Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 10673 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 10673 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI FIRENZE nei confronti di:
NOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 17/11/2023 del GIUDICE DI PACE di FIRENZE
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME:COGNOME; lette le conclusioni del PG
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 17 novembre 2023 il Giudice di Pace di Firenze, a seguito di richiesta di archiviazione proposta dal Pubblico Ministero in data 20 maggio 2023 nel procedimento a carico di NOME per il reato di cui all’art. 590 cod.pen., ritenendo che nella specie si configuri anche il reato di cui all’art. 590 ter cod.pen., ha disposto la restituzione degli atti al Pubblic Ministero, affinché formuli, eventualmente, l’istanza di archiviazione per entrambe le fattispecie di reato al Gip presso il Tribunale di Firenze.
Avverso detta ordinanza il Pubblico Ministero presso il Tribunale di Firenze ha proposto ricorso per cassazione articolando un motivo di ricorso con cui deduce che il provvedimento impugnato é illegittimo in quanto impone al Pubblico Ministero atti non previsti dall’ordinamento processuale e contrastanti con l’art. 17, comma 4, d.lgs. 28 agosto 2000 n. 274 nonché con gli artt. 111 e 112 Cost. integrando un’ipotesi di atto abnorme.
In particolare assume che nella specie si tratta di abnormità di tipo funzionale che si concretizza allorchè l’atto, per non essendo avulso dal sistema normativo, determina la stasi del procedimento e l’impossibilità di proseguirlo.
Inoltre il Giudice di Pace ha fatto erroneamente riferimento alla sussistenza di due fattispecie diverse mentre l’art. 590 ter cod.pen. integra una mera aggravante dell’art. 590 bis cod.pen.
L’abnormità del provvedimento si apprezza anche allorché si consideri che in ordine all’art. 590 ter cod.pen. vi é già stata archiviazione senza un decreto di riapertura delle indagini.
Il Procuratore generale presso la Corte di Cassazione ha rassegnato conclusioni scritte con cui ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso. 4. La difesa del ricorrente ha depositato memoria di replica.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso é manifestamente infondato.
Va premesso che la categoria dell’abnormità è stata elaborata dalla dottrina e dalla giurisprudenza per fornire uno strumento di impugnazione eventualmente alternativo e residuale rispetto a tutti gli altri rimedi che assicuri il controllo s legalità del procedere della giurisdizione. L’abnormità, nella sostanza, integra
uno sviamento della funzione giurisdizionale, la quale non risponde più al modello previsto dalla legge, ma si colloca al di là del perimetro entro il quale è riconosciuta dall’ordinamento. Ciò può assumere le vestì di un atto strutturalmente “eccentrico” rispetto a quelli positivamente disciplinati, ovvero di un atto normativamente previsto e disciplinato, ma “utilizzato” al di fuori dell’area che ne individua la funzione e la stessa ragione di essere nell’iter procedimentale; in entrambi i casi, ciò che segnala la relativa abnormità è proprio l’esistenza o meno del “potere” di adottarlo. In questa prospettiva, dunque, abnormità strutturale e funzionale si saldano all’interno di un “fenomeno” unitario, consistente nel difetto di “attribuzione” circa l’adattabilità d un determinato provvedimento, tale da rendere illegittimo lo stesso esercizio della funzione giurisdizionale, con conseguente esigenza di rimozione dell’atto abnorme.
La categoria dell’abnormità, in altre parole, presenta carattere eccezionale e derogatorio al principio di tassatività dei mezzi d’impugnazione, sancito dall’art. 568 cod. proc. pen., mantenuto inalterato nel suo testo anche dopo la riforma introdotta con la legge 23 giugno 2017, n. 10:3, ed al numero chiuso delle nullità deducibili secondo la previsione dell’art. 177 cod. proc. pen.
3. Le Sezioni Unite, con la sentenza n. 25957 del 26/03/2009, Toni, Rv. 243590, hanno offerto una rigorosa e puntuale delimitazione dell’area dell’abnormità ricorribile per cassazione, riconducendola ad un fenomeno unitario, caratterizzato dallo sviamento della funzione giurisdizionale, inteso non tanto quale vizio dell’atto, che si aggiunge a quelli tassativamente stabiliti dall’art. 606, comma 1, cod. proc. pen., quanto come esercizio di un potere in difformità dal modello descritto dalla legge. Nell’esaminare in questa prospettiva lo specifico settore dei rapporti tra giudice e pubblico ministero, la sentenza in esame ha distinto l’abnormità strutturale dall’abnormità funzionale.
La prima è riconoscibile in «caso di esercizio da parte del giudice di un potere non attribuitogli dall’ordinamento processuale (carenza di potere in astratto), ovvero di deviazione del provvedimento giudiziale rispetto allo scopo di modello legale nel senso di esercizio di un potere previsto dall’ordinamento, ma in una situazione processuale radicalmente diversa da quella configurata dalla legge e cioè completamente al di fuori dei casi consentiti, perché al di là di ogni ragionevole limite (carenza di potere in concreto).
La seconda è riscontrabile nel caso di stasi del processo e di impossibilità di proseguirlo e va limitata, dunque, all’ipotesi in cui il provvedimento giudiziario
imponga al pubblico ministero un adempimento che concretizzi un atto nullo rilevabile nel corso futuro del procedimento o del processo.
La stessa nozione di abnormità è stata ripresa dalla sentenza Sez. U, n. 37502 del 28/04/2022, Scarlini, Rv. 283552 con cui si è affermato che è “abnorme, e quindi ricorribile per cassazione, l’ordinanza del giudice dell’udienza preliminare che, investito della richiesta di rinvio a giudizio, disponga, ai sensi dell’art. 3 sexies cod. proc. pen., la restituzione degli atti al pubblico ministero sull’erroneo presupposto che debba procedersi con citazione diretta a giudizio, trattandosi di un atto che impone al pubblico ministero di compiere una attività processuale “contra legem” e in violazione dei diritti difensivi, successivamente eccepibile, ed è idoneo, pertanto, a determinare una indebita regressione, nonché la stasi del procedimento”.
4. Ebbene, venendo al caso di specie; nel caso di richiesta di archiviazione del Pubblico ministero (non trattandosi nella specie di ordinanza di imputazione coatta, nonostante l’intestazione del provvedimento), l’art. 17, comma 4, d.lgs. n. 274 del 2000 dispone che “Il giudice, se accoglie la richiesta, dispone con decreto l’archiviazione, altrimenti restituisce, con ordinanza, gli atti al pubblic ministero indicando le ulteriori indagini necessarie e fissando il termine indispensabile per il loro compimento ovvero disponendo che entro dieci giorni il pubblico ministero formuli l’imputazione”.
Diversamente, nel caso che ci occupa, il Giudice di pace, optando per una possibilità non prevista dalla norma citata, ha restituito gli atti al Pubblic ministero affinché lo stesso valutasse l’opportunità di richiedere l’archiviazione per un reato diverso da quello contestato (dopo aver peraltro ritenuto sussistenti gli elementi costitutivi del reato stesso).
Il provvedimento, pur “eccentrico” sul versante dei poteri di controllo spettanti al giudice, non è tuttavia affetto da abnormità perché non crea una stasi processuale.
Inoltre con riguardo agli ulteriori profili dedotti dal pubblico ministero ricorrent giova ricordare che l’art. 6, comma 2, dlgs n. 274/2000, prevede che “Se alcuni dei procedimenti connessi appartengono alla competenza del giudice di pace e altri a quelli della corte di assise o del tribunale, è competente per tutti il giudi superiore”.
Pertanto, nel caso di specie non vi è dubbio che si sia trattato di un’unica condotta, tanto che lo stesso pubblico ministero ha affermato di avere già definito, con riferimento all’ipotizzata fuga del conducente ricondotta dal Giudice di pace all’art. 590 ter c.p. – che egli ricorda essere una mera aggravante dell’art. 590 bis cod. pen. – con richiesta di archiviazione indirizzata al Gip il proc
n. 2022/6921 mod. 21, avente ad oggetto i reati di cui all’art. 189, commi 6 e 7, Cd s.
Peraltro, va sottolineato che il pubblico ministero ha affermato nel solo ricorso di avere iscritto altro procedimento sottoposto al AVV_NOTAIO, mentre non ha affermato, né risulta dagli atti che egli abbia messo a conoscenza il Giudice di pace dell’esistenza dell’altro procedimento sottoposto al AVV_NOTAIO.
Pertanto, il Giudice di pace non poteva che sottoporre al Pm la necessità di iscrivere il reato di competenza del Gip, investendo il PM della scelta se procedere o meno con richiesta di archiviazione. Infine, nemmeno la circostanza che il “fatto” sia già “coperto” da archiviazione, comporta l’abnormità del provvedimento, potendo il pubblico ministero, quindi senza alcuna stasi del procedimento, scegliere, una volta intrapresa la via della richiesta di archiviazione, di sottoporre il nuovo procedimento al Gip rappresentando l’esistenza della precedente archiviazione che se riguardante l’intera vicenda, potrebbe essere prospettata come mera duplicazione del proc:edimento; ovvero avanzare una richiesta di archiviazione comprensiva di tutte le fattispecie, compresa quella di competenza del Giudice di pace.
In conclusione il ricorso manifestamente infondato va dichiarato inammissibile.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso. Così deciso in Roma il 13.2.2024