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Atto abnorme: notifica valida al difensore, no stasi

La Corte di Cassazione ha qualificato come atto abnorme l’ordinanza di un Tribunale che aveva disposto la restituzione degli atti al Pubblico Ministero per un presunto vizio di notifica dell’avviso di conclusione indagini. La Suprema Corte ha chiarito che, a seguito della Riforma Cartabia, la notifica effettuata via PEC al difensore di fiducia è pienamente valida, anche in presenza di un domicilio eletto dall’indagato. L’erronea declaratoria di nullità, causando un’indebita regressione del procedimento, integra un’ipotesi di abnormità funzionale.

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Pubblicato il 2 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Atto Abnorme: la Cassazione fa chiarezza sulla notifica al difensore

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato un tema cruciale della procedura penale, quello relativo alla qualificazione di un atto abnorme. Il caso di specie ha permesso di consolidare i principi interpretativi sulle nuove regole di notificazione introdotte dalla Riforma Cartabia, sottolineando come un’errata applicazione delle norme possa portare a una paralisi ingiustificata del processo.

I Fatti del Caso

La vicenda processuale ha origine da una decisione del Giudice dell’udienza predibattimentale del Tribunale di Padova. Quest’ultimo, accogliendo un’eccezione della difesa, dichiarava la nullità della citazione diretta a giudizio. Il motivo? L’avviso di conclusione delle indagini preliminari (ex art. 415-bis c.p.p.) era stato notificato via PEC al difensore di fiducia anziché presso il domicilio che l’indagato aveva eletto durante il primo atto di indagine.

Di conseguenza, il giudice disponeva la restituzione di tutti gli atti al Pubblico Ministero, causando di fatto una regressione del procedimento a una fase precedente. Ritenendo tale provvedimento illegittimo e paralizzante, il Pubblico Ministero proponeva ricorso per cassazione, denunciandone la natura di atto abnorme.

La Questione Giuridica: quando un provvedimento è un atto abnorme?

Il cuore della controversia risiede nella definizione di atto abnorme. Questa categoria, di creazione giurisprudenziale, identifica quei provvedimenti che, pur essendo emessi da un giudice, si pongono al di fuori del sistema processuale per due ragioni principali:

1. Abnormità strutturale: l’atto è talmente anomalo da non essere inquadrabile in alcuno schema legale (carenza di potere in astratto).
2. Abnormità funzionale: l’atto, pur apparendo formalmente legittimo, determina una stasi del processo e un’indebita regressione a una fase precedente, esercitando un potere al di fuori dei casi consentiti (carenza di potere in concreto).

Nel caso in esame, il Pubblico Ministero sosteneva che l’ordinanza del Tribunale rientrasse pienamente in questa seconda categoria, poiché basata su un’errata interpretazione delle nuove norme sulle notificazioni.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso del Pubblico Ministero, ritenendolo fondato. I giudici di legittimità hanno innanzitutto ripercorso il consolidato orientamento delle Sezioni Unite sulla nozione di abnormità, ribadendo che essa rappresenta un rimedio eccezionale per superare situazioni di stallo processuale non altrimenti risolvibili.

Il punto decisivo della motivazione riguarda però l’impatto della Riforma Cartabia (d.lgs. n. 150/2022) sulle notificazioni. La Corte ha chiarito che la modifica dell’art. 161 del codice di procedura penale ha introdotto una nuova regola generale: a seguito del primo atto in cui la polizia giudiziaria informa l’indagato dei suoi diritti, le successive notificazioni (con alcune specifiche eccezioni, come la citazione in giudizio) devono essere effettuate presso il difensore, di fiducia o d’ufficio.

L’avviso di conclusione delle indagini preliminari (art. 415-bis c.p.p.) non rientra tra le eccezioni. Pertanto, la notifica eseguita via PEC al legale era non solo legittima, ma pienamente conforme al nuovo dettato normativo.

Il Tribunale, dichiarando una nullità inesistente e ordinando la restituzione degli atti, ha provocato una regressione del procedimento del tutto ingiustificata. Questo sviamento dalla funzione giurisdizionale, che ha creato una paralisi processuale, integra perfettamente la fattispecie dell’atto abnorme funzionale.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha annullato senza rinvio l’ordinanza impugnata e ha disposto la trasmissione degli atti al Tribunale di Padova per la prosecuzione del giudizio. Questa sentenza rafforza l’applicazione delle nuove disposizioni in materia di notifiche, mirate a una maggiore efficienza e celerità del processo penale. Al contempo, essa costituisce un importante monito sull’uso corretto degli strumenti processuali, ribadendo che la declaratoria di nullità e la conseguente regressione del procedimento devono rimanere confinate a casi tassativamente previsti dalla legge, per non incorrere in un’illegittima paralisi della giustizia.

Cosa si intende per atto abnorme nel processo penale?
Un atto abnorme è un provvedimento del giudice che si colloca al di fuori del sistema giuridico, o perché strutturalmente anomalo o perché causa un’ingiustificata regressione e paralisi del processo. È una categoria creata dalla giurisprudenza per porre rimedio a situazioni di stallo non risolvibili con i mezzi di impugnazione ordinari.

La notifica dell’avviso di conclusione indagini al difensore via PEC è valida dopo la Riforma Cartabia?
Sì. La Corte di Cassazione, in questa sentenza, ha confermato che, in base alle nuove norme introdotte dal d.lgs. 150/2022, la notifica dell’avviso ex art. 415-bis c.p.p. al difensore (anche via PEC) è la regola, ed è quindi pienamente valida anche se l’indagato aveva precedentemente eletto un domicilio.

Quali sono le conseguenze se un’ordinanza viene dichiarata un atto abnorme?
La Corte di Cassazione annulla l’ordinanza senza rinvio. Ciò significa che il provvedimento illegittimo viene eliminato e gli atti vengono restituiti al giudice di merito affinché il processo riprenda il suo corso dal punto in cui si era interrotto a causa dell’atto abnorme, rimuovendo così la situazione di stallo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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