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Atto abnorme del PM: ricorso tardivo è inammissibile

La Corte di Cassazione ha esaminato un caso relativo a un atto abnorme del PM, che aveva rigettato direttamente una richiesta di revoca di un sequestro preventivo invece di trasmetterla al giudice competente. Sebbene la Corte abbia confermato che tale atto è effettivamente abnorme, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La ragione risiede nel fatto che l’impugnazione è stata presentata oltre i termini di legge. La sentenza chiarisce che anche gli atti abnormi devono essere impugnati tempestivamente, salvo casi eccezionali di ‘inesistenza’ giuridica dell’atto stesso.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Atto abnorme del PM e termini di impugnazione: il caso del ricorso tardivo

Nel complesso panorama della procedura penale, la figura dell’atto abnorme del PM rappresenta una deviazione dalle regole processuali che può creare veri e propri cortocircuiti giudiziari. Un recente provvedimento della Corte di Cassazione fa luce su un aspetto cruciale: anche un atto palesemente illegittimo deve essere impugnato entro i termini previsti dalla legge, pena la sua inammissibilità. Analizziamo insieme la vicenda e le sue importanti implicazioni.

I Fatti del Caso: Il Rigetto Illegittimo da Parte del Pubblico Ministero

La vicenda trae origine da un’istanza di revoca di un sequestro preventivo, presentata dalla difesa nell’interesse di due indagati. Il Pubblico Ministero (PM) presso il Tribunale di Siracusa, invece di seguire la procedura corretta, ha deciso di rigettare direttamente la richiesta.

Secondo il codice di procedura penale (art. 321, comma 3), il PM, qualora ritenga di non accogliere la richiesta di revoca, deve limitarsi a esprimere il proprio parere e trasmettere gli atti al Giudice per le Indagini Preliminari (GIP), l’unico organo competente a decidere. Agendo in autonomia, il PM ha emesso un provvedimento al di fuori della sua sfera di attribuzioni, creando una situazione di stallo che ha impedito persino al Tribunale del Riesame di pronunciarsi.

La Questione Giuridica: L’Atto Abnorme del PM

Il provvedimento del PM è stato qualificato dalla difesa come ‘abnorme’. La giurisprudenza definisce ‘abnorme’ un atto che, per la sua stranezza, non trova collocazione nel sistema processuale. L’abnormità può essere:

* Strutturale: quando un’autorità esercita un potere che la legge non le conferisce (carenza di potere in astratto) o lo esercita in un contesto completamente diverso da quello previsto (carenza di potere in concreto).
* Funzionale: quando l’atto, pur rientrando formalmente nei poteri dell’organo, provoca una paralisi insuperabile del processo, impedendone la prosecuzione.

Nel caso di specie, il rigetto diretto da parte del PM rientrava chiaramente nella prima categoria, essendo un’usurpazione di una funzione spettante esclusivamente al giudice.

La Decisione della Corte di Cassazione sull’Atto Abnorme del PM

Investita della questione, la Corte di Cassazione ha confermato la natura di atto abnorme del PM. Tuttavia, ha dichiarato il ricorso inammissibile per una ragione puramente procedurale: la tardività. La difesa aveva presentato il ricorso ben oltre il termine perentorio stabilito dall’art. 585 del codice di procedura penale.

Le Motivazioni

La Corte ha ribadito un principio fondamentale: l’abnormità di un atto non lo rende, di per sé, ‘inesistente’ e quindi impugnabile in qualsiasi momento. I termini per impugnare, stabiliti a garanzia della certezza dei rapporti giuridici, devono essere rispettati anche quando si contesta un atto abnorme. L’unica eccezione, assolutamente residuale, riguarda i casi di ‘inesistenza’ materiale o giuridica dell’atto, ovvero anomalie così radicali da produrre una stasi processuale superabile unicamente con il ricorso per cassazione, senza limiti di tempo.

Poiché nel caso in esame non si verteva in un’ipotesi di ‘inesistenza’, ma di ‘abnormità’, il mancato rispetto dei termini ha comportato l’inammissibilità del ricorso. Di conseguenza, i ricorrenti sono stati condannati al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Le Conclusioni

Questa sentenza offre una lezione di rigore procedurale. Se da un lato conferma che il PM non può sostituirsi al giudice nel decidere sulla revoca di una misura cautelare, dall’altro sottolinea che anche i vizi più gravi di un provvedimento devono essere fatti valere attraverso gli strumenti processuali corretti e, soprattutto, nei tempi stabiliti dalla legge. La tardività trasforma un ricorso potenzialmente fondato in una pronuncia di inammissibilità, con conseguenze economiche per i ricorrenti. Per la difesa, è un monito a vigilare non solo sulla sostanza degli atti, ma anche sulla scrupolosa osservanza delle scadenze processuali.

Cosa si intende per ‘atto abnorme’ del Pubblico Ministero?
Si definisce ‘atto abnorme’ un provvedimento del PM che, per la sua singolarità, si colloca al di fuori del sistema processuale previsto dalla legge, ad esempio quando il PM esercita un potere che spetta esclusivamente al giudice, come rigettare una richiesta di revoca di sequestro.

Un ricorso contro un atto abnorme deve rispettare i termini di impugnazione?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che anche un atto abnorme deve essere impugnato entro i termini perentori previsti dal codice di procedura penale. Il mancato rispetto di tali termini rende il ricorso inammissibile.

Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile per tardività?
L’inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, come nel caso di specie, di una somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende, che la Corte ha quantificato in 3.000 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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