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Atto abnorme: quando un provvedimento è impugnabile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una persona offesa che lamentava l’abnormità di un’ordinanza di archiviazione. La ricorrente sosteneva di non essere stata ascoltata nonostante la sua richiesta. La Corte ha stabilito che non si trattava di un atto abnorme, in quanto il provvedimento è previsto dalla legge e non causa una stasi del procedimento. Inoltre, il verbale d’udienza, che fa piena prova, attestava la sua presenza e non riportava alcuna richiesta di audizione personale, rendendo la doglianza infondata.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Atto Abnorme: La Cassazione Chiarisce i Limiti dell’Impugnazione

Nel complesso mondo della procedura penale, esistono concetti creati dalla giurisprudenza per porre rimedio a situazioni estreme non previste dal legislatore. Uno di questi è l’atto abnorme, un provvedimento giudiziario talmente anomalo da non poter essere tollerato all’interno del sistema. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 25426/2025, offre un’importante lezione sui limiti di questa categoria, chiarendo quando un errore procedurale non è sufficiente per qualificare un atto come abnorme.

I Fatti del Caso

La vicenda processuale ha origine dal reclamo presentato da una persona offesa avverso l’ordinanza di archiviazione emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari. La reclamante sosteneva che l’archiviazione fosse illegittima perché pronunciata in violazione del suo diritto di difesa e del principio del contraddittorio. In particolare, lamentava di non essere stata sentita personalmente dal giudice, nonostante ne avesse fatto richiesta.

Il Tribunale, in sede di reclamo, rigettava le sue censure. Non soddisfatta, la persona offesa proponeva ricorso per Cassazione, denunciando l’abnormità del provvedimento proprio per la mancata audizione, che a suo dire avrebbe violato l’art. 127 del codice di procedura penale, con conseguente nullità dell’ordinanza.

La Decisione della Corte di Cassazione e l’analisi dell’atto abnorme

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, fornendo una dettagliata analisi della nozione di atto abnorme. Gli Ermellini hanno ribadito che questa categoria, di origine giurisprudenziale, ha carattere eccezionale e serve a correggere atti che si pongono totalmente al di fuori del sistema processuale.

La Corte distingue due tipi di abnormità:

1. Abnormità strutturale: quando l’atto è completamente estraneo al modello previsto dalla legge (ad esempio, un provvedimento emesso da un organo privo del potere di farlo).
2. Abnormità funzionale: quando l’atto, pur essendo formalmente previsto dalla legge, provoca una stasi irrimediabile del procedimento o ne determina un’indebita regressione a una fase precedente.

Nel caso di specie, la Corte ha escluso entrambe le ipotesi. L’ordinanza che rigetta il reclamo contro un’archiviazione è un provvedimento espressamente disciplinato dal codice di procedura penale, quindi non può essere strutturalmente abnorme. Né può essere considerato funzionalmente abnorme, poiché non blocca il procedimento: la persona offesa conserva la facoltà di chiedere la riapertura delle indagini o di agire in sede civile per il risarcimento del danno.

Il Valore Probatorio del Verbale d’Udienza

Il punto cruciale della decisione risiede nel valore attribuito al verbale dell’udienza. La Cassazione ha sottolineato che, secondo quanto riportato nel verbale, la ricorrente era “presente personalmente” all’udienza, assistita dal suo difensore, il quale aveva esposto le ragioni a sostegno del reclamo.

Il verbale d’udienza è un atto pubblico e, ai sensi dell’art. 2700 del codice civile, fa piena prova fino a querela di falso di ciò che il pubblico ufficiale attesta essere avvenuto in sua presenza. Dal momento che nel verbale non risultava alcuna richiesta di audizione personale da parte della ricorrente e che la sua veridicità non era stata contestata con lo strumento della querela di falso, la doglianza è stata ritenuta infondata. La semplice produzione di una dichiarazione a firma di un praticante non poteva superare la fede privilegiata del verbale.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione fonda la sua decisione su principi consolidati. In primo luogo, l’abnormità non può essere invocata per contestare un provvedimento semplicemente erroneo o non condivisibile. Essa rappresenta un rimedio eccezionale per situazioni patologiche che minano le fondamenta stesse del processo. Utilizzarla per eludere il principio di tassatività dei mezzi di impugnazione sarebbe una forzatura del sistema.

In secondo luogo, la decisione riafferma la centralità e l’efficacia probatoria degli atti pubblici, come il verbale d’udienza. Le attestazioni in esso contenute godono di una presunzione di veridicità che può essere vinta solo attraverso il complesso procedimento della querela di falso. In assenza di tale contestazione, quanto verbalizzato deve essere considerato come l’unica e incontrovertibile rappresentazione dei fatti avvenuti in udienza.

Le Conclusioni

La sentenza offre due importanti indicazioni pratiche. Per le parti processuali, emerge la necessità di assicurarsi che ogni richiesta, specialmente quelle da cui possono derivare nullità (come la richiesta di essere sentiti personalmente), sia chiaramente formulata e, soprattutto, correttamente verbalizzata. Per gli operatori del diritto, la pronuncia ribadisce che il concetto di atto abnorme deve essere maneggiato con estrema cautela, essendo un rimedio residuale e non uno strumento per censurare qualsiasi presunta violazione procedurale. La stabilità e la certezza del processo si fondano anche sul rispetto delle forme e sulla fede privilegiata attribuita agli atti che ne documentano lo svolgimento.

Quando un provvedimento giudiziario può essere considerato un “atto abnorme”?
Un atto è abnorme solo quando è completamente estraneo al modello previsto dalla legge (abnormità strutturale) o quando, pur essendo formalmente corretto, causa una stasi irreversibile del procedimento o ne determina uno sviamento dalla sua funzione giurisdizionale (abnormità funzionale).

La mancata audizione della persona offesa rende sempre nullo il provvedimento di archiviazione?
No. Nel caso esaminato, la Cassazione ha ritenuto il ricorso inammissibile perché dal verbale d’udienza, che fa piena prova, non risultava alcuna richiesta di audizione personale da parte della ricorrente, la quale era peraltro presente all’udienza.

Che valore ha il verbale di un’udienza penale?
Il verbale d’udienza è un atto pubblico che fa piena prova, fino a querela di falso, di quanto il pubblico ufficiale (in questo caso il cancelliere) attesta essere avvenuto in sua presenza. Le sue attestazioni non possono essere smentite se non attraverso uno specifico procedimento legale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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