LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Atto abnorme: quando l’ordinanza del GIP non lo è

Una persona offesa ha impugnato dinanzi alla Corte di Cassazione l’ordinanza di un Giudice per le indagini preliminari (GIP) che negava l’accesso completo al fascicolo di un procedimento, sostenendo che tale diniego costituisse un atto abnorme. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, chiarendo che il provvedimento del GIP, pur potendo essere errato, rientra nell’esercizio dei suoi poteri e non costituisce un atto abnorme. Inoltre, non determina una stasi procedimentale irrimediabile, poiché la parte offesa ha a disposizione altri rimedi legali per tutelare le proprie ragioni.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 14 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Atto abnorme: quando l’ordinanza del GIP che nega l’accesso agli atti non lo è

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 7744 del 2025, è intervenuta per chiarire i confini di una figura di creazione giurisprudenziale tanto affascinante quanto complessa: l’atto abnorme. Questo concetto si riferisce a un provvedimento del giudice talmente anomalo da poter essere impugnato anche in assenza di uno specifico mezzo di ricorso previsto dalla legge. Il caso in esame riguardava il diniego, da parte di un Giudice per le indagini preliminari (GIP), della richiesta di una persona offesa di accedere a tutti gli atti di un’indagine.

I fatti del caso: la richiesta di accesso agli atti e il diniego del GIP

Una cittadina, in qualità di persona offesa in un procedimento penale, aveva presentato un’istanza al GIP per ottenere la cosiddetta discovery, ovvero la visione completa del fascicolo contenente gli atti di indagine. Il Giudice rigettava la richiesta.

Ritenendo tale decisione lesiva dei propri diritti e causa di una paralisi del procedimento, la persona offesa proponeva ricorso per cassazione, sostenendo che l’ordinanza del GIP costituisse un atto abnorme. Secondo la tesi difensiva, il diniego arbitrario impediva di fatto ogni ulteriore sviluppo processuale, creando una stasi irrimediabile.

L’analisi della Corte sul concetto di atto abnorme

La Suprema Corte ha colto l’occasione per ribadire i principi che definiscono l’atto abnorme. La giurisprudenza lo identifica in due distinte ipotesi:
1. Abnormità strutturale: si verifica quando l’atto, per la sua singolarità, si pone completamente al di fuori del sistema normativo processuale.
2. Abnormità funzionale: si ha quando l’atto, pur essendo previsto dalla legge, determina una stasi insuperabile del procedimento, impedendone la progressione.

La Corte ha sottolineato che un provvedimento, anche se viziato o errato, non può essere qualificato come abnorme se costituisce l’espressione di un potere legittimamente riconosciuto al giudice dall’ordinamento. L’abnormità non è un semplice errore, ma uno sviamento della funzione giurisdizionale che colloca l’atto al di là del perimetro legale.

La distinzione tra procedimenti e i rimedi per la persona offesa

Il punto cruciale della decisione risiede nella distinzione tra i procedimenti iscritti a modello 21 (per notizie di reato) e quelli iscritti a modello 45 (per fatti non costituenti reato). La Corte ha ricordato che per questi ultimi, il Pubblico Ministero può disporre una trasmissione diretta all’archivio.

Tuttavia, la persona offesa non è priva di tutele. Essa ha la facoltà di sollecitare il PM a inviare il fascicolo al GIP per un controllo sulla fondatezza della notizia di reato. È solo l’eventuale, ingiustificato rifiuto del PM a questa specifica richiesta che potrebbe, in astratto, configurare un atto abnorme perché creerebbe una vera stasi.

Le motivazioni della decisione

Sulla base di queste premesse, la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. L’ordinanza del GIP, che ha negato la discovery, non è un atto abnorme né sotto il profilo strutturale né sotto quello funzionale.

Non è strutturalmente abnorme perché decidere su un’istanza rientra pienamente nei poteri del giudice. Non è funzionalmente abnorme perché non determina alcuna stasi irrimediabile del procedimento. La ricorrente, infatti, aveva un altro strumento a sua disposizione: avrebbe potuto sollecitare il Pubblico Ministero a sottoporre il fascicolo al controllo del GIP e, solo in caso di ingiustificato rifiuto, impugnare tale diniego.

Di conseguenza, la via del ricorso per abnormità è stata ritenuta impropria, poiché esistevano altri rimedi processuali per superare l’ostacolo.

Conclusioni

La sentenza ribadisce il carattere eccezionale del rimedio contro l’atto abnorme. Non può essere utilizzato come una scorciatoia per contestare decisioni del giudice ritenute semplicemente errate, soprattutto quando l’ordinamento prevede altri percorsi per la tutela dei propri diritti. La decisione del GIP, pur essendo stata contestata nel merito, è rimasta nell’alveo dei poteri giurisdizionali e non ha creato quel vicolo cieco processuale che è il presupposto indispensabile per poter parlare di abnormità. La ricorrente è stata quindi condannata al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Un’ordinanza del Giudice che nega l’accesso agli atti è sempre un atto abnorme?
No. Secondo la Corte di Cassazione, non è un atto abnorme se rientra nei poteri del giudice e non determina una stasi insuperabile del procedimento. La persona offesa può avere altri rimedi, come sollecitare il Pubblico Ministero a chiedere il controllo del giudice sulla richiesta di archiviazione.

Cosa si intende per ‘atto abnorme’ nel processo penale?
Un atto abnorme è un provvedimento del giudice che, per la sua stranezza, si pone al di fuori del sistema normativo (abnormità strutturale) o che, pur essendo previsto dalla legge, provoca una paralisi irrimediabile del processo (abnormità funzionale). È un vizio che consente un ricorso eccezionale.

Quali tutele ha la persona offesa se il Pubblico Ministero archivia un fascicolo come ‘fatto non costituente reato’ (mod. 45)?
La persona offesa può sollecitare il Pubblico Ministero a sottoporre la decisione di archiviazione al controllo del Giudice per le indagini preliminari. Se il PM rifiuta ingiustificatamente di trasmettere gli atti al giudice, questo rifiuto potrebbe essere considerato un atto abnorme.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati