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Atto abnorme: quando la restituzione degli atti è illegittima

La Corte di Cassazione ha annullato un provvedimento con cui il Presidente di un Tribunale restituiva gli atti al Pubblico Ministero senza decidere sulla richiesta di convalida dell’arresto e di giudizio direttissimo. La Corte ha qualificato tale provvedimento come “atto abnorme”, in quanto emesso al di fuori dei poteri del giudice e causa di un’indebita regressione e stasi del procedimento penale.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Atto Abnorme: la Cassazione Annulla la Restituzione degli Atti al PM

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8012 del 2024, è intervenuta su un caso emblematico di atto abnorme, fornendo chiarimenti cruciali sui limiti del potere del giudice e sulle conseguenze di decisioni che paralizzano l’iter processuale. La pronuncia sottolinea come l’efficienza del sistema giudiziario non possa essere compromessa da provvedimenti che, pur apparendo come esercizio di un potere, si collocano al di fuori delle norme procedurali, causando una grave battuta d’arresto del procedimento.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine dalla richiesta del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Genova di convalidare l’arresto in flagranza di un individuo per rapina aggravata e di procedere con il rito direttissimo. Sorprendentemente, il Presidente della seconda sezione penale del Tribunale, con un provvedimento monocratico emesso fuori udienza, non si pronunciava sulla richiesta. Invece, disponeva la restituzione di tutti gli atti al Pubblico Ministero.

La motivazione addotta era di natura puramente organizzativa: l’assenza, in quel Tribunale, di un turno specificamente dedicato ai giudizi direttissimi che prevedesse la presenza di un collegio giudicante.

Il Ricorso del Pubblico Ministero e la Nozione di Atto Abnorme

Il Procuratore della Repubblica ha immediatamente impugnato tale provvedimento dinanzi alla Corte di Cassazione, qualificandolo come un atto abnorme. Secondo l’accusa, la decisione del Presidente del Tribunale non solo era stata presa al di fuori delle ipotesi consentite dalla legge (in particolare dall’art. 449 del codice di procedura penale), ma aveva anche provocato un’ingiustificata regressione del procedimento. Il Pubblico Ministero, infatti, era stato costretto a rinnovare la richiesta di convalida dell’arresto davanti al Giudice per le Indagini Preliminari, con un conseguente allungamento dei tempi di detenzione dell’arrestato e una paralisi dell’azione penale.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, ritenendo il provvedimento impugnato palesemente abnorme sotto un duplice profilo: strutturale e funzionale.

Un atto è considerato strutturalmente abnorme quando il giudice esercita un potere che l’ordinamento non gli conferisce (carenza di potere in astratto) o quando devia completamente dallo scopo previsto dalla legge per quel potere (carenza di potere in concreto).

È invece funzionalmente abnorme quando, pur essendo formalmente previsto dalla legge, provoca una stasi insuperabile del processo o una sua regressione a una fase precedente in modo del tutto anomalo e non previsto.

Nel caso di specie, la Cassazione ha ravvisato entrambe le forme di abnormità. Il Presidente del Tribunale non aveva il potere di restituire gli atti con un decreto monocratico senza celebrare l’udienza di convalida. Tale atto, inoltre, ha causato un’indebita regressione del procedimento, costringendo il PM a ripresentare un’istanza già formulata, bloccando di fatto il corso della giustizia. La Corte ha inoltre evidenziato come la giustificazione organizzativa fosse pretestuosa, dato che un collegio giudicante era comunque costituito per un’altra udienza calendarizzata in quella data.

Le Conclusioni

In conclusione, la Suprema Corte ha stabilito un principio fondamentale: le difficoltà organizzative interne di un ufficio giudiziario non possono mai giustificare l’emissione di un atto abnorme che violi le norme procedurali e leda i principi di celerità ed efficienza del processo. Il provvedimento è stato quindi annullato senza rinvio, poiché il danno procedurale (la regressione) si era già verificato e il PM era stato costretto ad agire di conseguenza. Questa sentenza ribadisce la necessità di un rigoroso rispetto delle regole processuali come garanzia del corretto funzionamento della giustizia.

Quando un provvedimento del giudice è considerato un “atto abnorme”?
Un provvedimento è un “atto abnorme” quando, per la sua singolarità e stranezza, si colloca al di fuori del sistema organico della legge processuale. Ciò può avvenire sia per un vizio strutturale (il giudice esercita un potere che non ha) sia per un vizio funzionale (l’atto, pur legittimo in astratto, provoca una stasi del processo o una sua indebita regressione).

Può un giudice rifiutarsi di celebrare l’udienza di convalida dell’arresto per motivi organizzativi?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che la restituzione degli atti al Pubblico Ministero senza decidere sulla convalida, motivata da ragioni organizzative interne all’ufficio, costituisce un atto abnorme, in quanto emesso al di fuori dei casi previsti dalla legge e causa di una paralisi procedurale.

Quali sono le conseguenze di un atto abnorme?
Un atto abnorme viene annullato dalla Corte di Cassazione. Nel caso specifico, la Corte ha disposto l’annullamento senza rinvio, poiché il provvedimento aveva già causato un’illegittima regressione del procedimento, costringendo il Pubblico Ministero a presentare una nuova richiesta di convalida a un altro giudice (il GIP).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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