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Atto abnorme: quando il ricorso in Cassazione è out

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un Pubblico Ministero contro il decreto di un GIP che aveva restituito una richiesta di archiviazione. La Corte ha stabilito che tale provvedimento non costituisce un atto abnorme, in quanto non si pone al di fuori del sistema processuale né provoca una stasi insuperabile del procedimento. Pertanto, non è consentito un ricorso straordinario, valendo il principio di tassatività dei mezzi di impugnazione.

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Pubblicato il 12 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Atto abnorme: limiti e condizioni secondo la Cassazione

Il concetto di atto abnorme rappresenta una delle eccezioni più discusse nel diritto processuale penale, consentendo di impugnare in Cassazione provvedimenti altrimenti non appellabili. Una recente sentenza della Suprema Corte (Sent. n. 3831/2025) torna a delineare con precisione i confini di questa figura, stabilendo che la restituzione degli atti di una richiesta di archiviazione da parte del GIP al Pubblico Ministero non rientra in tale categoria. Analizziamo la decisione e le sue implicazioni.

Il caso: la restituzione degli atti al PM

Il caso nasce dal ricorso presentato da un Pubblico Ministero avverso un decreto con cui il Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) aveva respinto una richiesta di archiviazione, restituendo gli atti alla Procura. La restituzione era motivata da questioni procedurali, apparentemente legate a un malfunzionamento temporaneo dei sistemi informatici del tribunale. Il PM, ritenendo tale provvedimento illegittimo e capace di bloccare l’iter processuale, lo ha impugnato direttamente dinanzi alla Corte di Cassazione, qualificandolo come un atto abnorme.

La decisione: il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Secondo i giudici, il provvedimento del GIP, pur se potenzialmente criticabile, non possiede le caratteristiche dell’abnormità. La Suprema Corte ha chiarito che il ricorso per cassazione avverso un atto non espressamente impugnabile è ammissibile solo se l’atto stesso è affetto da abnormità, ovvero quando crea una situazione giuridica non prevista e non risolvibile all’interno del sistema processuale.

La nozione di atto abnorme nella giurisprudenza

La Corte ha ribadito il consolidato orientamento delle Sezioni Unite, distinguendo due tipologie di atto abnorme:

1. Abnormità strutturale: si verifica quando l’atto, per la sua singolarità, si pone completamente al di fuori dell’ordinamento processuale (carenza di potere in astratto) o quando, pur essendo espressione di un potere previsto, viene esercitato in una situazione radicalmente diversa da quella consentita dalla legge (carenza di potere in concreto).
2. Abnormità funzionale: si manifesta quando l’atto, pur non essendo estraneo al sistema, determina una stasi insuperabile del processo, rendendone impossibile la prosecuzione.

La Cassazione ha sottolineato che la categoria dell’abnormità non può essere utilizzata per contestare atti semplicemente illegittimi o non condivisi, per i quali non è previsto uno specifico mezzo di impugnazione. Diversamente, si violerebbe il principio di tassatività dei mezzi di impugnazione.

Le motivazioni

Nel motivare la propria decisione, la Corte ha spiegato perché il decreto del GIP non fosse abnorme sotto nessun profilo.

Sotto il profilo strutturale, la restituzione degli atti al PM non è un atto avulso dal sistema. Il codice di procedura penale prevede diverse ipotesi in cui il giudice interagisce con il PM restituendogli gli atti (ad es. artt. 410 e 411 c.p.p.). Pertanto, non si tratta di un potere esercitato al di fuori di ogni schema normativo.

Sotto il profilo funzionale, il provvedimento non ha causato una stasi processuale insuperabile. Il Pubblico Ministero, infatti, non è stato privato della possibilità di agire: avrebbe potuto semplicemente ripresentare la richiesta di archiviazione, conformandosi alle modalità richieste dal giudice. La restituzione non preclude il rinnovo della richiesta e, di conseguenza, non blocca definitivamente il procedimento. Anche il riferimento a un malfunzionamento temporaneo del sistema informatico non è stato ritenuto sufficiente a creare una paralisi insanabile.

Le conclusioni

La sentenza rafforza un’interpretazione rigorosa e restrittiva della nozione di atto abnorme. La Corte di Cassazione intende evitare che tale strumento diventi un rimedio generalizzato contro qualsiasi provvedimento del giudice ritenuto errato dal PM. La decisione ha un’importante implicazione pratica: chiarisce che le difficoltà procedurali, incluse quelle derivanti dalla transizione digitale, non trasformano automaticamente un atto in abnorme. Solo quando il provvedimento del giudice crea una situazione senza uscita, tale da impedire al processo di proseguire, si può parlare di abnormità e ricorrere in Cassazione. In tutti gli altri casi, il PM è tenuto a conformarsi alle indicazioni del giudice, anche se non condivise, per garantire la prosecuzione del procedimento.

Quando un provvedimento del giudice può essere definito ‘atto abnorme’?
Un atto è considerato abnorme quando si colloca completamente al di fuori del sistema processuale (abnormità strutturale) o quando, pur essendo previsto dalla legge, provoca una paralisi insuperabile del procedimento, rendendone impossibile la prosecuzione (abnormità funzionale).

La restituzione della richiesta di archiviazione al PM da parte del GIP è un atto abnorme?
No. Secondo la Corte di Cassazione, questo provvedimento non è abnorme perché non è estraneo al sistema processuale e non crea una stasi insuperabile, dato che il Pubblico Ministero può semplicemente ripresentare la richiesta, dando nuovo impulso al procedimento.

Un malfunzionamento temporaneo del sistema informatico può rendere un atto abnorme?
No, la sentenza chiarisce che un problema tecnico temporaneo, pur potendo creare disagi, non è di per sé sufficiente a determinare l’abnormità funzionale di un atto, in quanto non causa una stasi ‘insuperabile’ del procedimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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