Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 2117 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 2117 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 04/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a TERAMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 24/10/2022 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette:
la requisitoria scritta presentata – ex art. 23, comma 8, decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, conv. con modif. dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176 – dal Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte di cassazione NOME COGNOME, che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso;
la memoria presentata dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME, ai sensi della stressa norma, che hanno insistito nell’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 24 ottobre 2022 la Corte di appello di L’Aquila, all’esito del gravame interposto da NOME COGNOME, in parziale riforma della pronuncia in data 13 dicembre 2019 del Tribunale di Teramo, ha rideterminato in tre anni la durata della pena della reclusione irroga all’imputato e ha confermato nel resto la prima decisione, che ne aveva affermato la responsabilità per il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione.
Avverso la sentenza di secondo grado è stato proposto ricorso dal difensore dell’imputato, che ha formulato due motivi (di seguito esposti nei limiti di cui all’art comma 1, disp. att. cod. proc. pen.).
2.1. Con il primo motivo sono state prospettate la violazione della legge penale e il viz di motivazione in ordine all’affermazione di responsabilità dell’imputato. Ad avviso della dife la Corte di merito avrebbe acriticamente ratificato la decisione del Tribunale in relazione mancato rinvenimento di beni aziendali indicati in elenchi aggiornati al 31 dicembre 2012 (ossia quasi tre anni prima rispetto alla dichiarazione di fallimento, quando ancora l’attività della non risultava del tutto cessata), elenchi privi di valore probatorio e non contemplati nel bila del 2012, dimostrando di ignorare il funzionamento della contabilità aziendale e non considerando quanto emerso all’esito dell’istruttoria dibattimentale (segnatamente con riguardo all’assoluta carenza dei bilanci e della documentazione contabile inerente al 2013 e a 2014, che avrebbe reso impossibile accertare l’utilizzo e la destinazione dei beni in discorso; difettando la prova aliunde dell’esistenza dei beni, alcuni dei quali sarebbero ancora nella disponibilità della curatela, che ha omesso di effettuare gli opportuni accertamenti presso immobili concessi in locazione dove le res erano installate), travisando quanto rassegnato dal curatore e non considerando che l’elenco dei cespiti ammortizzabili allegato all’avviso conclusione delle indagini non era neppure l’effettivo libro cespiti della fallita RAGIONE_SOCIALE (come si trarrebbe dalla deposizione del teste COGNOME).
In secondo luogo, in relazione alla distrazione dell’immobile in imputazione, dato locazione dalla fallita, la Corte di merito avrebbe sindacato «scelte strategiche aziendal ignorando le regole che sottendono alla gestione di un’impresa, difettando in capo all’imputat la consapevolezza di diminuire la garanzia patrimoniale (essendo, anzi, state convenute condizioni vantaggiose per l’ente); inoltre, i canoni sarebbero stati «incassati – se indirettamente – dalla RAGIONE_SOCIALE» (poiché ceduti in parte alla RAGIONE_SOCIALE la cui amministratrice ha dichiarato di averli incassati, e in parte oggetto di pignoramento NOME COGNOME) e il diritto di opzione contenuto nel contratto di locazione no costituiva affatto un vantaggio per il locatario poiché l’immobile era gravato da più ipotech esso non era opponibile al fallimento.
2.2. Con il secondo motivo è stata prospettata la violazione della legge penale con riferimento alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche e dell’attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità, nonché per l’eccessiva misura della sanzione
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irrogata, adducendo che al riguardo difetterebbe una adeguata motivazione da parte della Corte territoriale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso è nel complesso infondato; è invece fondato – nei termini che si chiariscono – il secondo motivo di ricorso.
1. Con riguardo al primo motivo, deve premettersi che:
la motivazione della sentenza di appello «è del tutto congrua se il giudice abbia confutat gli argomenti che costituiscono l’ossatura dello schema difensivo dell’imputato, e non una per una tutte le deduzioni difensive della parte, ben potendo, in tale opera, richiamare alcu passaggi dell’iter argomentativo della decisione di primo grado, quando appaia evidente che tali motivazioni corrispondano anche alla propria soluzione alle questioni prospettate dal parte» (Sez. 6, n. 1307 del 29/09/2002, COGNOME, Rv. 223061 – 01), poiché «il giudice d’appell non è tenuto a rispondere a tutte le argomentazioni svolte nell’impugnazione, giacché le stesse possono essere disattese per implicito o per aver seguito un differente iter motivazionale o pe evidente incompatibilità con la ricostruzione effettuata» (Sez. 2, n. 7667 del 29/01/2015 COGNOME, Rv. 262575 – 01);
«in presenza di una doppia conformiel affermazione di responsabilità, va ritenuta l’ammissibilità della motivazione della sentenza d’appello per relationem a quella della decisione ivi impugnata, sempre che le censure formulate contro la sentenza di primo grado non contengano elementi ed argomenti diversi da quelli già esaminati e disattesi, in quanto i giudice di appello, nell’effettuazione del controllo della fondatezza degli elementi su cui si r la sentenza impugnata, non è tenuto a riesaminare questioni sommariamente riferite dall’appellante nei motivi di gravame, sulle quali si sia soffermato il primo giudice, argomentazioni ritenute esatte e prive di vizi logici, non specificamente e criticamen censurate. In tal caso, infatti, le motivazioni della sentenza di primo grado e di appe fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile al qua occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione, tanto p ove i giudici dell’appello abbiano esaminato le censure con criteri omogenei a quelli usati d giudice di primo grado e con frequenti riferimenti alle determinazioni ivi prese ed ai passag logico-giuridici della decisione, sicché le motivazioni delle sentenze dei due gradi di mer costituiscano una sola entità» (Sez. 2, n. 7667/2015, cit.; cfr. pure Sez. 2, n. 37295 12/06/2019, E., Rv. 277218 – 01; Sez. 2, n. 46288 del 28/06/2016, COGNOME, Rv. 268360 – 01; Sez. 3, n. 13926 del 10/12/2011, dep. 2012, NOME, Rv. 252615).
Nel caso in esame, la Corte territoriale e il Tribunale hanno in maniera convergente osservato:
quanto ai beni non rinvenuti in sede di inventario, che è rimasta sfornita di pro l’allegazione difensiva secondo cui essi – nella disponibilità della società fallita allo s dell’esercizio 2012, alla luce di quanto esposto nel libro dei cespiti ammortizzabili e nell’el
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delle rimanenze di magazzino – sarebbero stati impiegati nello svolgimento dell’attività social ridotta al minimo nel periodo successivo; più in particolare, al riguardo si è evidenziata n solo la totale assenza di fatture di vendita relative ai detti beni ma anche l’assenza di elem da cui desumerne l’uso per prestazioni rese dalla società, anche alla luce di quanto dichiarat dal COGNOME COGNOME corso della procedura fallimentare (come puntualizzato dal Tribunale, l’imputato ha collocato la cessazione di fatto dall’attività della fallita nel dicembre del 2 in seguito, nel gennaio 2013; e non consta neppure l’incasso di somme riferibili all’atti addotta dalla difesa);
e, quanto all’edificio, dato in locazione a una società (RAGIONE_SOCIALE) riferibi moglie del COGNOME quando lo stato di insolvenza si era già manifestato, sono state valorizzate le condizioni contrattuali (durata, facoltà di sublocare o dare in uso senza consenso del locatore opzione di acquisto con scomputo dal prezzo dei canoni versati; come osservato dal Tribunale, il fatto che il contratto avesse ad oggetto soltanto i locali e non i beni aziendali, ragion eventuali res presenti in loco avrebbero dovuto rimanere nella disponibilità della fallita e impiegati dalla fallita per proseguire la propria attività aziendale e, dunque, recupera rivendicati, nonché l’assenza di prova dell’identità dei beni de quibus con quelli di cui disponeva la RAGIONE_SOCIALE eventualmente reperibili all’interno del capannone dato in locazione) e mancata esazione dei canoni, senza neppure indirizzare al conduttore alcuna diffida.
Si tratta di una motivazione congrua e logica che ha disatteso compiutamente la prospettazione difensiva (perorata pure con l’atto di appello) e che non può essere utilmente censurata in questa sede neppure per il tramite del diverso apprezzamento del compendio probatorio (che il ricorso finisce col prospettare) rispetto al quale non può cogliers travisamento della prova atto a minare l’iter argomentativo sopra riportato (Sez. 2, n. 46288/2016, cit.). Ancora, il motivo in esame, con riguardo alla locazione dei locali aziendal non considera che «costituisce condotta idonea ad integrare un fatto distrattivo riconducibil all’area d’operatività dell’art. 216, comma primo, n. 1, legge fall., l’affitto dei beni azien un canone incongruo e mai riscosso che comporti la sostanziale privazione, per la società fallita, dei suoi beni strumentali» (Sez. 5, n. 12456 del 28/11/2019 – dep. 2020, Porreca, Rv. 279044 – 01), ipotesi cui i Giudici di merito a ben vedere hanno ricondotto la menzionata operazione, tenuto conto che è lo stesso ricorso a ribadire che la società fallita non ha incassato i canon discorso (non soltanto, per vero, per la minor parte oggetto di pignoramento) perché ha ceduto il relativo credito: a tale ultimo riguardo, peraltro, è del tutto generico l’asserto del secondo cui la cessione dei crediti fosse funzionale a estinguere debiti della fallita vers società cessionaria RAGIONE_SOCIALE, e tale genericità non consente di attribuire ril a tale allegazione neppure sub specie di una diversa qualificazione giuridica del fatto.
Il secondo motivo è fondato.
Invero:
a fronte dell’atto di appello, che aveva osservato come erroneamente il Tribunale avesse escluso l’attenuante di cui all’art. 219, comma 3, legge fall., avendo riguardo all’ammontar
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del passivo fallimentare (cfr. Sez. 5, n. 52057 del 26/11/2019, COGNOME, Rv. 277658 – 01: «in tema di bancarotta fraudolenta, la speciale tenuità del danno, integrativa dell’attenuan di cui all’art. 219, comma 3, legge 16 marzo 1942, n. 267, va valutata in relazione all’impor della distrazione, e non invece all’entità del passivo fallimentare, dovendo aversi riguardo a diminuzione patrimoniale determinata dalla condotta illecita e non a quella prodotta da fallimento»); ed aveva addotto elementi di fatto a sostegno della chiesta concessione delle generiche;
la sentenza impugnata si è limitata ad escludere, senza esplicitarne le ragioni, presupposti per concedere l’attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità; e a negare le circostanze attenuanti generiche mediante l’apodittico richiamo alle modalità del fatto e a personalità dell’Arnputtquale emergente dal fatto ascritto».
Ragione per cui in parte qua la sentenza impugnata deve essere annullata, con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Perugia.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alle chieste circostanze attenuanti con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Perugia.
Rigetta il ricorso nel resto.
Così deciso il 04/10/2023.