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Atto abnorme: quando il giudice può restituire atti al PM

La Corte di Cassazione ha stabilito che non costituisce un atto abnorme l’ordinanza con cui il giudice, in un rito abbreviato, restituisce gli atti al Pubblico Ministero dopo aver riscontrato un ‘fatto diverso’ (occupazione abusiva) rispetto a quello contestato (furto in abitazione). La Corte ha chiarito che tale provvedimento non crea una stasi processuale irrisolvibile, poiché il PM ha diverse opzioni legittime, come proseguire le indagini per il reato originario o esercitare l’azione penale per il nuovo reato emerso. La decisione è stata dichiarata inammissibile perché non rientrava nei casi di abnormità strutturale o funzionale definiti dalla giurisprudenza.

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Pubblicato il 28 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Atto abnorme: quando la restituzione degli atti al PM è legittima?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 23044 del 2025, ha offerto un importante chiarimento sui confini del cosiddetto atto abnorme nel processo penale. La pronuncia analizza il caso di un giudice che, invece di condannare o assolvere per il reato di furto, ha restituito gli atti al Pubblico Ministero ravvisando un’ipotesi di reato diversa: l’occupazione abusiva di un immobile. Questa decisione, impugnata dal PM, ha portato la Suprema Corte a definire i limiti entro cui un provvedimento di regressione del procedimento può essere considerato legittimo.

I fatti del caso: da furto a occupazione abusiva

Il caso trae origine da un’imputazione per furto aggravato in abitazione e tentato furto. Durante il processo, svoltosi con rito abbreviato, il Tribunale ha ritenuto che le prove non fossero sufficienti a dimostrare che l’imputato avesse commesso i furti. Tuttavia, era emerso con chiarezza un fatto diverso: l’imputato, insieme ad altre persone, aveva occupato un’abitazione disabitata, stabilendovi la propria dimora.

Di fronte a questa discrepanza tra l’accusa formulata (furto) e i fatti accertati (occupazione), il giudice ha applicato l’articolo 521, comma 2, del codice di procedura penale. Questa norma prevede che, se nel corso del dibattimento emerge un fatto interamente diverso da quello contestato, il giudice debba disporre la trasmissione degli atti al Pubblico Ministero. Di conseguenza, il procedimento è regredito alla fase delle indagini.

Il ricorso del Pubblico Ministero e il concetto di atto abnorme

Il Pubblico Ministero ha impugnato questa ordinanza dinanzi alla Corte di Cassazione, sostenendo che si trattasse di un atto abnorme. Secondo l’accusa, il provvedimento del Tribunale avrebbe creato una situazione di stallo processuale irrisolvibile. In sostanza, il giudice avrebbe di fatto assolto l’imputato dall’accusa di furto, rendendo impossibile per il PM procedere nuovamente per lo stesso fatto, anche se qualificato diversamente, a causa del divieto di bis in idem.

L’abnormità, secondo il ricorrente, derivava da questa contraddizione: assolvere da un lato e, dall’altro, restituire gli atti per un nuovo procedimento, generando così una paralisi della giustizia. Si sosteneva, inoltre, che non si trattasse di un ‘fatto diverso’, ma solo di una diversa qualificazione giuridica dello stesso nucleo storico (l’ingresso abusivo nell’immobile), che il giudice avrebbe dovuto operare autonomamente.

La decisione della Cassazione: nessun atto abnorme

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso del Pubblico Ministero inammissibile, escludendo che l’ordinanza del Tribunale costituisse un atto abnorme. La Suprema Corte ha ripercorso la propria consolidata giurisprudenza, ricordando che l’abnormità si configura solo in due ipotesi:

1. Abnormità strutturale: quando l’atto si pone al di fuori del sistema processuale per la sua stranezza e singolarità.
2. Abnormità funzionale: quando l’atto, pur previsto dalla legge, determina una stasi del processo e l’impossibilità di proseguirlo.

Nel caso di specie, nessuna di queste condizioni era presente.

Le motivazioni della Corte

La Corte ha spiegato che la decisione del Tribunale non ha creato alcuna stasi processuale insuperabile. Al contrario, il Pubblico Ministero, una volta ricevuti gli atti, aveva di fronte a sé diverse alternative legittime:

a) Raccogliere nuove prove per sostenere l’accusa originaria di furto, dato che non era stata emessa una sentenza di assoluzione con valore di giudicato.
b) Esercitare l’azione penale per il reato meno grave di invasione di edifici (art. 633 c.p.), come emerso dall’istruttoria.

La Cassazione ha inoltre sottolineato la differenza sostanziale tra il delitto di furto in abitazione (art. 624-bis c.p.) e quello di invasione di edifici. Il primo ha come nucleo centrale l’impossessamento illecito di beni altrui, mentre il secondo si concentra sulla violazione del domicilio finalizzata all’occupazione. Non si tratta, quindi, di una mera riqualificazione giuridica, ma di due fatti criminosi con tipicità e finalità distinte.

Il giudice di merito ha correttamente identificato un ‘fatto diverso’ e, non avendo il PM modificato l’imputazione, ha legittimamente restituito gli atti. La Corte ha distinto questo caso da altre situazioni, in cui è stata ravvisata l’abnormità, come quando un giudice assolve l’imputato e contestualmente restituisce gli atti, creando un vero e proprio blocco invalicabile a causa del giudicato.

Le conclusioni

La sentenza consolida il principio secondo cui la restituzione degli atti al PM per ‘fatto diverso’ non è, di per sé, un atto abnorme, a meno che non generi una paralisi procedurale definitiva e insanabile. La decisione del giudice di primo grado è stata ritenuta un esercizio corretto dei poteri previsti dal codice di procedura penale, volto a garantire la precisa corrispondenza tra l’accusa e il fatto per cui si procede, a tutela del diritto di difesa dell’imputato. Il Pubblico Ministero conserva pienamente il suo potere di azione, potendo scegliere la strategia processuale più opportuna alla luce delle risultanze emerse.

Quando un’ordinanza del giudice che restituisce gli atti al Pubblico Ministero può essere considerata un atto abnorme?
Un’ordinanza di restituzione degli atti è considerata un atto abnorme solo quando determina una stasi processuale insuperabile e definitiva. Questo non accade se il Pubblico Ministero, ricevuti gli atti, ha ancora a disposizione alternative legittime per proseguire l’azione penale, come ad esempio formulare una nuova imputazione per il ‘fatto diverso’ emerso o cercare nuove prove per il reato originario.

Qual è la differenza tra ‘fatto diverso’ e una diversa qualificazione giuridica del fatto?
Si ha una diversa qualificazione giuridica quando gli elementi storici del fatto rimangono gli stessi, ma vengono inquadrati in una diversa norma penale. Si ha un ‘fatto diverso’, invece, quando l’evento che emerge dall’istruttoria è sostanzialmente differente da quello descritto nell’imputazione, come nel caso di specie, in cui il nucleo centrale non è più la sottrazione di beni (furto), ma l’occupazione stabile di un immobile (invasione di edifici).

Cosa può fare il Pubblico Ministero dopo che il giudice gli ha restituito gli atti per ‘fatto diverso’?
Secondo la sentenza, il Pubblico Ministero ha diverse opzioni legittime. Può decidere di esercitare l’azione penale per il nuovo reato emerso (nel caso specifico, l’invasione di edifici). In alternativa, può cercare ulteriori elementi di prova per dimostrare il reato originariamente contestato (il furto), poiché non vi è stata una sentenza di assoluzione passata in giudicato che precluda un nuovo procedimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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