Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 785 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 785 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/11/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti nell’interesse di NOME COGNOME NOMECOGNOME nato a Noto il 12.5.1987, COGNOME NOME nata a Roma il 3.2.1986, contro il provvedimento del 24.4.2024 del PM di Siracusa,
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso per l’annullamento del provvedimento impugnato.
RITENUTO IN FATTO
Con provvedimento del 24.4.2024 il PM presso il Tribunale di Siracusa, a fronte dell’istanza di revoca del sequestro preventivo disposto dal GIP del Tribunale in data 1.3.2024, ha rigettato l’istanza inoltrata nell’interesse degli odierni ricorrenti;
ricorrono per cassazione l’COGNOME e la COGNOME tramite il difensore che deduce eccepisce la abnormità del provvedimento di rigetto emesso dal PM: rileva, infatti, che il PM avrebbe dovuto limitarsi ad esprimere il suo parere trasmettendo l’istanza e gli atti al GIP che aveva adottato la misura; osserva che, nel provvedere egli stesso al rigetto, il PM ha adottato un atto abnorme, ovvero avulso dall’ordinamento processuale che ha inoltre comportato una insuperabile stasi procedimentale dimostrata dal fatto che il Tribunale del Riesame, adito in sede di appello, ha ravvisato l’impossibilità di provvedere e, anche, di convertire! l’impugnazione in ricorso per cassazione;
la Procura Generale ha concluso per iscritto per l’annullamento del provvedimento impugnato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché tardivo.
Il tema della “abnormità” è stato oggetto di plurime riflessioni e progressive puntualizzazioni da parte della giurisprudenza di questa Corte: da ultimo, anche Sez. U, n. 37502 del 28/04/2022, COGNOME, Rv. 283552 – 01 hanno ribadito che “… si considera abnorme il provvedimento che, per la sua singolarità, non sia inquadrabile nell’ambito dell’ordinamento processuale, ma anche quello che, pur essendo in astratto manifestazione di legittimo potere, si esplichi al di fuori dei casi consentiti e delle ipotesi previste, al di là di ogni ragionevole limite e “… può riguardare tanto il profilo strutturale, allorché, per la sua singolarità, ponga fuori dal sistema organico della legge processuale, quanto il profilo funzionale, quando, pur non estraneo al sistema normativo, determini la stasi del processo e la impossibilità di proseguirlo”.
Su tale aspetto vanno richiamate le Sez. U, n. 25957 del 26/03/2009. Toni Rv. 243590 – 01 che, sempre nello sforzo di definire e puntualizzare l’area dell’abnormità, ricorribile per cassazione, nella sua duplice accezione, strutturale e funzionale, hanno spiegato che il fenomeno processuale dovrebbe essere ricondotto ad unità e caratterizzato dallo sviamento della funzione giurisdizionale, inteso non tanto quale vizio dell’atto, quanto come esercizio di un potere in
difformità dal modello descritto dalla legge; hanno osservato che l’abnormità strutturale è tuttavia riconoscibile soltanto nel caso “… di esercizio da parte del giudice di un potere non attribuitogli dall’ordinamento processuale (carenza di potere in astratto), ovvero di deviazione del provvedimento giudiziale rispetto allo scopo di modello legale nel senso di esercizio di un potere previsto dall’ordinamento, ma in una situazione processuale radicalmente diversa da quella configurata dalla legge e cioè completamente al di fuori dei casi consentiti, perché al di là di ogni ragionevole limite (carenza di potere in concreto)”.
Tanto premesso, nessun dubbio sulla necessità di ritenere “abnorme” il provvedimento con cui il pubblico ministero, in luogo di trasmettere al g.i.p., con le proprie valutazioni negative, la richiesta di revoca di sequestro preventivo, proceda a rigettarla direttamente, in quanto provvedimento estraneo alla sua sfera di attribuzioni, potendo egli solo disporre la revoca, con decreto motivato, del sequestro preventivo durante la fase delle indagini preliminari ed essendogli, invece, inibito il relativo provvedimento negativo, devoluto alla cognizione del giudice.
L’art. 321 comma 3, cod. proc. pen. stabilisce che «se vi è richiesta d , revoca dell’interessato, il pubblico ministero, quando ritiene che essa vada anche in parte respinta, la trasmette al giudice, cui presenta richieste specifiche nonché gli elementi sui quali fonda le sue valutazioni» in tal modo gli prelude la possibilità di adottare direttamente il provvedimento negativo, che è invece di competenza del giudice per le indagini preliminari (cfr., Sez. 3, n. 15459 del 13/03/2018′ COGNOME, Rv. 272698 – 01; Sez. 3, n. 3449 del 20/11/2012, dep. 2013, COGNOME, Rv. 254710 – 01; Sez. 5, n. 37293 del 05/07/2010, Acciari, Rv. 248639 – 01; Sez. 4, n. 3601 del 23/12/2009, dep. 2010, COGNOME Rv. 246299 – 01).
Nel caso di specie, peraltro, è pacifico che il ricorso per cassazione, unico rimedio esperibile per far valere rabnormità” del provvedimento, è stato proposto ben oltre il termine di cui all’art. 585 cod. proc. pen., il che ne comporta la inammissibilità GLYPH non GLYPH ricorrendo l’ipotesi, GLYPH assolutamente residuale, della “inesistenza” dell’atto (cfr., Sez. 6, n. 32395 del 13/06/2019, P., Rv. 276477 01, in cui la Corte ha dichiarato inammissibile per tardività il ricorso per cassazione proposto avverso un atto abnorme senza il rispetto dei termini per impugnare che non operano nel solo caso in cui la dedotta abnormità sia qualificata da un’anomalia funzionale, così radicale e congenita da produrre una stasi processuale superabile unicamente con il ricorso per cassazione; conf., Sez. 1, n. 3305 del 13/01/2005, Haddad, Rv. 230747 – 01, secondo cui le disposizioni concernenti i termini per la proposizione dell’impugnazione operano anche con riferimento al ricorso per cassazione avverso gli atti abnormi, unica
eccezione individuandosi nel gravame proposto avverso provvedimenti affetti da anomalia genetica così radicale da determinarne l’inesistenza materiale o giuridica; Sez. 4 , n. 3939 del 02/12/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282578 01).
L’inammissibilità dei ricorsi comporta la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., della somma – che si stima equa – di euro 3.000 in favore della Cassa delle Ammende, non ravvisandosi ragione alcuna d’esonero.
P.Q.M.
dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 21.11.2024