processo può essere considerato un atto abnorme?
No, la Cassazione ha stabilito che tali provvedimenti hanno natura meramente amministrativa e ordinatoria, non giurisdizionale. La nozione di atto abnorme si applica solo agli atti compiuti dal giudice nell’esercizio della sua funzione giurisdizionale.

Quali sono le caratteristiche di un atto abnorme secondo la giurisprudenza?
Secondo la giurisprudenza citata nell’ordinanza, l’abnormità può essere strutturale (l’atto è completamente al di fuori del sistema processuale) o funzionale (l’atto, pur essendo previsto, causa una stasi irrimediabile del processo). In entrambi i casi, deve trattarsi di un atto di natura giurisdizionale.

Quali sono state le conseguenze per chi ha presentato il ricorso?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato a pagare le spese processuali e una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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