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Atto abnorme: quando la regressione non è impugnabile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un Pubblico Ministero contro l’ordinanza di un Tribunale che aveva restituito gli atti per una presunta nullità nella notifica di conclusione delle indagini. La Suprema Corte ha chiarito che tale provvedimento non costituisce un atto abnorme, ma rientra nel cosiddetto “regresso consentito”, poiché il giudice esercita un potere previsto dalla legge, ovvero verificare la ritualità degli atti e disporre la regressione affinché l’organo competente (in questo caso il PM) possa sanare il vizio.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Atto abnorme nel processo penale: la Cassazione traccia i confini del “regresso consentito”

Nel complesso panorama della procedura penale, il concetto di atto abnorme rappresenta una categoria eccezionale, che consente di impugnare provvedimenti altrimenti non contestabili. Tuttavia, non ogni decisione del giudice che causa un arretramento del processo può essere definita tale. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 47310/2024) offre un chiarimento fondamentale, distinguendo nettamente tra una regressione anomala e un “regresso consentito”, in particolare quando è in gioco la nullità di una notifica.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da una decisione del Tribunale di Asti. Durante l’udienza predibattimentale, il giudice ha rilevato una nullità nella notifica dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari (ex art. 415 bis c.p.p.). L’avviso era stato consegnato alla madre dell’imputato presso il domicilio dichiarato. Ritenendo che mancasse la prova della conoscenza effettiva dell’atto da parte del destinatario, il Tribunale ha disposto la restituzione degli atti al Pubblico Ministero.

Il PM ha impugnato questa ordinanza dinanzi alla Corte di Cassazione, sostenendone l’abnormità. Secondo l’accusa, la notifica era rituale e la restituzione degli atti avrebbe generato una stasi processuale ingiustificata, costringendo l’ufficio a ripetere un atto già validamente compiuto. Si configurava, a suo avviso, un atto abnorme funzionale.

La Decisione della Cassazione e i Limiti dell’Atto Abnorme

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, stabilendo che il provvedimento del Tribunale non rientra nella categoria dell’atto abnorme. Gli Ermellini hanno seguito un orientamento consolidato, rafforzato dalle Sezioni Unite nella nota sentenza “El Karti”, tracciando una distinzione cruciale basata sulle competenze specifiche di giudice e PM.

Distinzione tra “Regresso Consentito” e Anomalia Funzionale

Il cuore della decisione risiede nella differenza tra due tipi di atti e le conseguenti responsabilità sulla notificazione:

1. Avviso di Conclusione delle Indagini (art. 415 bis c.p.p.): Questo è un atto di competenza del Pubblico Ministero. Se il giudice, nell’esercizio del suo potere di controllo sulla regolarità del procedimento, rileva un vizio nella notifica di tale avviso, ha il potere-dovere di disporre la restituzione degli atti al PM. Questa azione non è abnorme, ma costituisce un “regresso consentito”. Il processo torna indietro affinché l’organo titolare di quell’adempimento (il PM) possa sanare il vizio.

2. Decreto di Citazione a Giudizio: Diversamente, la notifica di questo atto, che introduce la fase dibattimentale, è di competenza del giudice. Se il giudice rileva un vizio in questa notifica, deve provvedere egli stesso a rinnovarla. Se, invece, restituisse gli atti al PM, compirebbe un atto abnorme, poiché abdicherebbe a una propria funzione, creando una stasi ingiustificata.

Le Motivazioni della Corte

La Corte ha specificato che il potere di rilevare le nullità è riservato dall’ordinamento all’organo giudicante. La conseguente decisione di restituire gli atti al PM per sanare un vizio relativo a un adempimento di sua competenza non è un’azione al di fuori del sistema, ma un’espressione di un potere conferito dalla legge.

È irrilevante, ai fini della valutazione di abnormità, stabilire se il giudice abbia correttamente o meno ravvisato la nullità. L’analisi si ferma alla natura del potere esercitato: finché il giudice agisce nell’ambito delle sue competenze, disponendo una regressione affinché un’altra parte processuale adempia ai propri obblighi, il suo provvedimento non può essere considerato abnorme. L’abnormità si configura solo quando il giudice impone al PM un’attività che si risolverebbe in un atto nullo o quando si verifica una stasi procedimentale insuperabile a causa di un’indebita abdicazione di funzioni.

Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale: non ogni arretramento del procedimento è sintomo di un’anomalia patologica. La Cassazione traccia una linea chiara, ancorando la nozione di atto abnorme a situazioni di reale stallo o di esercizio di poteri inesistenti. La restituzione degli atti al PM per vizi nella notifica dell’avviso di conclusione indagini è un meccanismo fisiologico del sistema, un “regresso consentito” che assicura il rispetto delle garanzie procedurali senza paralizzare la giustizia. Si tratta di una decisione che rafforza la tassatività dei mezzi di impugnazione e limita il ricorso per cassazione avverso provvedimenti abnormi a casi realmente eccezionali.

La restituzione degli atti al Pubblico Ministero per una nullità nella notifica dell’avviso di conclusione indagini è un atto abnorme?
No, secondo la sentenza non è un atto abnorme. Si tratta di un “regresso consentito” in quanto il giudice esercita il proprio potere di controllo e restituisce gli atti all’organo (il PM) competente a sanare il vizio di un proprio adempimento.

Qual è la differenza tra “regresso consentito” e regressione abnorme del procedimento?
Il “regresso consentito” si verifica quando un giudice, nell’ambito delle sue competenze, fa arretrare il procedimento per permettere al PM di correggere un vizio su un atto di sua pertinenza (es. notifica ex art. 415 bis c.p.p.). La regressione è abnorme quando il giudice esercita un potere che non ha o abdica a un proprio dovere (es. restituire gli atti al PM per un vizio nella notifica della citazione a giudizio, che invece dovrebbe rinnovare lui stesso), causando una stasi insuperabile del processo.

Il giudice può sindacare la ritualità della notifica di un atto del PM e disporre la restituzione degli atti?
Sì, il giudice ha il potere di verificare la ritualità degli atti processuali, inclusi quelli compiuti dal Pubblico Ministero. Se rileva una nullità, come nel caso della notifica dell’avviso di conclusione delle indagini, può legittimamente disporre la trasmissione degli atti al PM affinché provveda a sanare il vizio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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