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Atto abnorme: nullità citazione senza persona offesa

La Corte di Cassazione ha stabilito che costituisce un atto abnorme l’ordinanza con cui un Tribunale dichiara nullo un decreto di citazione diretta a giudizio per la mancata indicazione della persona offesa. Secondo la Suprema Corte, tale omissione non è causa di nullità e il giudice, anziché restituire gli atti al Pubblico Ministero causando un’indebita regressione del processo, deve provvedere autonomamente alla citazione della persona offesa.

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Pubblicato il 1 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Atto Abnorme e Citazione a Giudizio: La Cassazione Chiarisce

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 6883 del 2024, interviene su una questione cruciale della procedura penale, definendo i contorni del cosiddetto atto abnorme. Il caso in esame riguarda la decisione di un Tribunale di annullare un decreto di citazione diretta a giudizio a causa della mancata indicazione della persona offesa, una decisione che la Suprema Corte ha censurato, fornendo importanti chiarimenti sui poteri del giudice e del Pubblico Ministero.

I Fatti del Caso: La Decisione del Tribunale

Il procedimento ha origine dal ricorso del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Macerata avverso un’ordinanza dello stesso Tribunale. Quest’ultimo aveva dichiarato nullo il decreto di citazione diretta a giudizio emesso nei confronti di un imputato per i reati di cui agli artt. 474 (Introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi) e 648 (Ricettazione) del codice penale. La ragione della nullità, secondo il giudice di primo grado, risiedeva nell’omessa indicazione delle persone offese nell’atto di citazione.

Il Pubblico Ministero ha impugnato tale provvedimento, sostenendone l’abnormità, ovvero la sua palese deviazione dallo schema normativo del processo penale.

La Questione dell’Atto Abnorme secondo la Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso del Pubblico Ministero, qualificando l’ordinanza del Tribunale come un atto abnorme. Per comprendere questa decisione, è necessario analizzare due aspetti fondamentali della motivazione.

Omissione della Persona Offesa: Non è Causa di Nullità

In primo luogo, la Cassazione ribadisce un principio consolidato: l’omessa indicazione del nominativo della persona offesa nel decreto di citazione diretta a giudizio non costituisce una causa di nullità. L’articolo 552, comma 2, del codice di procedura penale, che elenca i requisiti del decreto a pena di nullità, non include tale elemento. Sebbene la legge preveda l’indicazione della persona offesa “qualora risulti identificata”, la sua assenza non invalida l’atto.

I Doveri del Giudice e la Regressione del Processo

In secondo luogo, e di conseguenza, la Corte chiarisce quale debba essere il comportamento corretto del giudice del dibattimento in presenza di una simile omissione. Anziché dichiarare la nullità e restituire gli atti al Pubblico Ministero, il giudice ha il dovere di attivarsi per assicurare che la persona offesa sia ritualmente citata. Questa attività rientra pienamente nelle sue competenze funzionali, come previsto dall’art. 143 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale.

Disporre la restituzione degli atti al PM, al contrario, determina una “indebita regressione del processo”, ovvero un illegittimo ritorno a una fase precedente, che paralizza l’andamento del procedimento. Proprio questa regressione qualifica il provvedimento del Tribunale come atto abnorme.

Le motivazioni dietro la qualifica di atto abnorme

La Corte di Cassazione spiega che un provvedimento è affetto da abnormità non solo quando è strutturalmente strano o avulso dal sistema, ma anche quando, pur apparendo come espressione di un potere legittimo, produce un effetto funzionale distorsivo. Nel caso di specie, l’atto del Tribunale, pur non essendo formalmente estraneo al sistema, ha determinato la stasi del processo e l’impossibilità di proseguirlo. Il PM, infatti, aveva ritenuto di individuare una sola persona offesa. Restituendogli gli atti senza specifiche indicazioni, il giudice ha creato un cortocircuito procedurale, poiché il PM avrebbe potuto legittimamente insistere nella sua determinazione, portando a una paralisi processuale. L’abnormità, quindi, può essere sia strutturale che funzionale, e in questo caso si è manifestata sotto il profilo funzionale.

Le conclusioni della Suprema Corte

In conclusione, la Corte di Cassazione ha annullato senza rinvio l’ordinanza impugnata, disponendo la trasmissione degli atti al Tribunale di Macerata per la prosecuzione del giudizio. La sentenza riafferma con forza il principio secondo cui il processo deve tendere alla sua naturale conclusione, e gli eventuali ostacoli procedurali, quando non previsti a pena di nullità, devono essere superati dal giudice attraverso gli strumenti che l’ordinamento gli mette a disposizione. Restituire gli atti al Pubblico Ministero per un’incombenza che spetta al giudice stesso costituisce un atto abnorme che viola i principi di economia processuale e di progressione del procedimento.

Cosa succede se il Pubblico Ministero omette il nome della persona offesa nel decreto di citazione diretta a giudizio?
Secondo la Corte di Cassazione, l’omissione del nome della persona offesa non è una causa di nullità del decreto di citazione diretta a giudizio, poiché non è un requisito previsto come tale dall’art. 552 del codice di procedura penale.

Perché un’ordinanza che restituisce gli atti al PM per questa omissione è un atto abnorme?
È considerata un atto abnorme perché provoca un’indebita regressione del processo. Il giudice, invece di far tornare indietro il procedimento, ha il dovere funzionale di provvedere direttamente a citare la persona offesa, evitando così una paralisi e un allungamento ingiustificato dei tempi del processo.

Quale è il comportamento corretto che il giudice deve tenere in questi casi?
Il giudice del dibattimento, una volta rilevata l’omissione, deve curare personalmente che la persona offesa sia ritualmente citata per l’udienza. Questa attività rientra tra le sue competenze e non può essere delegata o riversata sul Pubblico Ministero attraverso la restituzione degli atti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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