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Atto abnorme: quando l’ordine del giudice è illegittimo

Una società impugnava un’assoluzione penale ai soli fini civili. La Corte d’Appello, anziché trasferire automaticamente la causa al giudice civile, ordinava alla società di riassumere il giudizio. La Cassazione ha dichiarato tale ordine un atto abnorme, stabilendo che il passaggio dalla giurisdizione penale a quella civile deve avvenire d’ufficio, senza oneri per le parti, garantendo la continuità del processo.

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Pubblicato il 7 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Atto abnorme: la Cassazione chiarisce il passaggio automatico al giudice civile

Una recente sentenza della Corte di Cassazione Penale ha affrontato un tema cruciale della riforma processuale, definendo i contorni dell’atto abnorme in relazione al trasferimento delle cause civili innestate nel processo penale. La pronuncia stabilisce un principio fondamentale: quando un’impugnazione penale riguarda esclusivamente gli aspetti civili, il passaggio alla giurisdizione civile deve essere automatico e non può gravare sulle parti con ulteriori oneri, come la riassunzione del giudizio.

I fatti del caso: l’appello civile in sede penale

Il caso nasce dall’iniziativa di una società che, costituitasi parte civile in un processo penale per insolvenza fraudolenta, si era vista respingere le proprie richieste a seguito dell’assoluzione dell’imputato in primo grado. La società decideva quindi di impugnare la sentenza di assoluzione davanti alla Corte di Appello, ma limitatamente alle statuizioni civili, ovvero al solo fine di ottenere il risarcimento del danno.

La Corte di Appello, applicando la nuova disciplina introdotta dalla riforma (art. 573, comma 1-bis, c.p.p.), riconosceva correttamente che la competenza a decidere sulla domanda risarcitoria spettava alla propria sezione civile. Tuttavia, invece di disporre una semplice trasmissione degli atti, emetteva un’ordinanza con cui onerava le parti di provvedere alla “riassunzione” del giudizio dinanzi alla sezione civile competente. In pratica, imponeva alla parte civile di compiere un’ulteriore attività processuale per far proseguire la causa.

La decisione della Corte di Appello e l’atto abnorme contestato

Contro questa ordinanza, la società ha proposto ricorso per Cassazione, sostenendo che l’obbligo di riassunzione fosse un errore procedurale. Secondo la difesa, la nuova normativa prevede una “mera prosecuzione” del giudizio, una sorta di trasferimento automatico che non richiede alcun impulso di parte. L’imposizione di un onere non previsto dalla legge avrebbe creato una frattura ingiustificata nel processo, contraria alla volontà del legislatore di semplificare e velocizzare le procedure.

La questione centrale portata all’attenzione della Suprema Corte era, dunque, se l’ordine di riassunzione potesse essere qualificato come un atto abnorme. Un atto giudiziario è considerato abnorme quando, per la sua singolarità o per il suo contenuto, si pone completamente al di fuori del sistema processuale, determinando una stasi del procedimento o una deviazione dalle regole fondamentali del giusto processo.

Le motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto pienamente le argomentazioni della società ricorrente. Richiamando una precedente e fondamentale sentenza delle Sezioni Unite (n. 38481/2023), i giudici hanno ribadito che la riforma del processo penale ha voluto creare un meccanismo di “traslazione” automatico e senza soluzione di continuità. L’obiettivo è quello di riportare le domande risarcitorie nella loro sede naturale, quella civile, ma senza creare nuove barriere procedurali.

Secondo la Corte, il termine “rinvio” utilizzato dal legislatore deve essere inteso in senso funzionale: non si apre un nuovo processo, ma si prosegue il medesimo già iniziato in sede penale. Di conseguenza, il giudice penale che rileva la natura puramente civile dell’appello deve semplicemente disporre la trasmissione degli atti alla sezione civile competente. L’ordinanza che, invece, impone alla parte di riassumere la causa si configura come un atto abnorme per due ragioni principali:

1. Carenza di potere in concreto: Il giudice esercita un potere (quello di ordinare la riassunzione) in una situazione processuale radicalmente diversa da quella per cui tale potere è previsto, alterando la sequenza logica e normativa del procedimento.
2. Contrasto con la finalità della norma: L’ordine si pone in radicale distonia con l’obiettivo della riforma, che è quello di garantire speditezza, economia processuale e continuità, introducendo un ostacolo non previsto e una cesura ingiustificata.

Le conclusioni

La sentenza rappresenta un importante chiarimento per gli operatori del diritto. Imporre alla parte civile un onere di riassunzione non previsto dalla legge costituisce un atto abnorme che può essere impugnato direttamente in Cassazione. La decisione rafforza il principio secondo cui il trasferimento del giudizio dalla sede penale a quella civile, per le impugnazioni a soli fini civili, è un automatismo che avviene d’ufficio, a cura del giudice penale. Ciò garantisce una maggiore tutela per la parte danneggiata e una più efficiente amministrazione della giustizia, in linea con i principi di ragionevole durata del processo.

Quando un ordine del giudice può essere considerato un ‘atto abnorme’?
Un provvedimento del giudice è considerato ‘abnorme’ quando si pone al di fuori del sistema processuale, perché emesso in carenza di potere o perché provoca una stasi del procedimento, alterando la sequenza prevista dalla legge in contrasto con le finalità normative.

Cosa prevede la legge per un’impugnazione ai soli effetti civili in un processo penale?
L’articolo 573, comma 1-bis, del codice di procedura penale stabilisce che, quando l’impugnazione riguarda esclusivamente gli interessi civili, il giudice penale, verificata l’ammissibilità, dispone il rinvio al giudice civile competente, il quale prosegue il giudizio senza che si apra un nuovo processo.

La parte civile deve ‘riassumere’ la causa in sede civile dopo il rinvio dal giudice penale?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che il passaggio alla sede civile è una ‘mera prosecuzione’ che avviene d’ufficio e in modo automatico. Non è necessaria alcuna iniziativa o attività di riassunzione da parte delle parti, poiché ciò contrasterebbe con la finalità di semplificazione e speditezza della riforma.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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