Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 2753 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 2753 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 05/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Pisoniano il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza emessa il 2.05.2023 dal Tribunale di Perugia lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo di dichiarare inammissibile il
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME; ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento impugnato il Tribunale di Perugia ha rigettato il reclamo proposto ai sensi dell’art. 410-bis cod. proc. pen. da NOME COGNOME, persona offesa del reato di cui all’art. 323 cod. proc. pen., commesso sino al 28
aprile 2014, e ha confermato il decreto di archiviazione emesso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Perugia in data 20 dicembre 2022.
AVV_NOTAIO, difensore del COGNOME, ricorre avverso tale provvedimento e ne chiede l’annullamento, deducendo l’abnormità dell’ordinanza impugnata.
Rileva il difensore che il giudice del reclamo avrebbe omesso di pronunciarsi sui motivi di reclamo, ritenendo il reato di abuso di ufficio prescritto; l prescrizione, tuttavia, non potrebbe essere dichiarata nella fase delle indagini preliminari, in quanto questo epilogo decisorio non sarebbe contemplato dall’art. 129 cod. proc. pen.
Ad avviso del ricorrente, infatti, solo una volta osservato il canone di completezza delle indagini potrebbe essere chiarita l’ipotesi di reato per la quale si procede e, di conseguenza, potrebbe essere definito il termine di prescrizione del reato.
L’atto impugnato sarebbe, dunque, abnorme, in quanto la valutazione relativa all’ammissibilità formale e sostanziale dell’opposizione avverso la richiesta di archiviazione sarebbe preliminare ad ogni conseguente giudizio e anche alla dichiarazione di prescrizione del reato.
Non essendo stata richiesta la trattazione orale del procedimento, il ricorso è stato trattato con procedura scritta.
Con la requisitoria e le conclusioni scritte depositate in data 16 novembre 2023, il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, nella persona di NOME COGNOME, ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
Con la memoria di replica depositate in data 30 novembre 2023 l’AVV_NOTAIO ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Con unico motivo il ricorrente deduce l’abnormità dell’atto impugnato, in quanto il Tribunale di Perugia avrebbe omesso di pronunciarsi sui motivi di reclamo, dichiarando illegittimamente il reato di abuso di ufficio prescritto prima dell’accertamento della fondatezza dei temi di indagine suppletivi indicati e senza aver previamente ottemperato al canone di completezza delle indagini.
Il motivo è manifestamente infondato. L’art. 410-bis cod. proc. pen., come modificato dalla legge n. 103 del 2017
°-V
(che ha abrogato il previgente comma 6 dell’art. 409 del codice di rito), infatti, nel ridefinire gli esiti decisori del procedimento di archiviazione, consente la presentazione di un reclamo avverso il provvedimento di archiviazione del giudice per le indagini preliminari, ma esclude che contro la decisione sul reclamo sia proponibile il ricorso per cassazione.
Tale mezzo di impugnazione è, dunque, consentito solo per contestare l’abnormità dell’atto impugnato e non anche per dedurne l’illegittimità per uno dei vizi elencati nell’art. 606 cod. proc. pen. (Sez. 6, n. 12244 del 07/03/2019, Fascetto Sivillo, Rv. 275723; Sez. 5, n. 40127 del 09/07/2018, Ferrari, Rv. 273875).
Contrariamente a quanto deduce il ricorrente, tuttavia, il provvedimento impugnato non può essere qualificato come abnorme. Non ricorrono, infatti, nella specie gli estremi strutturali o funzionali dell’at abnorme; secondo l’elaborazione delle Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U, n. 7 del 26/04/1989, COGNOME, Rv. 181303; Sez. U, n. 11 del 09/07/1997, COGNOME, Rv. 208221; Sez. U, n. 17 del 10/12/1997, dep. 1998, COGNOME, Rv. 209603; Sez. Un., 24/11/1999, dep. 2000, COGNOME, Rv 215094; Sez. U, n. 33 del 22/11/2000, COGNOME, Rv. 217244; Sez. U, n. 4 del 31/01/2001, COGNOME, Rv. 217760; Sez. Un., 31/5/2005 n. 22909, COGNOME, Rv. 231163; Sez. U, n. 5307 del 20/12/2007, dep. 2008, P.M. in proc. Battistella, Rv. 238240; Sez. U, n. 25957 del 26/03/2009, P.M. in proc. Toni e altro, Rv. 243590; Sez. U, n. 21243 del 25/03/2010, P.G. in proc. Zedda, Rv. 246910; Sez. U, n. 40984 del 22/03/2018, COGNOME, Rv. 273581) può, infatti, ritenersi abnorme il provvedimento che, per la singolarità e stranezza del suo contenuto, risulti avulso dall’intero ordinamento processuale, ovvero che, pur essendo in astratto manifestazione di legittimo potere, si esplichi al di fuori dei casi consentiti e delle ipotesi previste al di l ogni ragionevole limite; il vizio di abnormità può riguardare sia il profilo strutturale allorché l’atto si ponga al di fuori del sistema organico della legge processuale, sia il profilo funzionale, quando esso, pur non estraneo al sistema normativo, determini la stasi del processo e l’impossibilità di proseguirlo. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Alla luce di tali costanti coordinate interpretative il provvedimento impugnato è riconducibile ad uno schema tipico contemplato dalla legge processuale (e, segnatamente, dall’art. 410-bis cod. proc. pen.) e il suo contenuto non diverge dai limiti che la stessa pone al giudice; men che meno determina, poi, una stasi del procedimento e, dunque, non può essere considerato abnorme, costituendo l’estrinsecazione di un potere discrezionale del giudice che risulta inidoneo a paralizzare lo sviluppo processuale (ex multis Sez. 4, n. 2678 del 30/11/2000, dep. 2001, PM in proc. COGNOME ed altri, Rv. 218480; Sez. 2, n. 47075 del 13/11/2003, COGNOME, Rv. 227086).
Il Tribunale di Perugia, peraltro, non ha violato la legge, ritenendo che la
prescrizione del reato contestato, già perfezionatasi in data 27 aprile 2020, rendesse ultroneo l’esame del merito della vicenda denunciata, in quanto «anche ove si fosse proceduto ad ulteriore attività investigativa, al termine della stessa il giudice non avrebbe potuto che rilevare, di nuovo, la prescrizione».
Anche se in materia di archiviazione non opera il disposto dell’art. 129 cod. proc. pen. (ex plurimis: Sez. 3, n. 818 del 17/11/2015 (dep. 2016), COGNOME, Rv. 266176 – 01; Sez. 4, n. 8805 del 11/02/2009, COGNOME, Rv. 243452 – 01), l’art. 411, comma 1, cod. proc. pen. impone al giudice per le indagini preliminari di disporre l’archiviazione per intervenuta prescrizione del reato per il quale si procede.
La declaratoria della causa di estinzione del reato, del resto, preclude l’esperimento di attività di indagine, rendendo ultronea la possibilità per la parte offesa di indicare l’oggetto della investigazione suppletiva (Sez. 2, n. 39226 del 18/10/2011, COGNOME, Rv. 251120-01), se non siano rappresentati elementi idonei ad escludere la sussistenza dell’evento estintivo del reato (Sez. 2, n. 36817 del 06/07/2017, COGNOME, Rv. 270650 – 01).
Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Il ricorrente deve, pertanto, essere condannato, ai sensi dell’art. 616, comma /I GLYPH 1, cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento.
Non essendo’ g ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza «versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», in virtù delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, deve, altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 5 dicembre 2023.