LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Atto abnorme: quando la regressione non è impugnabile

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un Pubblico Ministero contro un’ordinanza che aveva fatto regredire il processo alla fase delle indagini. L’ordinanza, basata su una presunta nullità per mancata traduzione di un atto, non costituisce un atto abnorme, in quanto espressione di un potere previsto dalla legge e non causa di una stasi processuale irrimediabile, anche se potenzialmente errata.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 14 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Atto abnorme e regressione del processo: la Cassazione traccia i confini

Un provvedimento del giudice che fa tornare indietro il processo è sempre un atto abnorme? A questa domanda cruciale risponde la Corte di Cassazione con la sentenza n. 45225/2024, delineando con precisione i confini tra un atto semplicemente illegittimo e un atto abnorme, l’unico che può essere immediatamente impugnato. La decisione offre spunti fondamentali per comprendere quando un errore del giudice giustifica un ricorso per cassazione e quando, invece, deve essere accettato come parte della dinamica processuale, seppur non condiviso.

Il caso: la mancata traduzione e la restituzione degli atti al PM

Il caso trae origine da un procedimento penale davanti al Tribunale di Agrigento. La difesa di un imputato straniero, che non parlava italiano, sollevava un’eccezione durante il dibattimento: la mancata traduzione dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari (atto previsto dall’art. 415-bis c.p.p.). L’eccezione, seppur presentata dopo diverse udienze, veniva accolta dal Tribunale. Il giudice dichiarava la nullità dell’atto e, di conseguenza, disponeva la regressione del procedimento, restituendo gli atti al Pubblico Ministero per sanare il vizio.

Il ricorso del PM: la tesi dell’atto abnorme

Ritenendo tale decisione ingiusta e anomala, il Pubblico Ministero proponeva ricorso per cassazione. La tesi dell’accusa era che il provvedimento del Tribunale costituisse un atto abnorme. Secondo il PM, la decisione era fondata su un presupposto errato e aveva causato un’indebita regressione del processo a una fase già conclusa, specialmente considerando che l’eccezione era stata sollevata in una fase molto avanzata del dibattimento. L’abnormità, secondo il ricorrente, risiedeva nell’aver bloccato un processo quasi giunto a conclusione per un vizio che poteva essere gestito diversamente.

La decisione della Cassazione sulla nozione di atto abnorme

La Corte di Cassazione, tuttavia, ha dichiarato inammissibile il ricorso del PM, fornendo una lezione chiara sulla nozione di atto abnorme. Gli Ermellini hanno ribadito l’orientamento consolidato delle Sezioni Unite, secondo cui un atto può essere definito abnorme solo in due casi:

1. Abnormità strutturale: quando l’atto si pone completamente al di fuori del sistema processuale, essendo espressione di un potere non riconosciuto dalla legge.
2. Abnormità funzionale: quando l’atto, pur previsto dalla legge, provoca una stasi irrimediabile e insuperabile del procedimento, impedendone la prosecuzione.

Motivazioni della Corte

Nel caso specifico, la Corte ha stabilito che la decisione del Tribunale non rientrava in nessuna delle due categorie. Pur ammettendo che il giudice di merito potesse aver commesso un errore nel valutare la tempestività o la fondatezza dell’eccezione di nullità, la sua decisione di restituire gli atti al PM è l’esercizio di un potere espressamente previsto dal codice di procedura penale (in particolare, l’art. 552, comma 2, c.p.p.).

Il provvedimento, quindi, non era ‘strutturalmente’ abnorme perché non era ‘inventato’ dal giudice, ma trovava fondamento in una norma. Né poteva considerarsi ‘funzionalmente’ abnorme, perché la regressione del procedimento non creava una stasi insuperabile. Al contrario, il Pubblico Ministero poteva semplicemente sanare il vizio (procedendo alla traduzione dell’atto) e riattivare la sequenza procedimentale. L’atto del Tribunale, per quanto criticabile, non ha paralizzato la giustizia, ma ha semplicemente imposto un ritorno a una fase precedente.

Conclusioni: i limiti all’impugnazione per abnormità

La sentenza ribadisce un principio fondamentale: il ricorso per cassazione basato sull’abnormità non è uno strumento per contestare qualsiasi decisione sgradita o ritenuta illegittima. È un rimedio eccezionale, riservato a casi patologici in cui il provvedimento del giudice mina le fondamenta stesse del sistema processuale o ne blocca irrimediabilmente il corso. Un errore di giudizio, che porta a una regressione sanabile del procedimento, non è sufficiente per qualificare un atto come abnorme. Questa decisione, pertanto, serve a preservare la tassatività dei mezzi di impugnazione, impedendo che il ricorso per abnormità diventi una via per eludere le normali regole processuali.

Quando un provvedimento del giudice può essere considerato un atto abnorme?
Secondo la sentenza, un atto è abnorme solo se si colloca completamente al di fuori del sistema processuale (abnormità strutturale) o se, pur essendo previsto dalla legge, determina una stasi irrimediabile del procedimento (abnormità funzionale).

La decisione di un giudice di far regredire un processo alla fase delle indagini è sempre un atto abnorme?
No. Se la decisione, anche se basata su un giudizio errato, è espressione di un potere riconosciuto dalla legge (come dichiarare una nullità e restituire gli atti al PM) e non provoca una paralisi insanabile del processo, non può essere considerata un atto abnorme.

Qual è stato l’esito del ricorso del Pubblico Ministero e perché?
Il ricorso del Pubblico Ministero è stato dichiarato inammissibile. La Corte di Cassazione ha ritenuto che l’ordinanza del Tribunale, che disponeva la regressione del procedimento, non fosse un atto abnorme, ma l’esercizio di un potere previsto dal codice, che non causava una stasi processuale irrimediabile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati