Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 23044 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 23044 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: RAGIONE_SOCIALE REPUBBLICA PRESSO IL frIttest3f+A.60TRIBUNALE DI MASSA nei confronti di:
NOME nato il 02/09/1997
avverso l’ordinanza del 22/11/2024 del TRIBUNALE di MASSA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento dell’ordinanza impugnata
RITENUTO IN FATTO
Il Pubblico Ministero della Procura della Repubblica di Massa ricorre averso l’ordinanza pronunciata all’udienza del 22.11.2024, con cui il Tribunale di Massa, in composizione monocratica, all’esito della discussione nel corso di rito abbreviato, ha rilevato che il fatto di reato così come contestato a NOME COGNOME (un’imputazione relativa al delitto di furto in privata dimora aggravato dalla violenza sulle cose ed un’a imputazione per tentato furto in privata dimora, anch’essa aggravata dalla violenza sulle cose) risultava diverso da quello emerso in fase di indagini ed ha trasmesso gli atti i Procura ai sensi dell’art. 521, comma 2, cod. proc. pen.
Il giudice ha ritenuto che non vi fossero elementi di prova idonei a sostenere che l’imputato avesse commesso i due reati contestatigli, bensì poteva configurarsi il diverso reato previsto dall’art. 633 cod. pen. Era risultato, infatti, che egli, insieme ad persone, aveva occupato l’abitazione teatro dei fatti, poiché disabitata, stabilendovi propria dimora, mentre non era possibile stabilire che fosse proprio lui l’autore dei fur tenuto conto dell’occupazione promiscua della casa.
1.1. La tesi del ricorso è che i fatti contestati e quelli ritenuti configurabili in se non siano in rapporto di diversità. t
Viceversa, dato un comune nucleo fattuale – l’ingresso abusivo nell’abitazione di proprietà della persona offesa NOME COGNOME COGNOME, la diversità atterrebbe solo all qualificazione giuridica di tale condotta, per la ritenuta mancanza di prove a caric dell’imputato della sottrazione di alcuni beni custoditi nella casa e non più rinvenuti.
Il diritto di difesa – secondo il ricorrente – è stato quindi adeguatamente assicura all’imputato, quanto alla possibilità di interloquire sul fatto di aver abusivamente inva l’immobile, tanto più che si stava procedendo con rito abbreviato, che implica l’utilizzabilità a fini di prova dell’intera piattaforma probatoria.
Il provvedimento impugnato sarebbe affetto, dunque, da abnormità, perché ha determinato un indebito regresso del procedimento.
1.2. L’ordinanza sarebbe anche viziata da violazione di legge, con riguardo all’art. 521 cod. proc. pen., nonché all’art. 192 cod. proc. pen., anche con un travisamento della prova.
Sotto il primo profilo, il pubblico ministero ricorrente richiama la giurisprudenza legittimità secondo cui, rilevata la diversità tra fatto commesso e fatto contestato giudice non può trasmettere gli atti al pubblico ministero ex art. 521 cod. proc. pen. al tempo stesso, “di fatto” assolvere l’imputato per la contestazione iniziale, trattando di statuizioni contraddittorie (Sez. 2, n. 43890 del 2022; Sez. 6, n. 9743 del 21/1/2004 COGNOME, Rv. 229209).
L’ordinanza, infatti, ha esplicitamente affermato che “..nessun elemento consente di affermare” che sia stato l’imputato “a commettere i delitti di furto..”; così in sost assolvendo l’imputato.
Inoltre, l’assoluzione determinerebbe l’impossibilità di procedere per il reato diverso stante il divieto di bis in idem; ma il pubblico ministero non potrebbe richiedere l’archiviazione senza prevedibilmente incorrere in un rigetto da parte del GIP. Da qui la contraddittorietà e la stasi irrisolvibile.
Sotto il secondo profilo, si lamenta un travisamento delle prove, dalle quali non emerge la presenza di altre persone, poiché sono state trovate soltanto le impronte dell’imputato, e neppure emergono tracce di permanenza abitativa all’interno della casa di proprietà della persona offesa; gli unici dati certi sono l’effrazione della por ingresso, per introdursi nell’abitazione e la sottrazione di tre televisori e numer indumenti maschili, oltre al tentativo di furto di altri oggetti.
1.3. Il ricorrente considera, altresì, abnorme la regressione perché non limitata come avrebbe dovuto essere – ai fatti materiali ritenuti suscettibili di essere sussun nella diversa tipicità normativa individuata dal giudice, bensì estesa anche agli ulteri elementi aggiuntivi rispetto alla invasione di edificio (in particolare, secondo il rico l’abnormità di tale statuizione sarebbe constatabile soprattutto con riguardo al tentato furto in abitazione).
Il Sostituto Procuratore Generale della Corte di cassazione, con requisitoria scritta, ha chiesto l’annullamento dell’ordinanza impugnata perché abnorme.
IL Il difensore dell’imputato ha depositato memoria con cui chiede l’inammissibilità del ricorso del pubblico ministero.
L’ordinanza non è abnorme poiché rientra nei poteri del giudice rilevare la non corrispondenza tra imputazione e fatto.
Inoltre, nel caso di specie, il giudice ha evidenziato nel contraddittorio tra le par necessità di tramettere gli atti ai sensi dell’art. 521 cod. proc. pen. in mancanza modifica della contestazione, modifica che il pubblico ministero non ha ritenuto di proporre.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso del pubblico ministero è inammissibile.
Il provvedimento del GIP impugnato non rientra nella categoria degli atti abnormi come disegnata dalla giurisprudenza di legittimità nel corso degli anni.
2.1 Come noto, le Sezioni Unite hanno più volte preso posizione, in diverse fattispecie, sul concetto giuridico di abnormità (da ultimo, cfr. Sez. U, n. 10728 del 2022
COGNOME, Rv. 282807, che richiama: Sez. U, n. 40984 del 22/03/2018, COGNOME, Rv. 273581; Sez. U, n. 20569 del 18/01/2018, COGNOME, Rv. 272715; Sez. U, n. 21243 del 25/03/2010, COGNOME, Rv. 246910; Sez. U, n. 25957 del 26/03/2009, Toni, Rv. 243590; Sez. U, n. 5307 del 20/12/2007, dep. 2008, COGNOME, Rv. 238240-01; Sez. U, n. 22909 del 31/05/2005, COGNOME, Rv. 231163-01; Sez. U, n. 19289 del 25/02/2004, COGNOME, Rv. 227356; Sez. U, n. 28807 del 29/05/2002, Manca, Rv. 221999; Sez. U, n. 34536 del 11/07/2001, COGNOME, Rv. 219598; Sez. U, n. 4 del 31/01/2001, COGNOME, Rv. 217760; Sez. U, n. 33 del 22/11/2000, COGNOME, Rv. 217244; Sez. U, n. 26 del 24/11/1999, COGNOME, Rv. 215094; Sez. U, n. 17 del 10/12/1997, dep. 1998, COGNOME, Rv. 209603; Sez. U, n. 11 del 09/07/1997, COGNOME, Rv. 208221).
Secondo le più risalenti pronunce, è affetto da abnormità non solo il provvedimento che, per la singolarità e stranezza del contenuto, risulti avulso dall’intero ordinamen processuale, ma anche quello che, pur essendo in astratto manifestazione di legittimo potere, si esplichi al di fuori dei casi consentiti e delle ipotesi previste, al di là ragionevole limite.
Dunque «l’abnormità dell’atto processuale può riguardare tanto il profilo strutturale allorché l’atto, per la sua singolarità, si ponga al di fuori del sistema organico della l processuale, quanto il profilo funzionale, quando esso, pur non estraneo al sistema normativo, determini la stasi del processo e l’impossibilità di proseguirlo» (cfr. Sez. n. 26 del 2000).
Questo principio è stato affinato e precisato dalla giurisprudenza successiva, la quale, per delimitarne la portata, fa perno sulla sussidiarietà della categoria del abnormità, da interpretare restrittivamente per non violare il principio della tassativ dei mezzi di impugnazione.
Le sentenze del massimo collegio nomofilattico (in particolare, per quel che rileva in questa sede, l’ultima pronuncia ricostruttiva del 2022 e le sentenze NOME e COGNOME) hanno chiarito che l’abnormità, più che rappresentare un vizio dell’atto in sé, integra sempre comunque uno «sviamento dalla funzione giurisdizionale», non rispondendo l’atto, in tal caso, al modello previsto dalla legge, ma collocandosi al di là del perimetro entro il qua esso è riconosciuto dall’ordinamento, sia che si tratti di un atto strutturalme “eccentrico” rispetto a quelli positivamente disciplinati, sia che si versi in un’ipote atto normativamente previsto e disciplinato, ma “utilizzato” al di fuori dell’area che individua la funzione e la stessa ragione di essere, al di là di ogni ragionevole lim (secondo lo schema della carenza di potere in concreto).
Non costituisce, invece, elemento necessariamente caratterizzante l’abnormità la regressione del procedimento.
In particolare, Sez. U, n. 20569 del 2018, COGNOME ha dato seguito a tale linea interpretativa, sottolineando il carattere di eccezionalità della categoria dell’abnormit la sua funzione derogatoria rispetto al principio di tassatività dei mezzi d’impugnazione
oDe
sancito dall’art. 568 cod. proc. pen., mantenuto inalterato nel suo testo anche dopo la riforma introdotta con la legge 23 giugno 2017, n. 103, e rispetto al numero chiuso delle nullità deducibili secondo la previsione dell’art. 177 cod. proc. pen.
L’abnormità viene intesa, quindi, come una categoria concettuale «riferibile alle sole situazioni in cui l’ordinamento non appresti altri rimedi idonei per rimuovere provvedimento giudiziale, che sia frutto di sviamento di potere e fonte di un pregiudizio altrimenti insanabile per le situazioni soggettive delle parti».
Dall’evoluzione della giurisprudenza delle Sezioni Unite, per come brevemente sintetizzata, si possono trarre due conclusioni, a giudizio della più recente sentenza in tema, Sez. U, n. 10728 del 2022, COGNOME: una più generale, nel senso che la giurisprudenza ha progressivamente ristretto l’ambito di applicazione della categoria dell’abnormità, in particolare evidenziando, per la sua configurabilità, la necessità di un stasi processuale; una più specifica, nel senso che la stasi processuale rilevante ai fin dell’abnormità si determina quando il processo non può proseguire, se non attraverso il compimento di un atto nullo da parte del pubblico ministero.
2.2. Nel caso di specie, non si registra una stasi processuale, ineliminabile se non compiendo un atto nullo, in presenza anche della richiesta del giudice di disporre una modifica dell’imputazione, che il pubblico ministero non ha inteso proporre.
Ed invero, al pubblico ministero che si è visto restituire il procedimento si apron diverse alternative legittime:
cercare altri elementi di prova per proseguire nell’individuazione dell’imputato (divenuto di nuovo indagato), come autore dei furti in abitazione già contestati ed in relazione ai quali non è stata emessa alcuna pronuncia preclusiva; all’esito, in caso di ragionevole previsione di condanna, il pubblico ministero potr nuovamente esercitare l’azione penale per le imputazioni inizialmente ipotizzate, senza preclusioni;
esercitare l’azione penale per il reato meno grave di cui all’art. 633 cod. pen., in relazione al quale il giudice del rito abbreviato ha già ipotizzato configurabilità astratta.
Peraltro, appare evidente che il nucleo essenziale dei due reati in comparazione nel procedimento – l’invasione di edificio e il furto – non sia propriamente sovrapponibile: il re ex art. 633 cod. pen., infatti, ferma e stabilizza la sua tipicità normativa nell’inva dell’abitazione, con la finalità di occuparla; il delitto ex art. 624-bis cod. pen., i contempla l’ingresso abusivo nell’abitazione soltanto nella parte strumentale e prodromica dell’accesso al luogo ove si realizzerà la condotta di sottrazione dei beni present dell’abitazione, esprimendo la sua ratio incriminatrice nell’esigenza dell’ordinamento statuale di opporsi a quest’ultima: l’apprensione illecita di beni altrui (o il tentativo di apprens rappresentano la sua tipicità criminale.
2.3. Il pubblico ministero ricorrente si richiama alla sentenza Sez. 2, n. 35630 de 16/5/2023, COGNOME, Rv. 284955, ma la fattispecie processuale esaminata in tale pronuncia è diversa.
In tale decisione, si è esattamente ritenuta abnorme, in quanto determina un’indebita regressione del processo alla fase delle indagini, la sentenza con cui il giudice, anzich riqualificare il fatto in contestazione – come consentitogli dall’art. 521, comma 1, cod. pr pen. – assolve l’imputato dal delitto ascrittogli e dispone contestualmente la restituzione de atti al pubblico ministero per l’eventuale esercizio dell’azione penale in ordine al medesimo fatto diversamente qualificato, poiché in una simile ipotesi la nuova imputazione eventualmente formulata sarebbe destinata a confliggere con la sentenza di assoluzione, passata in giudicato, in violazione del divieto del doppio processo per lo stesso fatto.
Nel caso, invece, oggi all’esame del Collegio il giudice del rito abbreviato ha compiuto una valutazione sugli elementi di prova presenti nel fascicolo, ritenendoli insufficienti fondare una sentenza di condanna in relazione al delitto di furto (continuato) e parallelamente, si è espresso in relazione all’emergere di un fatto diverso, l’invasione edificio, per cui non vi era adeguata contestazione.
Era risultato, infatti, che l’imputato, insieme ad altre persone, aveva occupato l’abitazion teatro dei fatti, poiché disabitata, stabilendovi la propria dimora, mentre non era stato riten possibile stabilire, con gli elementi presenti nel rito abbreviato, che fosse proprio lui l’au dei furti, tenuto conto dell’occupazione promiscua della casa.
Tali considerazioni non sono contenute in un provvedimento decisorio sul merito, come l’assoluzione nella sentenza evocata dal ricorso, bensì si inseriscono all’interno de provvedimento interlocutorio di trasmissione degli atti ai sensi dell’art. 521 cod. proc. pe del quale costituiscono una sintetica spiegazione motivazionale, che non influisce sulle successive scelte processuali o valutazioni dell’ufficio requirente.
Ed invero, si è già chiarito che il giudice che ritenga la diversità del fatto eme dall’istruttoria, rispetto a quello enunciato nell’imputazione, deve disporre la trasmissio degli atti al pubblico ministero senza pronunciare sentenza assolutoria sul fatto, diversamente rimanendo precluso dal giudicato il nuovo esercizio dell’azione penale (tra le molte, Sez. 6, n. 37626 del 25/6/2019, COGNOME, Rv. 277200).
Viceversa, è abnorme, in quanto determina una indebita regressione del procedimento, l’ordinanza con cui il giudice disponga la restituzione degli atti al pubblico ministero, ritene che la condotta di cui all’imputazione sia inquadrabile in un diverso reato di cui vi siano tutti gli elementi, non potendosi ravvisare, in tal caso, un mutamento degli elementi essenzial del fatto, ma esclusivamente una diversa qualificazione giuridica rimessa al potere del giudice ex art. 521, comma 1, cod. proc. pen. (tra le più recenti, cfr. Sez. 2, n. 3521 del 7/10/202 dep. 2023, Seck COGNOME, Rv. 283950). Specularmente, è abnorme, in quanto determina un’indebita regressione del procedimento, il provvedimento con cui il giudice, all’esit dell’istruttoria dibattimentale, disponga la trasmissione degli atti al pubblico ministero
diversità del fatto ai sensi dell’art. 521, comma 2, cod. proc. pen., qualora lo stesso non si astrattamente qualificabile come reato, essendo in tal caso tenuto a pronunciare sentenza di
assoluzione, così da consentire all’organo della pubblica accusa la proposizione dell’impugnazione (Sez. 2, n. 34529 del 28/6/2019, COGNOME, Rv. 276429).
3. Il ricorso del pubblico ministero, alla luce delle ragioni sin qui sintetizzate, deve ess dichiarato inammissibile non essendo abnorme il provvedimento impugnato.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso del pubblico ministero.
Così deciso il 18 marzo 2024.