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Atto abnorme: quando la restituzione atti è illegittima

La Corte di Cassazione ha definito come ‘atto abnorme’ l’ordinanza di un Tribunale che, in un procedimento sorto da opposizione a decreto penale, aveva restituito gli atti al Pubblico Ministero per un presunto difetto di competenza. Secondo la Suprema Corte, questa decisione ha causato un’illegittima regressione del processo, creando una stasi non prevista dalla legge. La Corte ha chiarito che il giudice, rilevata l’errata attribuzione, avrebbe dovuto trasmettere direttamente gli atti al collegio competente per il giudizio, senza costringere le parti a una fase preliminare non dovuta.

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Pubblicato il 28 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Atto abnorme: la Cassazione annulla la restituzione degli atti al PM

Nel complesso mondo della procedura penale, l’equilibrio tra i poteri del giudice e del pubblico ministero è fondamentale per garantire un processo equo e celere. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato un caso emblematico di atto abnorme, ovvero un provvedimento giudiziario talmente anomalo da bloccare il corso della giustizia. La Corte ha stabilito che un giudice non può restituire gli atti al PM per un errore di competenza se ciò comporta un’ingiustificata regressione del procedimento, specialmente quando l’imputato ha scelto un rito che esclude l’udienza preliminare.

I Fatti di Causa

Il caso nasce da un procedimento per il reato di indebita percezione di erogazioni pubbliche (art. 316-ter c.p.). Inizialmente, il Pubblico Ministero aveva ottenuto un decreto penale di condanna. L’imputata, tuttavia, ha presentato opposizione, innescando così la procedura del giudizio immediato. Il caso è stato quindi trasmesso a un giudice monocratico.

Successivamente, il procedimento è stato trasferito al Tribunale in composizione collegiale, organo competente per quel tipo di reato. Il collegio, però, ha rilevato che non si era tenuta l’udienza preliminare e, applicando erroneamente una norma specifica (l’art. 33-septies c.p.p.), ha disposto la restituzione di tutti gli atti al Pubblico Ministero. Questa decisione ha di fatto azzerato il processo, facendolo regredire alla fase delle indagini preliminari e creando una situazione di stallo (stasi processuale). Contro questa ordinanza, il PM ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendone l’abnormità.

La decisione della Cassazione sull’atto abnorme strutturale

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, qualificando il provvedimento del Tribunale come un atto abnorme di tipo ‘strutturale’. Gli Ermellini hanno richiamato la consolidata giurisprudenza delle Sezioni Unite, che definisce abnorme non solo l’atto strano o bizzarro, ma anche quello che, pur apparendo legittimo, viene esercitato al di fuori dei casi consentiti e delle ipotesi previste, deviando dallo scopo per cui è stato concepito.

L’abnormità strutturale si verifica quando il giudice esercita un potere non previsto dall’ordinamento o lo utilizza in una situazione processuale radicalmente diversa da quella per cui è stato pensato. L’abnormità funzionale, invece, si ha quando il provvedimento, pur legittimo, causa una stasi insuperabile del processo.

Le motivazioni della Decisione

La Corte ha spiegato che la restituzione degli atti al PM ai sensi dell’art. 33-septies c.p.p. è prevista solo per tutelare l’imputato a cui sia stata erroneamente negata l’udienza preliminare a causa di un errore del PM. Nel caso di specie, non vi era stato alcun errore: la celebrazione del giudizio immediato, conseguente all’opposizione a decreto penale, comporta per legge il ‘salto’ dell’udienza preliminare. L’imputata stessa, opponendosi, ha consapevolmente scelto questo percorso processuale.

Restituire gli atti al PM, in questo contesto, avrebbe significato imporre d’ufficio una fase (l’udienza preliminare) che né la legge prevedeva, né le parti volevano. Ciò avrebbe violato:
1. Il principio di speditezza processuale: la restituzione avrebbe allungato inutilmente i tempi del processo.
2. La volontà delle parti: si sarebbe andati contro la scelta dell’imputata di accedere al giudizio immediato.

La procedura corretta, secondo la Cassazione, era semplice: il Tribunale, una volta rilevata la propria competenza collegiale, avrebbe dovuto semplicemente fissare l’udienza per il dibattimento, senza alcuna regressione. La restituzione degli atti si è quindi tradotta in un esercizio di potere anomalo e al di fuori del modello legale, configurando un perfetto esempio di atto abnorme.

Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio cruciale per il corretto funzionamento del processo penale: i poteri del giudice devono essere esercitati sempre nel rispetto dei modelli procedurali e delle finalità per cui sono stati previsti. Un provvedimento che crea una stasi processuale e fa regredire il giudizio a una fase precedente senza una valida giustificazione normativa è illegittimo e deve essere annullato. Questa decisione rafforza le garanzie di celerità ed efficienza del processo, impedendo che errori procedurali si traducano in un ingiustificato allungamento dei tempi della giustizia, a danno sia dell’accusa che della difesa.

Quando un provvedimento del giudice può essere definito ‘atto abnorme’?
Un provvedimento è definito ‘atto abnorme’ quando, per la sua singolarità e stranezza, risulta completamente estraneo al sistema processuale, oppure quando, pur essendo un potere previsto dalla legge, viene esercitato al di fuori dei casi consentiti, causando una stasi del processo o un’illegittima regressione a una fase precedente.

Perché la restituzione degli atti al Pubblico Ministero è stata considerata un atto abnorme in questo caso?
Perché la legge non prevedeva tale restituzione. Il processo si trovava nella fase del giudizio immediato a seguito di opposizione a decreto penale, un rito che per sua natura esclude l’udienza preliminare. La restituzione degli atti per consentire tale udienza è stata un’applicazione errata della legge che ha deviato dal modello procedurale e causato un blocco ingiustificato.

Qual era la procedura corretta che il Tribunale avrebbe dovuto seguire?
Il Tribunale, una volta accertato che il reato era di sua competenza in composizione collegiale, avrebbe dovuto semplicemente trasmettere gli atti al giudice competente (cioè a se stesso nella corretta composizione) e fissare direttamente l’udienza per la celebrazione del giudizio, senza restituire gli atti al Pubblico Ministero e senza regredire a fasi precedenti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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