LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Atto abnorme: quando un ordine del giudice non lo è

La Corte di Cassazione ha stabilito che l’ordinanza di un Giudice di Pace che restituisce gli atti al Pubblico Ministero, invitandolo a valutare un reato di competenza superiore, non costituisce un atto abnorme. La Corte ha chiarito che, per essere qualificato come tale, il provvedimento deve causare una stasi insuperabile del procedimento. In questo caso, pur essendo l’ordine del giudice ‘eccentrico’, non impediva al PM di proseguire, lasciandogli la scelta su come procedere, e quindi non era configurabile come atto abnorme. Di conseguenza, il ricorso del PM è stato dichiarato inammissibile.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 6 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Atto abnorme: la Cassazione chiarisce i limiti del potere del Giudice

Nel complesso panorama della procedura penale, la nozione di atto abnorme rappresenta uno strumento cruciale per garantire la legalità e la progressione del processo. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 10673/2024) offre un importante chiarimento sui confini di questa categoria, stabilendo che non ogni provvedimento anomalo o ‘eccentrico’ del giudice può essere definito tale. Analizziamo la vicenda.

I Fatti del Caso

Il caso ha origine da una richiesta di archiviazione presentata dal Pubblico Ministero (PM) presso il Tribunale di Firenze per il reato di lesioni personali colpose (art. 590 c.p.) a carico di un imputato. Il Giudice di Pace, anziché accogliere o respingere la richiesta, ha ritenuto che i fatti potessero configurare anche un’ipotesi di reato più grave, di competenza del Tribunale. Di conseguenza, ha disposto la restituzione degli atti al PM, affinché valutasse l’opportunità di formulare una richiesta di archiviazione per entrambe le fattispecie davanti al giudice competente (il GIP presso il Tribunale).
Ritenendo tale ordine illegittimo e paralizzante, il PM ha proposto ricorso per cassazione, sostenendo che si trattasse di un atto abnorme in quanto imponeva un’attività non prevista dalla legge, creando una stasi del procedimento.

La Nozione di Atto Abnorme nella Procedura Penale

La Corte di Cassazione, prima di decidere sul caso specifico, ha richiamato i principi consolidati in materia di atto abnorme. La giurisprudenza distingue due tipi di abnormità:
1. Abnormità strutturale: Si verifica quando il giudice esercita un potere che non gli è conferito dall’ordinamento (carenza di potere in astratto) o lo esercita in una situazione processuale radicalmente diversa da quella prevista dalla legge (carenza di potere in concreto).
2. Abnormità funzionale: Si manifesta quando un provvedimento, pur essendo previsto dalla legge, determina una stasi del processo e l’impossibilità di proseguirlo.

L’elemento chiave che accomuna entrambe le forme è lo ‘sviamento della funzione giurisdizionale’, che rende l’atto illegittimo e necessita di rimozione.

La Decisione della Corte di Cassazione sull’Atto Abnorme

Applicando questi principi, la Suprema Corte ha dichiarato il ricorso del PM manifestamente infondato e quindi inammissibile. Secondo i giudici, il provvedimento del Giudice di Pace, sebbene ‘eccentrico’ rispetto ai poteri standard di controllo sulla richiesta di archiviazione, non era affetto da abnormità.
La ragione fondamentale risiede nell’assenza di una ‘stasi processuale’. L’ordine di restituzione degli atti, infatti, non creava un blocco insuperabile per il PM.

Le Motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione sottolineando che il Pubblico Ministero non era stato posto di fronte a un vicolo cieco. Al contrario, aveva diverse opzioni: poteva, ad esempio, formulare una nuova richiesta di archiviazione comprensiva di tutte le fattispecie davanti al giudice competente, specificando l’esistenza di un procedimento già archiviato per evitare duplicazioni. In sostanza, l’ordine del Giudice di Pace non ha imposto un adempimento nullo né ha causato una regressione indebita del procedimento. Piuttosto, ha sollecitato il PM a considerare un profilo di competenza rilevante, in linea con il principio secondo cui, in caso di procedimenti connessi, la competenza spetta al giudice superiore.

Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale: per poter parlare di atto abnorme, non è sufficiente che il provvedimento di un giudice sia insolito o discutibile. È necessario che esso provochi una paralisi effettiva e insormontabile del procedimento. L’abnormità non sanziona la mera ‘stranezza’ dell’atto, ma la sua concreta capacità di deviare il processo dai binari della legalità e di impedirne la naturale prosecuzione verso una decisione di merito. Questa pronuncia serve da monito, chiarendo che il ricorso per abnormità è un rimedio eccezionale, da utilizzare solo quando si verifica una reale e irrisolvibile stasi procedurale.

Quando un provvedimento del giudice può essere considerato un ‘atto abnorme’?
Un provvedimento è un ‘atto abnorme’ quando il giudice agisce al di fuori dei poteri che la legge gli conferisce (abnormità strutturale) oppure quando il suo atto, pur previsto dalla legge, provoca una paralisi insuperabile del procedimento, rendendo impossibile la sua prosecuzione (abnormità funzionale).

L’ordine di un Giudice di Pace che restituisce gli atti al PM per valutare un reato di competenza superiore è un atto abnorme?
No. Secondo questa sentenza della Cassazione, un tale ordine non è un atto abnorme perché non crea una ‘stasi processuale’. Il Pubblico Ministero non è messo in un vicolo cieco, ma ha la possibilità di scegliere come procedere, ad esempio presentando una nuova richiesta al giudice competente.

Cosa significa ‘stasi del procedimento’ nel contesto di un atto abnorme?
Significa una situazione di blocco totale e irreversibile del processo, causata dal provvedimento del giudice. Non si ha ‘stasi’ se il Pubblico Ministero ha ancora a disposizione strumenti processuali per far progredire il procedimento, anche se l’atto del giudice lo costringe a riconsiderare le sue scelte.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati