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Atto abnorme: quando la regressione non blocca il processo

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un Pubblico Ministero contro un’ordinanza che aveva annullato un decreto di citazione a giudizio per mancato interrogatorio dell’imputato. La Suprema Corte ha stabilito che non si configura un atto abnorme quando il provvedimento, pur causando una regressione alla fase delle indagini, non determina una stasi processuale insuperabile, poiché l’adempimento richiesto (l’interrogatorio) è un atto valido che consente la prosecuzione del giudizio.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Atto abnorme: la Cassazione delinea i confini della regressione processuale

La nozione di atto abnorme nel processo penale rappresenta una categoria eccezionale, invocata quando un provvedimento del giudice esce completamente dagli schemi procedurali, causando una paralisi insanabile. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sent. N. 6091/2025) offre un’importante lezione su questo istituto, chiarendo che non ogni regressione del procedimento costituisce un’anomalia tale da giustificare un ricorso.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da una decisione del Tribunale di Genova, che restituiva gli atti al Pubblico Ministero, dichiarando nullo il decreto di citazione a giudizio nei confronti di un imputato. La ragione della nullità risiedeva nel mancato espletamento dell’interrogatorio, che l’indagato aveva richiesto dopo aver ricevuto l’avviso di conclusione delle indagini preliminari (ex art. 415-bis c.p.p.).

Il Pubblico Ministero, ritenendo errata la decisione del Tribunale, ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che il provvedimento fosse un atto abnorme. Secondo l’accusa, la nota presentata dall’indagato non era una vera e propria richiesta di interrogatorio, ma piuttosto un “esposto” contenente doglianze sull’operato degli inquirenti. Pertanto, l’annullamento della citazione e il conseguente ritorno alla fase delle indagini rappresentavano, a suo avviso, un’anomalia procedurale.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso del Pubblico Ministero inammissibile. I giudici di legittimità hanno colto l’occasione per ripercorrere i principi consolidati, elaborati dalle Sezioni Unite, in materia di abnormità degli atti processuali.

Il punto centrale della decisione è che l’abnormità è una categoria residuale, da interpretare restrittivamente per non violare il principio di tassatività dei mezzi di impugnazione. Un atto può essere definito abnorme solo quando provoca una stasi processuale non altrimenti superabile, ovvero quando costringe il Pubblico Ministero a compiere un atto nullo per poter proseguire.

L’Atto abnorme e la regressione del procedimento

La Corte ha chiarito che la semplice “regressione” del procedimento dalla fase dibattimentale a quella delle indagini non è, di per sé, un sintomo di abnormità. Anche l’esercizio legittimo dei poteri del giudice può comportare un ritorno a una fase precedente. Ciò che conta non è la regressione in sé, ma le sue conseguenze.

Nel caso specifico, il Tribunale aveva ordinato al PM di procedere all’interrogatorio dell’imputato. Questo adempimento, anche se ritenuto non dovuto dal PM, non è un atto nullo. Al contrario, è un atto con una precisa funzione difensiva e investigativa. Una volta espletato l’interrogatorio, il processo può legittimamente proseguire il suo corso. Di conseguenza, non si verifica quella “stasi processuale rilevante” che è il presupposto fondamentale per qualificare un provvedimento come atto abnorme.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione della Corte si fonda su un’interpretazione rigorosa e funzionale del concetto di abnormità. I giudici hanno sottolineato che questo vizio si configura solo in due scenari:

1. Abnormità strutturale: quando l’atto è completamente al di fuori del sistema processuale.
2. Abnormità funzionale: quando l’atto, pur essendo previsto dalla legge, viene utilizzato in modo tale da determinare una stasi insuperabile o un’indebita regressione che altera la sequenza logico-cronologica del processo.

Nel caso esaminato, non ricorreva nessuna delle due ipotesi. L’ordinanza del Tribunale, giusta o sbagliata che fosse nel merito, non ha creato un vicolo cieco. Ha imposto un adempimento (l’interrogatorio) che, una volta eseguito, permette al procedimento di avanzare senza ostacoli. L’eventuale errore del giudice di merito si configura come un atto illegittimo, ma non abnorme, e quindi non suscettibile di ricorso immediato per cassazione basato su tale vizio.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa sentenza ribadisce un principio cruciale: la categoria dell’atto abnorme non può essere utilizzata come un rimedio generico contro decisioni giudiziarie ritenute semplicemente errate. È riservata a quelle patologie procedurali estreme che minano la struttura stessa del processo, impedendone la prosecuzione.

Per gli operatori del diritto, la lezione è chiara: prima di invocare l’abnormità, è necessario verificare se il provvedimento contestato produca una paralisi effettiva e insanabile del procedimento. Se esiste una via per superare lo stallo attraverso il compimento di atti validi, seppur non desiderati, il ricorso per abnormità è destinato all’inammissibilità. La Corte, ancora una volta, tutela la ragionevole durata del processo, evitando che lo strumento dell’abnormità venga abusato per contestare decisioni che, pur discutibili, non bloccano irrimediabilmente la giustizia.

Quando un provvedimento del giudice può essere definito un atto abnorme?
Secondo la Corte, un atto è abnorme quando, essendo affetto da un vizio non altrimenti sanabile o impugnabile, si pone al di fuori della struttura procedimentale prevista dalla legge oppure determina una stasi processuale che non può essere superata in alcun modo.

La regressione del processo alla fase delle indagini costituisce sempre un atto abnorme?
No. La Corte ha chiarito che la regressione del procedimento, come il ritorno dalla fase del dibattimento a quella delle indagini, non costituisce di per sé un atto abnorme. Lo diventa solo se costringe il pubblico ministero a compiere un atto nullo per poter proseguire, creando così una stasi insuperabile.

Perché in questo caso specifico il ricorso del Pubblico Ministero è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché il provvedimento del Tribunale, pur ordinando la regressione del processo per effettuare un interrogatorio, non ha creato una stasi processuale. L’interrogatorio è un atto valido e, una volta compiuto, il processo può proseguire regolarmente. Pertanto, mancava il presupposto fondamentale dell’abnormità, ovvero l’impossibilità di proseguire il giudizio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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