Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 12669 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 12669 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 29/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a AVEZZANO il DATA_NASCITA parte offesa nel procedimento c/
IGNOTI
avverso l’ordinanza del 14/11/2023 del TRIBUNALE di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG NOME COGNOME che ha chiesto che il ricorso venga dichiarato inammissibile;
lette le conclusioni del difensore del ricorrente, AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’accoglimento dei motivi di ricorso, con ogni conseguente statuizione; conclusioni ribadite ed argomentate con memoria di replica alla requisitoria del PG del 23/02/2024.
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Roma con provvedimento del 14/11/2023 ha dichiarato inammissibile il reclamo proposto da NOME COGNOME avverso il decreto di archiviazione emesso dal Gip del Tribunale di Roma in data 28/11/2022. In particolare, il Tribunale ha rilevato che ogni censura che riguarda il merito del provvedimento, anche sotto il profilo dell’esclusione della configurabilità di ulteriori reati che avevano formato oggetto di denuncia querela, esulava dall’ambito del giudizio sul reclamo e dai vizi denunciabili in quella sede. Le conclusioni del Gip del Tribunale di Roma – che aveva ritenuto inammissibile l’opposizione alla richiesta di archiviazione della persona offesa, atteso che in essa non erano indicate investigazioni suppletive e ritenuto che, sulla base della dettagliata ricostruzione dei fatti operata dal Pubblico Nlinistero, non vi fossero elementi per individuare gli autori del fatto – erano da ritenere del tutto condivisibili.
2. Avverso la predetta ordinanza, per mezzo del suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME che ha proposto un unico articolato motivo di ricorso, evidenziando come nel caso in esame ricorresse un evidente abnormità funzionale che aveva impedito la prosecuzione del procedimento, attesa la totale assenza di correlazione tra la denuncia querela sporta dal COGNOME e il contenuto della richie:sta di archiviazione del Pubblico ministero, che si era limitato a considerare elementi relativi all’antefatto della denunciata truffa processuale da riferire invece ai comportamenti tenuti dal COGNOME, che aveva avviato una azione civile nei confronti del RAGIONE_SOCIALE COGNOME nella piena consapevolezza dell’assenza dei presupposti legittimanti, inducendo in errore l’autorità giudiziaria. Precisava la parte ricorrente come il Gip non avesse in alcun modo risposto alle doglianze contenul:e nell’atto di opposizione, mentre era possibile accedere a tale mezzo non solo per sollecitare nuove investigazioni, ma anche per sostenere la non infondatezza della notizia di reato contenuta nell’originaria denuncia querela. La richiesta in sede di opposizione al G.i.p. non era stata in alcun modo presa in considerazione; la difesa aveva richiesto che venisse disposta ai sensi dell’art. 409, comma 5, cod. proc. pen. l’imputazione di truffa processuale ex art. 640 cod. pen. nei confronti del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, e, ciò nonostante, il G.i.p. non aveva affatto risposto alle doglianze della difesa, limitandosi ad’ una pronuncia di inammissibilità de plano.
Il Procuratore generale ha chiesto che il ricorso venga dichiarato inammissibile.
La difesa ha replicato alle conclusioni del Procuratore generale, richiamando giurisprudenza costituzionale e di legittimità quanto ad ambito e portata della opposizione al decreto di archiviazione, insistendo perché venga dichiarata l’abnormità del provvedimento impugnato.
CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso è inammissibile perché proposto con motivo manifestamente infondato. Il ricorrente lamenta l’abnormità dell’ordinanza che ha dichiarato l’inammissibilità del reclamo, rilevando come non sia stata presa in considerazione l’essenza della querela proposta e come sul punto la motivazione sia sostanzialmente assente. Nel proporre tali argomentazioni il ricorrente, tuttavia, omette di considerare che il procedimento era a carico di soggetti ignoti, sicché in relazione all’oggetto del procedimento, ed alla sua specifica connotazione, certamente non avrebbe potuto essere richiesto il provvedimento citato dalla difesa ai sensi dell’art. 409, comma 5, cod. proc. pen. Il decreto di archiviazione, in relazione all’oggetto del procedimento, non risulta affatto abnorme, ma bensì un esito possibile e tipico del potere esercitato, in assenza di alcuna stasi processuale o incompetenza a pronunciare l’atto in questione. In tal senso, occorre osservare che la difesa di fatto contesta la mancanza di motivazione sul tema relativo ai rapporti intercorsi tra il ricorrente e il COGNOME dopo la sottrazione dei preziosi durante la contrattazione per una compravendita immobiliare, ma non evidenzia alcuna effettiva abnormità in relazione al procedimento a carico di ignoti, allegando circostanze ulteriori rispetto al fatto denunciato, che tuttavia non hanno formato oggetto di richiesta di indagini ed approfondimento. Nel dichiarare inammissibile il reclamo avverso il decreto di archiviazione queste circostanze sono state puntualmente evidenziate dal Tribunale di Roma e il ricorrente omette di confrontarsi con la motivazione in tal senso resa. L’unica attività conseguente alla iscrizione del procedimento a carico di ignoti, che avrebbe potuto essere richiesta, doveva eventualmente essere identificata nella richiesta di iscrizione nel registro degli indagati, ma di tale richiesta non ricorre cenno nell’atto di opposizione, né a tal fine risultano sollecitate ulteriori Corte di Cassazione – copia non ufficiale
indagini, sicché il provvedimento adottato rientra nell’alveo dei poteri riferibili alla fase procedimentale in corso.
In tal senso si deve sottolineare come il legislatore del 1988 non ha inteso individuare una categoria degli atti abnormi, suscettibili di autonoma impugnazione, per la difficoltà della loro tipizzazione, demandando alla giurisprudenza di rilevarne l’esistenza e di fissarne le caratteristiche ai fini dell’impugnabilità. La giurisprudenza di legittimità ha reiteratamente definito la nozione di atto abnorme, connotandola in negativo, nel senso che non può definirsi tale l’atto che costituisce mera violazione di norme processuali, ed in positivo, affermando che è affetto da abnormità non solo il provvedimento che, per la singolarità e la stranezza del contenuto risulti avulso dall’intero ordinamento processuale (cosiddetta anomalia strutturale), ma anche quello che, pur essendo manifestazione di un legittimo potere, si esplichi al di fuori dei casi consentiti e delle ipotesi previste, al di la di ogni ragionevole limite, sì da determinare una stasi del processo e l’impossibilità di proseguirlo ovvero una inammissibile regressione dello stesso ad una fase ormai esaurita (Sez. U, n. 20569 del 18/01/2018, COGNOME, Rv. 272715-01, Sez. U, n. 25957 del 26/03/2009, COGNOME, Rv. 243590-01).
In conclusione, occorre osservare come, tenendo conto della ermeneusi appena richiamata, il G.i.p. abbia specificamente motivato in ordine sia alla infondatezza della notizia di reato, sia quanto all’inammissibilità dell’opposizione, che può essere dichiarata anche attesa l’omessa indicazione dell’oggetto delle investigazioni suppletive o dei relativi elementi di prova, oltre che per l’eventuale difetto di pertinenza o di rilevanza degli elementi indicati, in quanto inidonei ad incidere sulle risultanze delle indagini preliminari, allo stato a carico di ignoti, in assenza di qualsiasi stasi processuale o esorbitanza dai poteri allo stesso attribuiti. Il Tribunale ha, dunque, compiutamente richiamato i presupposti di legge in ordine al reclamo proposto con motivazione che non si presta a censure in questa sede.
Essendo il ricorso inammissibile, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13/06/2000), ne consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 29 febbraio 2024.