Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 14585 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 14585 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nata a CALITRI il 28/11/1963 avverso il provvedimento del 05/12/2022 della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Asti Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; Lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1. E’ impugnato il decreto di dissequestro emesso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Asti, in data 05/12/2022, nell’ambito del procedimento penale n. 1561/2022 pendente dinanzi il Tribunale di Asti nei confronti di COGNOME NOME per i reati di cui agli artt. 110,476,479 e 640 bis cod.pen., legati all’accusa di formazione di atti falsi della pubblica amministrazione.
2.Avverso il provvedimento ha proposto ricorso COGNOME NOME, per il tramite del suo difensore, denunciando violazione di legge sostanziale e di norma processuale. Deduce che, nell’ambito del procedimento penale suindicato, soltanto a seguito di ordinanza del Tribunale che disponeva l’acquisizione materiale agli atti del fascicolo per il dibattimento dei documenti in sequestro, ha appreso che detta documentazione è stata restituita, in data 5 gennaio 2023, in forza di un provvedimento di dissequestro del pubblico ministero, depositato soltanto in data 10/10/2024, su disposizione del Tribunale. Si duole dell’abnormità strutturale del provvedimento in questione (che avrebbe determinato una interruzione della “catena di conservazione degli atti”), essendo stato emesso dopo il rinvio a giudizio ( avvenuto il 23 maggio 2022) quando il pubblico ministero aveva perduto il potere di dissequestrare.
Sotto altro profilo deduce “l’inesistenza processuale” del provvedimento impugnato in quanto: il provvedimento impugnato non reca alcun timbro indicante la data di protocollo; non risulta depositato presso la segreteria nè inserito nel fascicolo del pubblico ministero.
3.11 Sostituto Procuratore generale ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
Considerato in diritto
Il ricorso è inammissibile.
1. La natura processuale dei vizi denunciati consente alla Corte l’accesso agli atti del procedimento dai quali si evince che: in data 11 febbraio 2021, il Nucleo di Polizia economico-finanziaria di Cuneo, su decreto della Procura di Asti, ha disposto il sequestro di documentazione rinvenuta presso il Comune di Santo Stefano Roero, in quanto pertinente alle indagini in quel momento in corso; successivamente, in data 23 maggio 2022, il G.I.P. presso il Tribunale di Asti ha rinviato a giudizio la ricorrente, insieme ad altri indagati, con esplicit indicazione delle “fonti di prova”, senza annoverare il decreto di perquisizione e sequestro sopra indicato; è stata fissata la data del 7 dicembre 2022 per la celebrazione della prima udienza; in data 6 dicembre 2022, il pubblico ministero, su sollecitazione della stessa p.g., ha disposto la restituzione della documentazione sottoposta precedentemente a vincolo e a tale provvedimento risulta data esecuzione in data 5 gennaio 2023; nel corso del giudizio di primo grado il Tribunale, all’udienza del 17 luglio 2024, in accoglimento dell’eccezione difensiva inerente la mancanza in atti dei documenti originali inerenti all’ipotesi di falso contestata, e tenuto conto della possibile non corrispondenza delle copie analogiche e digitali prodotte ai suddetti originali, ha disposto
«l’acquisizione in originale e in formato cartaceo dei documenti già prodotti dal P.M., nonché, in ogni caso, di tutti quelli oggetto di sequestro e/o esibizione e acquisizione nel corso delle indagini preliminari»; alla successiva udienza del 9 ottobre 2024, la difesa, avuta cognizione del provvedimento di restituzione emesso dal pubblico ministero, ha rilevato di non averne avuto precedente comunicazione ed eccepito l’abnormità dell’atto; il Tribunale, pur rilevando che il dissequestro, avvenuto in data 5.1.2023 avrebbe dovuto essere disposto dallo stesso Collegio, stante la sua esclusiva competenza funzionale “a partire dal 3.11.2022, data di trasmissione del fascicolo all’Ufficio del Dibattimento dopo il rinvio a giudizio”, ha, tuttavia, considerato che tale violazione non avrebbe potuto avere alcuna conseguenza in termini di inutilizzabilità probatoria dei documenti comunque acquisiti ( anche in virtù del suo stesso successivo provvedimento), escludendo un possibile vulnus per la difesa in quanto aveva avuto, a sua disposizione, gli atti fin dalla data della notifica dell’avviso conclusione delle indagini preliminari ( in data 02/12/2021); nel corso della medesima udienza, il Tribunale ha, altresì, disposto l’acquisizione al fascicolo per il dibattimento del provvedimento di dissequestro e della successiva annotazione del 5 gennaio 2023, considerando, altresì, che «le conseguenze di eventuali violazioni della catena di custodia dei documenti acquisiti successivamente all’ordinanza del 17.7.2024» avrebbero potuto essere «valutate unitamente al merito».
2.La questione (implicitamente) sottesa al motivo di ricorso è quella della individuazione del giudice competente a decidere sull’istanza di restituzione del bene sottoposto a sequestro probatorio quando sia già stato emesso il decreto di citazione a giudizio. L’art. 263 cod.proc.pen. -nel disciplinare il procedimento per la restituzione delle cose sottoposte a sequestro probatorio stabilisce che, nel corso delle indagini preliminari, competente a decidere sulla richiesta di restituzione dei beni sottoposti a sequestro è il Pubblico ministero, che provvede con decreto motivato; contro il decreto è ammessa opposizione al giudice che procede (quindi al Giudice per le indagini preliminari), il quale decide col rito camerale a norma dell’art. 127 cod. proc. pen. (commi 4 e 5). Nella fase del giudizio, la competenza a decidere spetta al giudice che procede, il quale provvede con ordinanza, se non c’è dubbio sulla proprietà delle cose sequestrate (commi 1, 2 e 3). Dopo la sentenza non più soggetta a impugnazione, competente a decidere è il giudice dell’esecuzione (comma 6): questi, ai sensi dell’art. 676 del codice di rito, procede a norma dell’art. 666, comma 4, dello stesso codice, e cioè provvede de plano con ordinanza, contro cui l’interessato e il difensore possono proporre opposizione davanti allo stesso giudice.
Sulla base di tale norma GLYPH l’individuazione del giudice competente a decidere sulle istanze di restituzione deve essere effettuata in relazione allo sviluppo del rapporto processuale e all’articolazione di esso nelle varie fasi e nei vari gradi, nel senso che l’attribuzione della competenza funzionale, in ordine ai relativi procedimenti, dipende dalla disponibilità materiale e giuridica degli atti e viene meno solo con la loro trasmissione ad altro giudice, alla stregua di quanto previsto in caso di misure cautelari personali o reali (Sez. 3, n. 36532 del 12/05/2015,Rv. 264731 – 01; Sez. 3, n. 47684 del 17/09/2014,Rv. 261241 01; Sez. U, n. 6 24/03/1995 , Rv. 200821 – 01)
Il passaggio del fascicolo dall’ufficio del G.U.P. a quello del giudice del dibattimento, per quel che rileva, costituisce lo “spartiacque fra le due fasi del processo di primo grado”, ossia tra quella delle indagini preliminari e quella del giudizio: l’attribuzione della competenza funzionale in ordine al relativi procedimenti incidentali è legata alla disponibilità giuridica del procedimento, i cui limiti cronologici coincidono, da un canto, con l’acquisizione della disponibilità materiale del fascicolo attraverso la ricezione degli atti e, dall’altro, con spedizione degli stessi al giudice dell’impugnazione.
2.1.L’individuazione GLYPH della GLYPH sequenza GLYPH procedimentale GLYPH prevista GLYPH dal legislatore e la distribuzione della competenza a decidere fra le diversa autorità in relazione allo sviluppo del procedimento, porta a ritenere che, nel caso in esame, vi sia stata una violazione delle regole sulla competenza a provvedere sull’istanza di dissequestro (in materia di sequestro probatorio), avendo il pubblico ministero autonomamente provveduto dopo l’esercizio dell’azione penale, quando era già stato emesso il decreto di citazione a giudizio, ed era, peraltro, già avvenuta la trasmissione degli atti al Tribunale, effettuata in data 3 novembre 2022.
2.2. Relativamente alla ulteriore questione prospettata dalla difesa, costituente il cuore della doglianza posta fondamento del ricorso, deve, tuttavia, escludersi che l’atto impugnato sia annoverabile fra gli atti abnormi.
La categoria dogmatica dell’abnormità, di creazione giurisprudenziale e consolidatasi sul diverso terreno dei rapporti fra giudice delle indagini preliminari e pubblico ministero, è nata per l’esigenza di porre rimedio a comportamenti procedimentali dell’organo giudicante, da cui derivino atti non altrimenti impugnabili, ma espressivi, in concreto, di uno sviamento della funzione giurisdizionale, non più rispondente al modello previsto dalla legge. Sull’elaborazione del tema le Sezioni Unite sono intervenute a più riprese e una completa summa delle conclusioni adottate si rinviene nella recente sentenza COGNOME delle Sezioni Unite (Sez. U, n. 10728 del 16/12/2021, dep. 2022, Rv. 2828079, che richiama Sez. U, n. 40984 del 22/03/2018, COGNOME, Rv. 273581;
Sez. U, n. 20569 del 18/01/2018, COGNOME, Rv. 272715; Sez. U, n. 21243 del 25/03/2010, COGNOME, Rv. 246910; Sez. U, n. 25957 del 26/03/2009, Toni, Rv. 243590; Sez. U, n. 5307 del 20/12/2007, dep. 2008, COGNOME, Rv. 238240-01; Sez. U, n. 22909 del 31/05/2005, COGNOME, Rv. 231163-01; Sez. U, n. 19289 del 25/02/2004, COGNOME, Rv. 227356; Sez. U, n. 28807 del 29/05/2002, Manca, Rv. 221999; Sez. U, n. 34536 del 11/07/2001, COGNOME, Rv. 219598; Sez. U, n. 4 del 31/01/2001, COGNOME, Rv. 217760; Sez. U, n. 33 del 22/11/2000, COGNOME, Rv. 217244; Sez. U, n. 26 del 24/11/1999, COGNOME, Rv. 215094; Sez. U, n. 17 del 10/12/1997, dep. 1998, COGNOME, Rv. 209603; Sez. U, n. 11 del 09/07/1997, COGNOME, Rv. 208221).
La nozione era stata precisata, inoltre, anche da precedente sentenza delle Sezioni unite ( Sez. U, n. 25957 del 2009, Toni), secondo cui l’abnormità, più che rappresentare un vizio dell’atto in sé, da cui scaturiscono determinate patologie sul piano della dinamica processuale, integra – sempre e comunque uno «sviamento della funzione giurisdizionale», la quale non risponde più al modello previsto dalla legge, ma si colloca al di là del perimetro entro il quale è riconosciuta dall’ordinamento. In questa prospettiva è stato affermato che « (…)abnormità strutturale e funzionale si saldano all’interno di un “fenomeno” unitario. Se all’autorità giudiziaria può riconoscersi l'”attribuzione” circ l’adottabilità di un determinato provvedimento, i relativi, eventuali vizi saranno solo quelli previsti dalla legge, a prescindere dal fatto che da essi derivino effetti regressivi del processo. Ove, invece, sia proprio l’attribuzione’ a far difetto – e con essa, quindi, il legittimo esercizio della funzione giurisdizionale – la conseguenza non potrà essere altra che quella dell’abnormità, cui consegue l’esigenza di rimozione» (Sez. U, n. 25957 del 26/03/2009, Rv. 243590 – 01).
Anche successivamente le Sezioni Unite hanno dato seguito a tale linea interpretativa, sottolineando il carattere di eccezionalità della categoria dell’abnormità e la sua funzione derogatoria rispetto al principio di tassatività dei mezzi d’impugnazione, sancito dall’art. 568 cod. proc. pen., «riferibile alle sole situazioni in cui l’ordinamento non appresti altri rimedi idonei per rimuovere il provvedimento giudiziale, che sia frutto di sviamento di potere e fonte di un pregiudizio altrimenti insanabile per le situazioni soggettive delle parti» (Sez. U, n. 20569 del 18/01/2018, COGNOME, Rv. 272715).
Secondo tale orientamento, pertanto, non può ritenersi abnorme l’atto semplicemente erroneo( in quanto frutto di valutazioni in fatto e in diritto non condivisibili) quando la decisione sottostante risulti espressione di un potere conferito all’organo giudicante dalla legge, se non nel caso in cui la copertura del modello legale risulti solo apparente.
Con specifico riferimento, inoltre, ai provvedimenti del pubblico ministero, in quanto atti di parte, è stato affermato che gli stessi non hanno natura giurisdizionale e, come tali, non sono impugnabili per abnormità se non nei casi in cui abbiano comportato una invasione dei poteri spettanti al giudice, così da sostituirsi illegittimamente alle prerogative di quest’ultimo (Sez. 6, Sentenza n. 39442 del 14/07/2017, COGNOME, Rv. 271195 – 01; Sez. 6, Sentenza n. 1666 del 06/04/2000 , COGNOME, Rv. 220539 – 01).
2.3. Sulla scorta delle superiori indicazioni ermeneutiche, nella fattispecie in esame, non può che essere negativa la risposta al quesito veicolato dalla difesa, ovvero se il provvedimento impugnato possa essere considerato, secondo la prospettazione difensiva, abnorme strutturalmente in quanto il pubblico ministero avrebbe esercitato «un potere non attribuitogli dall’ordinamento processuale (carenza di potere in astratto)», dovendo, invero, considerarsi che il pubblico ministero ha esercitato un potere sicuramente conferitogli dalla legge, sia pure al di là dei limiti temporali consentitigli.
Inoltre, non è neppure configurabile un’abnormità funzionale dell’atto, potendo gli effetti della determinazione assunta dal pubblico ministero ricadere eventualmente solo sulla valutazione e definizione della rilevanza probatoria dei documenti acquisiti nel giudizio in corso di svolgimento, rispetto alla quale le prerogative della difesa possono essere garantite in altro modo, come ben evidenziato dallo stesso Tribunale, con ordinanza resa all’udienza del 9 ottobre 2024. Nessuna “stasi del procedimento” risulta essersi configurata, peraltro, avendo il Tribunale disposto, su eccezione della difesa, una nuova acquisizione in originale dei documenti già oggetto di sequestro, e di restituzione.
2.4. Sotto altro profilo, deve considerarsi che « in tema di impugnazioni, il riconoscimento del diritto al gravame è subordinato alla presenza di un interesse immediato, concreto ed attuale a rimuovere una situazione di svantaggio processuale derivante da una decisione giudiziale di cui si contesta la correttezza e a conseguire un’utilità, ossia una decisione dalla quale derivi per il ricorrente un risultato più vantaggioso» (Sez. 5, n. 2747 del 06/10/2021, dep.2022, Rv. 282542 – 01). Il richiamo alla regola generale di cui all’art. 568, comma quarto, c.p.p.- applicabile anche laddove si impugni con ricorso per cassazione un atto ritenuto abnorme – comporta di dovere escludere, nel caso in esame, un interesse concreto ed attuale della ricorrente alla rimozione dell’atto impugnato, considerata l’evoluzione fisiologica della vicenda e la riavvenuta acquisizione dei documenti, nella pendenza del dibattimento, il cui peso probatorio sarà oggetto di valutazione nella competente sede.
Va, altresì, considerato che rispetto alla violazione denunziata in ricorso, sotto il profilo dell’esercizio da parte del pubblico ministero di un potere oltre l
soglia temporale consentita, la ricorrente non vanta uno specifico interess quanto non titolare di un diritto di proprietà rispetto ai documenti in sequ
mentre la cadenza procedinnentale individuata dall’art. 263 cod.proc.pen.
calibrata in funzione della tutela del diritto di proprietà su beni soggetti a di sequestro.
3. Conclusivamente il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e al pagament
della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e
.
‘ èondanila la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa del
ammende.
Così è deciso, 24/02/2025
GLYPH
Il Consigliere estensore
Il Presidente
NOME OCCHIPINTI GLYPHNOME
–
NOME COGNOME
CORTE DI CASSAZIONE V SEZIONE PENALE