Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 43386 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 43386 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE TRIBUNALE DI SASSARI nel procedimento a carico di:
NOME nato a SORSO il 22/09/1969
avverso la sentenza del 12/06/2024 del GIUDICE COGNOME PRELIMINARE di SASSARI
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
lette le conclusioni ex art. 611 c.p.p. del PG in persona del Sostituto Proc. gen NOME COGNOME che ha chiesto annullarsi senza rinvio il provvedimento impugnato e trasmettersi gli atti all’Ufficio GUP del Tribunale di Sassari per l’ulteriore corso e quel dell’Avv. NOME COGNOME nell’interesse di NOME NOMECOGNOME che ha chiesto rigettarsi il ricorso del PM.
RITENUTO IN FATTO
Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Sassari ricorre avverso l’ordinanza resa dal GUP del Tribunale di Sassari il 12 giugno 2024 nel procedimento n. 3541/21 RGIP e n. 2272/21 Mod. 21) con la quale, pronunciata sentenza di non luogo a procedere nei confronti di NOME COGNOME per i delitti di cui ai capi K ed I), lo stesso ha disposto lo stralcio delle restanti imputazioni, con contestuale decreto di trasmissione degli atti al Pubblico Ministero ex articolo 33 sexies cod. proc. pen. sulla base del presupposto che, venuto meno il delitto per il quale si procedeva ad udienza preliminare, tali reati sarebbero stati sottoposti al regime della citazione diretta e pertanto andavano restituiti alla fase delle indagini prel minari per il nuovo esercizio dell’azione penale.
Nei confronti di NOME COGNOME si era proceduto in ordine ai seguenti reati: a) contravvenzione di cui agli artt. 64 comma 1 lett, a) e 68 comma 1 lett. b) d.lgs. 81/08, perché, quale datore di lavoro della Comunità alloggio “RAGIONE_SOCIALE” sita in Sennori INDIRIZZO non provvedeva affinché i luoghi di lavoro fossero conformi ai requisiti di cui all’art. 63 comma 1 d. Igs. cit.; commesso in Sennori dal 31 gennaio 2021 al 2 marzo 2021;
contravvenzione di cui agli artt. 64 comma 1 lett. c) e d) e 68 comma 1 lett. b) d.lgs. 81/08, perché, nella qualità di cui al capo a), non provvedeva affin ché i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi venissero sottoposti a regola manutenzione tecnica; commesso in Sennori dal 31 gennaio 2021 al 2 marzo 2021;
contravvenzione di cui agli artt. 64 comma 1 lett, d) e 68 comma 1 !ett. b) d.lgs. 81/08, ‘Perché, nella qualità di cui al capo a), ron provvedeva affinché i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi venissero sottoposti a regolare pulitur onde assicurare condizioni igieniche adeguate; commesso in Sennori dal 31 gennaio 2021 al 2 marzo 2021;
d) contravvenzione di cui agli artt. 18 comma I !ett. a) e 55 comma 5 lett. d) d.lgs. 81/08, perché, nella qualità di cui al capo a), non nominava il medico competente per l’effettuazione della sorveglianza sanitaria; commesso in Sennori dal 31 gennaio 2021 al 2 marzo 21121;
contravvenzione di cui agli artt. 37 comma 1 lett. a) e b) e 55 comma 5 lett. c) d. Igs. 81/08, perché, nella qualità di cui al capo a), non assicurava a lavoratori una formazione sufficiente ed adeguata sul rischio biologico da SARS00V-2; commesso in Sennori dal 31 gennaio 2021 al 2 marzo 2021;
f) contravvenzione di cui agli artt. 271 comma 5 e 282 comma 1 d.lgs. 81/08, perché, nella qualità di cui al capo a), non integrava il documento di cui all’art. 1
d. Igs. cit. con le fasi del procedimento lavorativo cumportanti il rischio di esposizione all’agente biologico SARS-00V-2, con il numero zlei lavoratori addetti alle dette fa con le generalità del responsabile del servizio di protezione e prevenzione d rischi, con i metodi e le procedure lavorative adottate, con le misure preventive protettive applicate, con il programma di emergenza per la protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al SARS-COV-2, agente biologico del gruppo 4 ex art 268 comma I lett. d) ; commesso in Sennori dal 31 gennaio 2021 al 2 marzo 2021;
g) contravvenzione di cui agli artt. 43 comma I lett, e) e 55 comma 5 lett. a) d. Igs. 81/08 perché, nella qualità di cui al capo a), non adottava i provvedimenti necessari affinché i lavoratori, in caso di pericolo per la diffusione del virus SARSCOV-2 all’interno del luogo di lavoro e nell’impossibilità di contattare il datore di lavoro, potessero prendere le misure adeguate per evitare le conseguenze di tale pericolo; commesso in Sennori dal 31 gennaio 2021 al 2 marzo 2021;
h) contravvenzione di cui agli artt. 43 comma I lett, c) e 55 comma 5 lett. a) d. Igs. 81/08, perché, nella qualità di cui al capo a), non informava i lavoratori che potevano essere esposti al pericolo di diffusione del virus SARS-COV-2 all’interno del luogo di lavoro, circa i comportamenti da adottare; commesso in Sennori dal 31 gennaio 2021 ai marzo 2021;
i) contravvenzione di cui agli artt. 18 comma 1 lett. d) e 55 comma 5 lett. d) d. Igs. 81/08, perché, nella qualità di cui al capo a), non forniva ai lavoratori i quantità sufficiente i dispositivi di protezione individuare contro la diffusione de SARS-COV-2 all’interno del luogo di lavoro (tute, cuffie, occhiali, visiere, mascherine filtranti anche in entrata, guanti, sovrascarpe); commesso in Sennori dal 31 gennaio 2021 al 2 marzo 2021;
j) contravvenzione di cui agli artt. 272 comma 2 lett. d) e 282 comma 2 lett. a) d. Igs. 81/08, perché, nella qualità di cui al capo a), non adottava misure collettive e individuali di protezione dal rischio biologico da TARGA_VEICOLO all’interno del luogo di lavoro (rafforzamento dei programmi e dei principi fondamentali di prevenzione e controllo delle infezioni correlate all’assistenza con individuazione del relativo referente, igienizzazione degli ambienti, distanziamento fra gli ospiti, Creazione di un’area d’isolamento dei possibili casi di ospiti infetti, creazione di un’area di vestizione e svestizione dei dispositivi di protezione individuale per i lavoratori, igienizzazione delle derrate di approvvigionamento); commesso in Sennori dal 31 gennaio 2021 al 2 marzo 2021.
Contravvenzioni commesse in Sennori dal 31 gennaio (data di dichiarazione dello stato di emergenza Covid-19) al 2 marzo 21 (data della prescrizione RAGIONE_SOCIALE)
k) delitto di cui agli artt. 40 comma 2 e 589 commi 1, 2 e ultimo, perché, nella qualità di cui al capo a), per colpa, consistita in negligenza, imprudenza e imperizia e inosservanza delle disposizioni di cui ai precedenti capi, cagionava, per la diffusione del virus SARS-CoV-2 all’interno dei luoghi di lavoro, la morte, COGNOME conseguente, degli ospiti COGNOME NOME COGNOME in Sassari il 23 gennaio 2021, COGNOME Pietro in Sassari il 18 gennaio 21 e Soro Maria in Sassari il 23 gennaio 2021;
I) delitto di cui agli artt. 438 commi 1 e 2 e 452 n. i cod. pen., perché, nella qualità di cui al capo a) e con le condotte di cui ai capi che precedono e relative inosservanze, mediante la diffusione del SARS-COV-2 e della COVID-19 fra i lavoratori e ospiti della Comunità alloggio di cui al capo a), cagionava un’epidemia; con l’aggravante della morte di più persone; nei luoghi e tempi di cui ai capi che precedono.
Concorso formale, ex art. 81, comma 1, cod. pen., fra tutti i reati
Con un unico motivo il PM ricorrente censura il provvedimento di cui in epigrafe sotto il profilo dell’abnormità, in assenza di una specifica norma di legge che lo giustifichi.
Lamenta che, nel caso di specie, l’azione penale era stata esercitata correttamente per tutti i reati con la richiesta di rinvio a giudizio e che risulterebbe, dun que, erronea l’ordinanza emessa ai sensi dell’art. 33-sexies cod. proc. pen. giacché comportante un’indebita regressione del procedimento fuori dai casi previsti dalla legge.
Acclarata l’erroneità del provvedimento di restituz,one degli atti al pubblico ministero e l’indebita regressione del procedimento – prosegue il ricorso – il punto nodale della questione, come hanno già osservato le Sezioni Unite, riposa sulla qualificazione di tale ordinanza in termini di abnormità.
Viene ricordato essere consolidato l’insegnamento che l’alternativa decisoria di cui dispone il giudice dell’udienza preliminare si muove tra sentenza di non luogo a procedere e rinvio a giudizio.
Alla luce dell’art. 33-sexies cod. proc. pen. e dell’intero sistema processuale, rispetto al quale la regressione è fatto eccezionaie, si è considerata quindi atipica la regressione del processo (anche, ad esempio, per effetto della riqualificazione del fatto); di conseguenza assumerebbe carattere abnorme l’ordinanza con cui il giudice dell’udienza preliminare, previo stralcio dei capi per i quali la stessa è prevista, restituisca gli atti al pubblico ministero per la citazione diretta a giudizio.
Si tratterebbe, secondo la tesi proposta in ricorso, di un atto che determinerebbe uno sviamento della funzione giurisdizionale per effetto della regressione disposta fuori dei casi previsti e che, nei rapporti tra giudice e pubblico ministero, assume rilievo sia sotto il profilo strutturale, sia sotto il profilo funzionale.
Siffatto provvedimento determinerebbe, dunque, come si legge in ricorso: «l’alterazione dell’ordo processus poiché viola il principio di non regressione (il processo, quale sequenza ordinata di atti, è ontologicamente volto all’obiettivo del raggiungimento della decisione finale), arreca violazione all’efficienza e alla ragionevole durata del processo (art. 111, comma secondo, Cost) e provoca una stasi indebita del processo, posto che lo svolgimento dell’udienza ..preliminare (ove non sia prevista) espande, anziché ridurle, le garanzie difensive, non dando di per sé luogo ad alcuna nullità, salva la deducibilità (con modalità e limiti previsti) al fi di salvaguardare il. modello processuale fissato dalla legge».
Il PG ricorrente chiede, quindi, l’annullamento della ordinanza impugnata, con rinvio al giudice dell’udienza preliminare per la pronuncia dei provvedimenti conseguenti.
Le parti hanno reso le conclusioni scritte ex art. 511 cod. proc. pen. riportate in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il motivo sopra illustrato è manifestamente infondato e, pertanto, il ricorso va dichiarato inammissibile.
Ed invero, ancorché errato da un punto di vista procedurale, il provvedimento impugnato non appare qualificabile come abnorme, in quanto non riconducibile ad alcuna delle due accezioni di tale vizio individuate dalla giurisprudenza di questa Corte a Sezioni Unite (cfr. ex multis Sez. U., n. 25957 del 26/3/2009, Toni, Rv. 243590) riguardante atti emessi dal giudice cui non sia attribuito tale potere o il cui esercizio provochi una stasi nel procedimento.
Com’è noto e come ricordano in motivazione Sez. U, n. 4319 del 28/11/2013, dep. 2014, L., Rv. 257786 – 01, il tipo di patologia sussumibile sub specie di atto abnorme non è specificamente individuata e definita dal codice di rito, anche in forza di una precisa scelta del legislatore desumibile dana “Relazione al progetto preliminare del nuovo codice di procedura penale” in cui si dà atto della rinuncia a prevedere espressamente l’impugnazione dei provvedimenti abnormi, “attesa la rilevante difficoltà di una possibile tipizzazione e la necessità di lasciare sempre alla giurisprudenza di rilevarne l’esistenza e di fissarti& le caratteristiche ai f dell’impugnabilità”.
Tuttavia, la necessità di introdurre tale categoria si correla all’esigenza di assicurare la legalità di ogni sequenza procedimentale e di scongiurare il rischio di anomalie imprevedibilmente insorte e non riconducibili ad altra specie di patologia,
tali nondimeno da alterare lo sviluppo del procedimento e da arrecare pregiudizio alle prerogative riconosciute alle parti. Di qui l’ammissibilità, in deroga al principi della tipicità dei mezzi di impugnazione, del ricorso per cassazione, al fine di eliminare quegli atti ove il vizio non sia riconducibile alle categorie della nullità dell’inutilizzabilità e non sia previsto altro mezzo di impugnazione.
In assenza di definizione normativa, è stata dunque la giurisprudenza a delineare e successivamente affinare i confini del concetto di atto abnorme suscettibile di autonoma impugnazione.
Come più volte precisato nella giurisprudenza di questa Corte, è affetto da abnormità il provvedimento che, per la singolarità e stranezza del contenuto, risulti avulso dall’intero ordinamento processuale oppure quello che, pur essendo in astratto espressione di un legittimo potere, si esplichi al di fuori dei casi consentit o delle ipotesi previste, al di là di ogni ragionevole lin -iite.
A tal proposito, si è specificato, in numerose decisioni, che l’abnormità dell’atto può riguardare tanto il profilo strutturale – quando l’atto si pone al di fuo del sistema normativo – quanto profilo funzionale – quando esso, pur non ponendosi al di fuori del sistema, determini la stesi del processo e l’impossibilità di proseguirlo (cfr. ex multis, Sez. U. n. 17 del 10/12/1997 dep. 1998, COGNOME, Rv. 209603, Sez. U. n. 26 del 24/11/1999 dep. 2000, COGNOME, Rv. 215094; Sez. 6, n. 1417 del 22/3/2000, COGNOME, Rv. 217317; Sez. 5, n. :3686 del 23/6/2000, NOME COGNOME Rv. 216700; Sez. 2, n. 27716 del 5/6/2003, COGNOME, Rv. 225857; Sez. 4, n. 16144 del 3/3/2011, COGNOME, Rv. 249972; Sez. 4, n. 10744 del 6/12/2011 dep. il 2012, Rv. 252657; Sez. 2, n. 29382 del 16/5/2014, COGNOME, Rv. 259830). E le Sezioni Unite di questa Corte di legittimità hanno anche precisato che, alla luce del principio costituzionale della ragionevole durata del processo, è configurabile il vizio dell’abnormità in ogni fattispecie di indebita regressione del procedi mento in grado di alterarne l’ordinata sequenza logico-cronologica (Sez. U. n. 5307 del 20/12/2007 dep. 2008, COGNOME, Rv. 238240).
Non basta, conseguentemente, che un provvedimento sia illegittimo, per potere essere impugnato per cassazione in nome della categoria dell’abnormità (cfr. Sez. U. n. 33 del 22/11/2000, COGNOME, Rv. 217244).
La giurisprudenza di questa Corte di legittimità, si è trovata in molti casi a dover giudicare, nell’ambito dei rapporti tra GIP e PM, nel solco dei dicta di Sez. U. n. 17 del 10/12/1997, COGNOME, Rv. 209603 e di Sez. U., n. 26 del 24/11/1999, COGNOME, Rv. 215094, di atti che costituivano met -Q violazione di norme processuali, ma non assurgevano al rango dell’abnormità perché espressione di un potere riconosciuto al giudice che li aveva emessi e improduttivi di una stasi processuale. È stato così, ad esempio, per il caso di richiesta di decreto penale
di condanna e di applicazione dell’art. 459 cod. proc. pen., in cui è stato riaffermato, nel solco di S.U. n. 20569 del 18/1/2018, Ksouri, Rv. 272715, il potere del GIP di restituire gli atti al PM., quando ritiene di non accogliere la richiesta, ai sens dell’art. 459 co. 1, cod. proc. pen., senza che ciò configuri un atto abnorme (cfr. Sez. 6 n. 33472/2018; Sez. 4 n. 29349/2018; Sez. 3, n. 22458/2018).
Sempre le Sezioni Unite hanno, invece, chiarito che è abnorme il provvedimento del giudice per le indagini preliminari (e quindi, mutatis mutandis, quello del giudice di pace ex art. 17 d.lgs 274/00), nella parte in cui, oltre a ordinare a pubblico ministero l’iscrizione nel registro delle notizie di reato di una persona non sottoposta ad indagini, disponga nei confronti di quest’ultima la formulazione dell’imputazione coatta. È evidente, infatti, che siffatto provvedimento costituisce un’indebita ingerenza del giudice nei poteri dell’organo inquirente, non solo di indagare, a tutto campo, nei confronti della persona non contemplata nella richiesta di archiviazione, ma soprattutto di adottare autonome determinazioni all’esito delle indagini espletate. L’ordine di imputazione coatta nei confronti di un soggetto non sottoposto a i d indagini determina inoltre una lesione dei diritti di difesa dello stesso, non essendo la persona rimasta estranea alle indagini destinataria dell’avviso ex art. 409 cod. proc. pen. e non avendo partecipato all’udienza camerale, con la conseguente discovery delle risultanze delle indagini (così Sez. U., n. 4319 del 28/11/2013 dep. 2014, L. e altro Rv. 257786 che hanno precisato che, nelle suddette ipotesi, il giudice per le indagini preliminari deve limitarsi ad ordinare le relative iscrizioni nel registro di cui all’art. 335 cod. proc. pen; conf. Sez. 4, 1217 del 10/10/2018 dep. 2019, Manna, Rv. 274907). Il provvedimento in questione non presenta, infatti, mero carattere d’impulso rispetto all’inerzia del pubblico ministero, bensì vera e propria natura sostitutiva, risultando, per il suo contenuto, del tutto estraneo allo schema legale dei provvedimenti del giudice della fase (cfr. Sez. 4, n. 23100 del 18/4/2008, Villa, RV. 240504; conf. Sez. 5, n. 6225 del 18/11/2010, dep. 2011, Confl. comp. in proc. ignoti, Rv. 249294) Corte di Cassazione – copia non ufficiale
4. Il PM sardo, come detto in premessa, deduce che l’azione penale era stata esercitata correttamente per tutti i reati con la richiesta di rinvio a giudizio, p cui il provvedimento impugnato, con il conseguente corollario di indebita regressione del procedimento fuori dai casi previsti dalla legge, sarebbe stato adottato in violazione di norme processuali. E da ciò fa discendere l’abnormità dello stesso sotto entrambi i profili delineati dalla giurisprudenza, in ragione dello sviamento della funzione giurisdizionale che ne sarebbe conseguito per effetto della regressione disposta fuori dai casi previsti, sviamento che, secondo il ricorrente, nei rapporti tra giudice e pubblico ministero assumerebbe rilievo sia sotto il profilo
strutturale che sotto il profilo funzionale e provocherebbe un’indebita stasi nel processo.
Orbene, il provvedimento reso dal GUP sardo non rispetta la sequenza procedimentale prevista dal codice di rito per come pacificamente interpretata dalla giurisprudenza di legittimità.
Per costante giurisprudenza di questa Corte, infatti, il modulo procedurale previsto all’art. 33 sexies c.p.p. deve essere riferito ai casi in cui il vizio n modalità dell’esercizio dell’azione è desumibile dalla stessa formulazione dell’imputazione; ha riguardo, cioè, ai fatti reato così come dal pubblico ministero non già a quelli, eventualmente ridotti o diversi, ritenuti dal giudice all’esi dell’esame nel merito della richiesta di rinvio a giudizio e degli atti sui quali essa si fonda. (vedi, Sez. 5, n. 31975 del 10/07/2008, COGNOME, Rv. 241162, richiamate a pag. 14 della propria motivazione da Sez. U, n. 48590 del 18/04/2019, COGNOME, Rv. 277304 – 02). La previsione di termini preclusivi richiede infatti necessariamente la preesistenza, e quindi la conoscibilità per le parti, del presupposto per l’esercizio della facoltà, sicché il regime dell’eccezione di parte di cui all’art. -quinquies cod. proc. pen. e la relativa decadenza devono necessariamente riferirsi all’imputazione originaria così come formulata dal pubblico ministero e non si applicano alla diversa ipotesi del mutamento dell’imputazione per effetto di una sopravvenuta diversa valutazione da parte del giudice dell’udienza preliminare.
Sez. U, n. 48590 del 18/04/2019, COGNOME, Rv. 277304 – 02 hanno chiarito che, in tema di riparto tra giudice monocratico e collegiale, il giudice dell’udienza preliminare che, all’esito di tale fase, pronunci sentenza di ion luogo a procedere in ordine al reato determinante la cognizione collegiale, deve disporre il rinvio a giudizio dinanzi al tribunale in composizione monocratica e non la restituzione degli atti al pubblico ministero. (In motivazione, la Corte ha precisato che la restituzione degli atti al pubblico ministero, ai sensi dell’art.33-sexies cod. proc. pen., è necessaria nei soli casi in cui, già in relazione all’originaria imputazione, fosse previs l’esercizio dell’azione penale mediante citazione diretta).
Il caso che era venuto all’esame di S.U. COGNOME, adite per risolvere l’insorto conflitto di competenza tra il tribunale in composizione monocratica e quello collegiale, era speculare rispetto a quello che ci occupa, ma opposta era stata la scelta del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale Genova, che, dopo aver pronunciato sentenza di non luogo a procedere per il reato di cui all’art. 323 cod. pen. contestato all’imputato, pur ritenendo che tale pronuncia avesse determinato il venir meno della cognizione del tribunale in composizione collegiale e che residuavano solo reati per i quali, in assenza di connessione, si sarebbe dovuto procedere con citazione diretta, aveva egli stesso ordinato il rinvio a giudizio per i
residui capi di imputazione dinanzi al Tribunale di Genova in composizione monocratica.
S.U. COGNOME riassumevano la questione rimessa al loro esame nei seguenti termini : “Se gli effetti della connessione sull’attribuzione monocratica o collegiale si determinano al momento dell’esercizio dell’azione penale ovvero del rinvio a giudizio da parte del giudice dell’udienza preliminare e se, a seguito di tale udienza, qualora venga meno la connessione per effetto della pronuncia di sentenza di proscioglimento, il giudice possa disporre il rinvio a giudizio davanti al tribunale in composizione monocratica anche nel caso in cui residuino solo reati per i quali è previsto il decreto di citazione diretta a giudizio ovvero debba restituire gli atti pubblico ministero”.
Il primo aspetto del problema atteneva, dunque, alla determinazione del momento nel quale gli effetti della connessione sulla composizione collegiale o monocratica del tribunale assumono carattere definitivo e irreversibile. Il secondo, eventualmente consequenziale, profilo della questione – che è quello che influisce sulla presente decisione- riguardava l’individuazione del provvedimento che il giudice dell’udienza preliminare deve adottare allorché, all’esito di tale udienza, la connessione prefigurata nella richiesta di rinvio a giudizio del pubblico ministero venga meno per effetto della pronuncia di sentenza di proscioglimento e residuino solo reati per i quali è previsto il decreto di citazione diretta a giudizio.
Come si legge al §4, pag. 12, di S.U. COGNOME occorreva «stabilire, cioè, se, venuta meno la connessione per effetto della pronuncia di sentenza di proscioglimento, il giudice dell’udienza preliminare possa disporre I rinvio a giudizio davanti al tribunale in composizione monocratica anche nel caso in cui residuino solo reati per i quali è previsto il decreto di citazione diretta a giudizio, ovvero debba restituire gli atti al pubblico ministero».
Si legge ancora in quella pronuncia del 2019: «Le fattispecie in concreto ipotizzabili si distinguono, infatti, a seconda che, per i reati attribuiti al giudice nocratico, sia o meno prevista l’udienza preliminare. Nella prima eventualità, il venir meno del reato che determinava l’attribuzione al :ollegio non incide sul regime della fase precedente al giudizio, poiché il residuale reato di competenza del giudice monocratico richiede anch’esso la celebrazione dell’udienza preliminare. La modifica del thema decidendum che il giudice dell’udienza preliminare determina per effetto della sentenza di non luogo a procedere ripristina dunque l’attribuzione monocratica prevista per Lreati residui, ma lascia inalterata la necessità dell’udienza preliminare. Diversa è la fattispecie, oggetto dell’ordinanza di rimessione, che si verifica ove per i residui reati attribuiti el giudice monocratico s prevista la citazione diretta a giudizio. In tal caso, il giudice dell’udienza prelim nare, una volta determinato il venir meno della cognizione collegiale, potrebbe
disporre la restituzione degli atti al pubblico ministero al fine di consentirgli esercitare l’azione mediante la citazione diretta a giudizio. Si tratta di una soluzione che, se da un lato riconduce il procedimento nell’iter che avrebbe dovuto assumere fin dal principio, al contempo determina la sua regressione dalla fase dell’udienza preliminare a quella delle indagini preliminari per consentire al pubblico ministero il nuovo esercizio dell’azione nelle forme corrette della citazione diretta a giudizio. In alternativa, il giudice per l’udienza preliminare che abbia pronunciato sentenza di non luogo a procedere per il reato attribuito al collegio, potrebbe direttamente disporre il rinvio a giudizio dinanzi al giudice monocratico per le residue imputazioni, ivi comprese quelle per le quali sarebbe stata sufficiente la citazione diretta a giudizio. Verrebbe in tal modo evitata la regressione del procedimento, in ossequio ai principi di economia processuale e di ragionevole durata del giudizio, determinandosi in tal modo l’immediato passaggio del procedimento alla fase del dibattimento».
Ebbene, nel rispondere al quesito, S.U. COGNOME, a pag. 13, danno conto di ritenere che; «Il rispetto delle forme previste per l’esercizio dell’azione penale, peraltro, non è un valore di per sé assoluto. Il rito che contempla l’udienza preliminare rappresenta infatti un’alternativa procedimentale maggiormente garantita per l’imputato, sicché l’eventuale passaggio per l’udienza preliminare, anche ove essa non fosse stata necessaria, non determina alcuna nullità. La Corte costituzionale chiamata a pronunciarsi sulla questione di costituzionalità dell’art. 33-sexies cod. proc. pen., prospettata con riferimento agli artt. 2, 34 e 111 Cost. relativamente alla mancata previsione della restituzione in termini dell’imputato per la richiesta di riti alternativi nel caso in cui il giudice dell’udienza preliminare abbia erronea mente disposto il rinvio a giudizio, anziché ordinare la restituzione degli atti al pubblico ministero affinché procedesse con citazione diretta – ha escluso il dubbio di costituzionalità osservando che il rito con udienza preliminare offre, nel suo complesso, maggiori garanzie all’imputato rispetto al rito con citazione diretta, sicché deve escludersi che l’adozione della sequenza processuale non richiesta per il titolo di reato, ma comunque più garantita, possa comportare la violazione dei diritti della difesa (Corte cost., ord. n.183 del 2003)».
La risposta al quesito loro posto, perciò, fu che: «Gli effetti della connessione sull’attribuzione monocratica o collegiale si determinano al momento del rinvio a giudizio e, qualora venga meno la connessione per effetto di pronuncia di sentenza di proscioglimento e residuino solo reati per i quali è previsto il decreto di citazione a giudizio, il giudice dell’udienza preliminare deve disporre il rinvio a giudizio di nanzi al tribunale in composizione monocratica».
Ebbene, nel solco dei principi affermati da quella sentenza, è allora pacifico che nel caso che ci occupa il GUP di Sassari, pronunciata sentenza di non luogo a
procedere nei confronti di NOME per i delitti di cui ai capi k) ed I), avrebbe dovuto pronunciare egli stesso sulle contravvenzioni di cui ai capi a), b), c), d), e), f), g), h), i) e j) anche se si tratta reati per cui pacificamente, in asse di connessione, si procede con citazione diretta a giudizio. E, in presenza delle condizioni per farlo, disporre il rinvio a giudizio dinanzi al tribunale Oin composizione monocratica.
5. Residua, tuttavia, la necessità di verificare se il provvedimento con cui il GUP di Sassari ha restituito gli atti al PM, ancorché violativo del codice di rito, possa o meno qualificarsi come abnorme, atteso che non essendo previsto uno specifico mezzo di impugnazione, l’ammissibilità del ricorso proposto dal pubblico ministero risulta strettamente correlata alla configurabilità del profilo di abnormità dedotto, solo in tale prospettiva potendosi addivenire in questa sede alla rimozione del provvedimento impugnato.
La risposta, ad avviso del Collegio, è negativa.
Quanto all’ipotesi di abnormità strutturale, la citata sentenza Toni delle Sezioni Unite del 2009, ha chiarito, proprio in relazione ai rapporti tra giudice e pubblico ministero, che la stessa deve limitarsi al caso di esercizio da parte del giudice di un potere non attribuitogli dall’ordinamento processuale (carenza di potere in astratto) ovvero di deviazione del provvedimento giudiziale rispetto allo scopo di modello legale nel senso di esercizio di un potere previsto dall’ordinamento, ma in una situazione processuale radicalmente diversa da quella configurata dalla legge e cioè completamente al di fuori dei casi consentiti, perché al di là di ogni ragionevole limite (carenza di potere in concreto).
Ed appare allora da subito evidente che, nel caso che ci occupa, non si può essere di fronte ad un siffatto tipo di atto abnorme, avendo il GUP, con la restituzione degli atti al PM, esercitato un potere attribuitogli dall’ordinamento.
Resta da valutare la possibile abnormità funzionale, che, invece, è riscontrabile – lo ricordano ancora le citate S.U. Toni del 2009 – nel caso di stasi del processo e di impossibilità di proseguirlo, da limitarsi all’ipotesi in cui il provved mento giudiziario imponga al pubblico ministero un adempimento che concretizzi un atto nullo rilevabile nel corso futuro del procedimento o del processo (trattandosi negli altri casi di un regresso “consentito”). Solo in siffatta ipotesi il pubbli ministero può ricorrere per cassazione lamentando che il conformarsi al provvedimento giudiziario minerebbe la regolarità del processo; negli altri casi egli è tenuto ad osservare i provvedimenti emessi dal giudice.
Il PM ricorrente evoca nel proprio atto di impugnazione, senza meglio specificarla, una pronuncia delle Sezioni Unite rirerendosi, evdentemente, a Sez. U, n. 37502 del 28/04/2022, COGNOME Rv. 283552 – 01 secondo le quali è abnorme, e
quindi ricorribile per cassazione, l’ordinanza del giudice dell’udienza preliminare che, investito di richiesta di rinvio a giudizio, disponga ai sensi dell’art. 33 sexie cod. proc. pen., la restituzione degli atti al pubblico ministero sull’erroneo presupposto che debba procedersi con citazione diretta a giudizio, trattandosi di atto che impone al pubblico ministero di compiere una attività processuale contra legem ed in violazione dei diritti difensivi, successivamente eccepibile ed è idoneo, pertanto, a determinare una indebita regressione, nonché la stasi del procedimento».
Il richiamo a tale pronuncia, tuttavia, non pare attagliarsi al caso in esame.
Ed invero, la sentenza n. 37502/2022 ha ritenuto “abnorme” il provvedimento di restituzione degli atti al PM ex art. 33 sexies cod. proc. pen.. in un caso nel quale il GUP aveva erroneamente assunto la decisione rispetto a un reato (dichiarazione infedele ex art. 4 d.lgs. 74/2000) per cui era necessaria la celebrazione dell’udienza preliminare.
Presupposto del giudizio di abnormità era stato, dunque, che la regressione era stata disposta per un reato che, invece, necessitava del vaglio dell’udienza preliminare.
In tal caso, il provvedimento è stato condivisibilmente ritenuto abnorme, perché la regressione cagionava una stasi irreversibile del procedimento, per essere il pubblico ministero posto nella inestricabile condizione di ottemperare all’ordine del giudice compiendo un atto nullo, vale a dire la citazione diretta a giudizio con pretermissione dell’udienza preliminare (cfr., Sez. 1, n. 30062 del 29/09/2020, Bianco, Rv. 279729 – 01).
S.U. COGNOME e l’orientamento giurisprudenziale da quelle fatto proprio (cfr. ex multis Sez. 2, n. 28304 del 25/06/2021, COGNOME, Rv. 281802 – 01; Sez. 1 n. 30062 del 29/09/2020, COGNOME, Rv. 279729 – 01 Sez. 3, n. 18297 del 04/03/2020 Castigliola Rv. 279238 – 01) hanno condiviso tale orientamento ritenendo che il provvedimento di restituzione degli atti al P.m. sia abnorme quando determina una stasi «derivante non dal mero fatto della regressione in sé, quanto dall’imposizione al pubblico ministero di un adempimento contra legem, che dà luogo ad un atto affetto da nullità, rilevabile nel corso del giudizio».
Ebbene, risulta evidente che, in specie, le condizioni perché il provvedimento del GIP sassarese oggi impugnato possa essere ritenuto abnorme, non sono soddisfatte.
Le contravvenzioni di cui ai capi a), b), c), d), e), f), g), h), i) e j) della ri sta di rinvio a giudizio sono reati per cui pacificamente si procede con citazione diretta a giudizio (neppure il ricorso afferma il contrario).
Pertanto, il provvedimento di regressione, seppur non corretto da un punto di vista procedurale, non determina alcuna stasi del procedimento, ben potendo (e
anzi dovendo) il PM esercitare l’azione penale per i residui reati in contestazione alla Tanca nelle forme previste (ex art. 550 cod. proc. pan.).
Va pertanto affermato il seguente principio di diritto: “Qualora in sede di udienza preliminare venga meno la connessione per effetto della pronuncia di una sentenza di proscioglimento per i reati che avevano giustificato la celebrazione di tale udienza, di competenza del tribunale collegiale, e residuino solo reati per i quali è previsto il decreto di citazione diretta a giudizio, il giudice deve egli stess disporre il rinvio a giudizio dinanzi al tribunale in composizione monocratica. Tuttavia, qualora disponga erroneamente la restituzione degli atti al pubblico ministero perché provveda alla citazione diretta, l’ordinanza in questione non è abnorme né sotto il profilo strutturale, in quanto si tratta di atto con cui il giudice esercitato un potere attribuitogli dall’ordinamento, né sotto quello funzionale, in quanto non si determina alcuna stasi processuale, ben potendo adempiere il pubblico ministero a quanto richiestogli senza dar luogo ad alcuna nullità”.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso Così deciso il 29/10/2024