Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 20068 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 20068 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 15/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME nato a Firenze il 19/01/1969, avverso la sentenza del 02/05/2024 della Corte di appello di Firenze; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
letta la requisitoria rassegnata dal Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott. NOME COGNOME che ha concluso per l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente alla causa di non punibilità di cui all’art. 13, comma 3-ter, d.lgs. n. 74 del 2000 e alla circostanza attenuante speciale di cui all’art. 13-bis d.lgs. n. 74 del 200, con il rigetto del ricorso nel resto.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 03/10/2022, il Tribunale di Firenze, riconosciute le circostanze attenuanti generiche, condannava NOME COGNOME alla pena di tre anni di reclusione, in quanto ritenuto colpevole dei reati di cui all’art. 2 d.lgs. n 74 del 2000, perchè, in qualità di legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE al fine di evadere le imposte dirette e sul valore aggiunto, avvalendosi delle fatture per operazioni inesistenti indicate nei rispettivi capi di imputazione, indicava nelle dichiarazioni annuali relative a dette imposte, per i periodi di imposta 2012, 2013, 2014, 2015, 2016, elementi passivi fittizi per un totale di euro 441.860,21 per il 2012, euro 928.714,78 per il 2013, euro 895.168,32 e 378.488,89 per il 2014, euro 839.073,11 e 49.320,72 per il 2015, euro 126.460,02 per il 2016, applicando le pene accessorie di legge.
Con sentenza del 02/05/2024, la Corte di appello di Firenze, in parziale riforma della sentenza di primo grado, dichiarava non doversi procedere in ordine al reato relativo al periodo di imposta 2012 perchè estinto per intervenuta prescrizione, rideterminando la pena in due anni e otto mesi di reclusione e confermando nel resto la sentenza di primo grado.
Avverso la sentenza della Corte di appello di Firenze, NOME COGNOME tramite il difensore, ha proposto ricorso per cassazione, sollevando cinque motivi.
2.1 Con il primo motivo, sostiene l’applicabilità dell’art. 13, comma 3-ter, d.lgs. n. 74 del 2000, introdotto dal d.lgs. n. 87 del 2024.
In sintesi, lamenta la difesa che, avendo il ricorrente completamente adempiuto al proprio obbligo di pagamento del debito tributario, in data 31/05/2022, secondo il piano di rateizzazione concordato con l’amministrazione finanziaria, prima della chiusura del dibattimento di primo grado, dichiarata all’udienza del 18/07/2022, e consentendo il trattamento sanzionatorio l’applicazione dell’art. 131-bis cod. pen. (all’epoca della commissione dei fatti il minimo edittale era di un anno e sei mesi di reclusione), doveva essere valutata la causa di esclusione della punibilità alla luce del comma 3-ter dell’art. 13 d.lgs. n. 74 del 2000, introdotto dal d.lgs. n. 87 del 2024, che, ai fini dell’applicabili della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto in materia di reati tributari, prevede che il giudice debba valutare determinati indici, tra i quali quello dell’avvenuto adempimento integrale dell’obbligo di pagamento secondo il piano di rateizzazione concordato con l’amministrazione finanziaria o l’entità del debito residuo.
2.2 Con il secondo motivo, sostiene l’applicabilità dell’art. 13-bis, comma 1, d.lgs. n. 74 del 2000, come modificato dal d.lgs. n. 87 del 2024.
In sintesi, lamenta la difesa che, avendo il ricorrente completamente adempiuto al proprio obbligo di pagamento del debito tributario, in data 31/05/2022, secondo il piano di rateizzazione concordato con l’amministrazione finanziaria, prima della chiusura del dibattimento di primo grado, dichiarata all’udienza del 18/07/2022, l’art. 13-bis, comma 1, d.lgs. n. 74 del 2000, come modificato dal d.lgs. n. 87 del 2024, dispone che, laddove il debito erariale (comprensivo di interessi e sanzioni) sia stato estinto prima della chiusura del dibattimento di primo grado e fuori dai casi di non punibilità, l’imputato debba beneficiare della diminuzione della pena sino alla metà e della non applicazione delle pene accessorie.
2.3 Con il terzo motivo, lamenta omessa motivazione.
In sintesi, la difesa deduce l’illogicità della contestazione al ricorrente della violazione dell’art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000, senza che sia stata parallelamente contestata, per quelle stesse fatture, all’emittente la violazione dell’art. 8 d.lgs n. 74 del 2000, nonché l’omessa valutazione dei rilievi sulle testimonianze su cui è fondato il convincimento espresso dal giudice di primo grado e delle testimonianze introdotte dalla difesa nel giudizio di primo grado, le quali smentiscono categoricamente l’erronea convinzione del Tribunale di Firenze prima e della Corte di appello poi.
2.4 Con il quarto motivo, lamenta illogicità della sentenza e travisamento della prova.
In sintesi, lamenta la difesa che la sentenza impugnata aveva omesso di motivare sulla parte del giudizio in cui si censurava l’affermazione di penale responsabilità del ricorrente perché fondata su violazioni dell’art. 8 d.lgs. n. 74 del 2000 sottoposte al vaglio dibattimentale del Tribunale di Padova, luogo in cui si stava celebrando il processo a carico delle società RAGIONE_SOCIALE ritenute cartiere e dalle quali RAGIONE_SOCIALE aveva acquistato merce, nonché sulla circostanza che proprio in ordine a quelle contestazioni anche l’Agenzia delle Entrate aveva ritenuto di non provvedere nei confronti del ricorrente, non ravvisando a suo carico alcuna responsabilità, nemmeno a titolo di colpa.
2.5 Con il quinto motivo, lamenta omessa motivazione sui punti 2) e 3) dell’atto di appello.
In sintesi, la difesa deduce che la sentenza impugnata fosse pervasa da carenza di motivazione, dando solo formalmente conto degli specifici motivi di appello e ritenendo meramente valutativa la dedotta circostanza dell’indimostrato acquisto sottocosto della merce da parte del Sansone, quando
in realtà gli stessi testi d’accusa avevano riferito che nessuna indagine in tal senso era stata fatta.
E’ pervenuta memoria dell’avv. NOME COGNOME difensore di fiducia di NOME COGNOME con la quale si ribadisce, in relazione ai motivi 3, 4 e 5 del ricorso, che la sentenza impugnata ha omesso di valutare le prove per testi introdotte dalla difesa nel giudizio di primo grado e ha dato per accertati fatti ancora sub judice in altro procedimento (con riferimento al dibattimento nel quale doveva essere ancora vagliata la reale o fittizia esistenza delle società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE), senza dar conto dei motivi di appello e non assolvendo così all’onere di motivazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato limitatamente al secondo motivo ed inammissibile nel resto.
1.1 Invertendo l’ordine sistematico proposto dal ricorrente, si deve preliminarmente esaminare ciò che l’imputato ha dedotto nel terzo, quarto e quinto motivo di ricorso, incentrati tutti sul difetto di motivazione della sentenza impugnata per omessa valutazione delle doglianze contenute nell’atto di appello.
I motivi sono manifestamente infondati.
In proposito, occorre ricordare che, nel caso in esame, ricorre una ipotesi di cd. “doppia conforme”, poichè la sentenza di appello, nella sua struttura argomentativa, si salda con quella di primo grado, richiamandosi ad essa e adottando gli stessi criteri utilizzati nella valutazione delle prove, con l conseguenza che le due sentenze possono essere lette congiuntamente costituendo un unico complessivo corpo decisionale.
Ebbene, le asserzioni difensive, imperniate sulla circostanza che i testi di accusa, sulle cui dichiarazioni era fondata la sentenza impugnata, non avevano svolto attività di indagine nei confronti della società gestita dal ricorrente, sull’aver la Corte di merito omesso di valutare le testimonianze dei testi addotti dalla difesa e di considerare che l’Agenzia delle Entrate non aveva ravvisato profili di colpa in merito alla conoscibilità della interposizione fittizia dei pro fornitori commerciali, sull’aver la sentenza ricorsa affermato la responsabilità dell’imputato in base ad elementi ancora al vaglio dibattimentale del Tribunale di Padova, risultano meramente rivalutative e dissenzienti, perché dirette ad una mera contestazione delle risultanze emerse dalla motivazione della sentenza di merito, senza prospettare elementi dirimenti puntuali e precisi.
I giudici di merito hanno illustrato, coerentemente e senza vizi logici, gli elementi in base ai quali sono giunti ad affermare che le fatture indicate nel capo di incolpazione ed utilizzate nelle dichiarazioni fiscali degli anni di imposta considerati fossero relative ad operazioni commerciali soggettivamente inesistenti, perché le società fornitrici erano fittiziamente interposte e, dunque, da considerare come società cartiere, deponendo in tal senso: a) la falsità della lettera di intenti sulla base della quale il coimputato NOME COGNOME titolare delle ditte fornitrici individuali RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME, aveva operato, acquistando in regime di non imponibilità IVA, per poi rivendere sottocosto applicando l’IVA; b) la mancanza di beni strumentali e di una struttura operativa delle società fornitrici, nella quasi totalità dei casi coincidendo il luogo di esercizio con la residenza fiscale del legale rappresentante, tanto che la merce fornita era trasportata direttamente al cliente finale, difformemente da quanto frequentemente indicato nei documenti di trasporto; c) la mancanza di autonomia finanziaria delle società fornitrici, dimostrata dalla permanente necessità di dover incassare le fatture attive emesse nei confronti della società rappresentata dal ricorrente, prima di pagare la merce ai propri fornitori; d) la vendita sottocosto da parte delle società fornitrici, ben esemplificata nelle operazioni commerciali illustrate alle pagine 22, 24 e 25 della sentenza di primo grado; e) la mancata presentazione delle dichiarazioni IVA o, comunque, la presentazione di dichiarazioni IVA con indicazione di importi irrisori rispetto alle fatture emesse, senza l’effettuazione di alcun versamento a titolo di imposta.
A fronte di tali elementi, le critiche difensive non si confrontano appieno con gli argomenti utilizzati dai giudici di merito, valorizzando l’omessa valutazione dei rilievi sulle testimonianze su cui è fondato il convincimento espresso dal giudice di primo grado e l’indimostrato acquisto sottocosto della merce da parte del Sansone, senza prendere in adeguata considerazione i numerosi elementi che illustrano il meccanismo fraudolento, in particolare gli esempi di vendita sottocosto alle pagine 22, 24 e 25 della sentenza di primo grado; o ancora sostenendo il mancato esame delle dichiarazioni rese dai testi a difesa, senza riportarne il contenuto in ricorso e senza sviluppare delle controargomentazioni, così indugiando in critiche meramente ripetitive dei motivi di appello ed incorrendo in un difetto di specificità estrinseca, da intendersi come mancanza di espressa correlazione dei motivi di impugnazione con le ragioni di fatto o di diritto poste a fondamento della sentenza impugnata (Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, COGNOME, Rv. 268822).
Del pari, sebbene i reati di cui agli artt. 2 e 8 d.lgs. n. 74 del 2000 si fondino su uno stesso fatto storico (l’inesistenza soggettiva od oggettiva delle operazioni economiche sottostanti le fatture emesse), non trova applicazione il principio
della pregiudizialità penale, salvo il caso in cui non sia intervenuto un precedente giudicato penale, acquisito ai sensi dell’art. 238-bis cod. proc. pen., che riguardi una pre-condizione del giudizio in corso, non consentendo al giudice di giungere a conclusioni inconciliabili con la sentenza irrevocabile, allorquando l’inconciliabilità verta sui fatti posti a fondamento delle decisioni contrastanti e non sulle valutazioni giuridiche di essi (Sez. 3, n. 36907 del 15/10/2020, COGNOME, Rv. 280278); evenienza non ricorrente nell’ipotesi in esame.
Deve in ogni caso essere ricordato il principio secondo cui, in tema di valutazione delle censure proposte in presenza di una cd. “doppia conforme”, la denunzia di minime incongruenze argomentative o l’omessa esposizione di elementi di valutazione, che il ricorrente ritenga tali da determinare una diversa decisione, ma che non siano inequivocabilmente munite di un chiaro carattere di decisività, non possono dar luogo all’annullamento della sentenza, posto che non costituisce vizio della motivazione qualunque omissione valutativa che riguardi singoli dati estrapolati dal contesto, ma è solo l’esame del complesso probatorio entro il quale ogni elemento sia contestualizzato che consente di verificare la consistenza e la decisività degli elementi medesimi oppure la loro ininfluenza ai fini della compattezza logica dell’impianto argomentativo della motivazione. (cfr. Sez. 3, n. 45996 del 03/11/2021, COGNOME, n.m.; Sez. 1, n. 46566 del 21/02/2017, M, Rv. 271227; Sez. 2, n. 9242 del 08/02/2013, Reggio, Rv. 254988).
1.2 Allo stesso modo, la motivazione dei giudici di merito appare logica e coerente, laddove valorizza, ai fini della sussistenza dell’elemento soggettivo, a) la circostanza che l’odierno imputato frequentasse anche per motivi extralavorativi il coimputato NOME COGNOME e fosse a conoscenza che quest’ultimo era un tecnico manutentore, circostanza che escludeva che costui potesse, al tempo stesso, gestire più imprese che commerciavano volumi considerevoli di materiale plastico, pari a circa un sesto del totale degli acquisti della società legalmente rappresentata dal ricorrente; b) la circostanza dell’aver formato o comunque utilizzato documenti di trasporto che davano atto della partenza della merce da indirizzi di abitazioni private, in alcuni casi inserendosi e gestendo direttamente la consegna o ancora ricevendo la merce venduta dalle società fornitrici italiane direttamente da società estere difformemente da quanto indicato nei documenti di trasporto; c) la circostanza che il ricorrente intrattenesse anche rapporti con i fornitori comunitari delle società interposte, indicando di fatturare al soggetto interposto o comunque coordinando l’acquisto dal fornitore comunitario; d) la circostanza che il ricorrente, contrariamente alle prassi commerciali, pagasse in anticipo le forniture, in modo da consentire alle
società fornitrici la provvista finanziaria con la quale effettuare i pagame fornitori effettivi.
Diversamente da quanto sostenuto in ricorso, l’Agenzia delle entrate pervenuta a ritenere che il ricorrente potesse non essere a conoscenza d meccanismo fraudolento solo per alcune delle fatture in contestazione e, in ogn caso, i giudici di merito, non illogicamente, evidenziano come tali conclusioni, si è pervenuti in ambito tributario, risentano di una ispirazione transatt scontino una visione atomistica delle singole vicende, senza considerarle nel l complesso.
Nel pervenire a tale conclusione, i giudici di merito si sono dunq uniformati alla pacifica giurisprudenza di legittimità, alla luce della quale, in di reati tributari, il dolo del delitto di dichiarazione fraudolenta mediante fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, di cui all’art. 2 del 74 del 2000, consiste nella consapevolezza, da parte di colui che utilizz documento in una dichiarazione, che chi ha effettivamente reso la prestazion non ha provveduto alla fatturazione del corrispettivo versato dall’emitten conseguendo, in tal modo, un indebito vantaggio fiscale in quanto VIVA versata dall’utilizzatore della fattura non è stata pagata dall’esecutore della prest medesima (Sez. 3, n. 50362 del 29/10/2019, COGNOME, Rv. 277938; Sez. 3, n. 30874 del 02/03/2018, COGNOME, Rv. 273728; Sez. 3, n. 19012 dell’11/02/2015, COGNOME, Rv. 263745, laddove la Corte ha precisato che il principio di di tributario, per il quale incombe sull’Erario l’onere di provare che il contrib sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione invocata a fondamento della detrazione si inseriva in una evasione commessa dal fornitore, non può esser automaticamente trasposto in sede penale, attesa l’autonomia fra i relat procedimenti, donde è esclusivamente al giudice penale che, sulla base degl elementi di fatto oggetto di libera valutazione ai fini probatori, compete accer la configurabilità di eventuali illeciti penali). Corte di Cassazione – copia non ufficiale t7,
2. E’ manifestamente infondato anche il primo motivo di ricorso.
La difesa ha sostenuto l’applicabilità dell’art. 131-bis cod. pen. alla lu sopravvenuto art. 13, comma 3-ter, d.lgs. n. 74 del 2000, aggiunto dall’art comma 1, lett. f), n. 3, d.lgs. 14 giugno 2024, n. 87, a decorrer 29/06/2024, secondo cui, in materia di reati tributari, ai fini della non pun per particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131-bis cod. pen., qu criterio-indice dell’entità dell’offesa, il giudice deve valutare, in modo preva uno o più dei seguenti indici: a) l’entità dello scostamento dell’imposta e rispetto al valore soglia stabilito ai fini della punibilità; b) salvo quanto dal comma 1, l’avvenuto adempimento integrale dell’obbligo di pagamento
secondo il piano di rateizzazione concordato con l’amministrazione finanziaria; c) l’entità del debito tributario residuo, quando sia in fase di estinzione mediante rateizzazione; d) la situazione di crisi ai sensi dell’art. 2, comma 1, lettera a), del codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, di cui al d.lgs. n. 14 del 2019.
La difesa deduce in proposito il totale pagamento del debito tributario, avvenuto il 31/05/2022, in data anteriore alla chiusura del dibattimento di primo grado, avvenuta all’udienza del 18/07/2022, tale da far ritenere il ricorrente meritevole dell’applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis, alla luce degli indici di valutazione dell’entità dell’offesa introdotti dal comma 3ter dell’art. 13 d.lgs. n. 74 del 2000, ed in particolare dell’indice di cui alla lett b) (adempimento integrale dell’obbligo di pagamento secondo il piano di rateizzazione concordato con l’amministrazione finanziaria).
Va osservato che l’art. 131-bis, comma 1, cod. pen., come modificato dal d.lgs. n. 150 del 2022, a decorrere dal 30 dicembre 2022, prevede che l’istituto della non punibilità per particolare tenuità del fatto possa essere applicato ai reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel minimo a due anni, mentre, in epoca anteriore alle modifiche apportate dal d.lgs. n. 150 del 2022, il predetto istituto era applicabile in ordine ai reati per i quali era previst la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni.
Ebbene, diversamente da quanto sostenuto nel motivo di ricorso, l’istituto di cui all’art. 131-bis cod. pen., prima delle modifiche apportate dal d.lgs. n. 150 del 2022, non era applicabile al reato di cui all’art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000, contestato al ricorrente, poiché, all’epoca di commissione dei fatti, detto reato era punito con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni, dunque con pena superiore nel massimo a cinque anni di reclusione.
Né è possibile giovarsi della modifica dell’art. 131-bis cod. pen. operata dal d.lgs. n. 150 del 2022 a partire dal 30/12/2022, dal momento che l’art. 39, comma 1, lett. a), del d.l. n. 124 del 2019 ha modificato l’ambito edittale del reato di cui all’art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000, a decorrere dal 25/12/2019, elevandolo da quattro a otto anni di reclusione, dunque prevedendo un minimo edittale superiore ai due anni di reclusione.
Né ancora è possibile sostenere, come fa il ricorrente, che dovrebbe operarsi un combinato disposto delle normative per lui più favorevoli, vale a dire la normativa relativa al trattamento sanzionatorio di cui all’art. 2 d.lgs. n. 74 del 2002 dell’epoca di commissione dei fatti e la normativa vigente relativamente agli artt. 131-bis cod. pen. e 13, comma 3-ter, d.lgs. n. 74 del 2000.
Osta, infatti, a tale interpretazione l’orientamento di legittimità ampiamente consolidato secondo cui, in materia di successione nel tempo di leggi penali, il giudice, una volta individuata la disposizione complessivamente più favorevole,
deve applicarla nella sua integralità, senza poter combinare un frammento normativo di una legge e un frammento normativo dell’altra legge secondo il criterio del “favor rei”, atteso che in tal modo verrebbe ad applicare una terza fattispecie di carattere intertemporale non prevista dal legislatore con violazione del principio di legalità (Sez. U, n. 10626 del 06/10/1979, Maggi, Rv. 089651, la quale ha precisato che, a tal fine, deve aversi riguardo all’intera disciplina di un determinato reato o istituto; nello stesso senso, Sez. 4, n. 13207 del 27/01/2022, COGNOME, Rv. 282936; Sez. 4, n. 7961 del 17/01/2013, COGNOME, Rv. 255103; Sez. 4, n. 36757 del 04/06/2004, COGNOME, Rv. 229687).
E’ invece fondato e meritevole di accoglimento il secondo motivo di ricorso.
Ai sensi dell’art. 13-bis, comma 1, primo periodo, d.lgs. n. 74 del 2000, come modificato dall’art. 1, comma 1, lett. g), n. 1), d.lgs. n. 87 del 2014, entrato in vigore il 29/06/2024, «Fuori dai casi di non punibilità, le pene per i delitti di cui al presente decreto sono diminuite fino alla metà e non si applicano le pene accessorie indicate nell’articolo 12 se, prima della chiusura del dibattimento di primo grado, il debito tributario, comprese sanzioni amministrative e interessi, è estinto».
La modifica normativa introdotta, che attiene alla determinazione della pena, è più favorevole per l’imputato, perché, rispetto alla formulazione vigente prima della novella, il termine ultimo entro il quale estinguere il debito tributario, rilevante ai fini dell’applicazione della circostanza attenuante speciale, prima fissato nella dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, è oggi individuato nella chiusura del dibattimento stesso, avvenuta in data 18/07/2022.
La difesa deduce in proposito, allegando al ricorso dei modelli F24, il totale pagamento del debito tributario alla data del 31/05/2022, attraverso il versamento, nella indicata data, dell’ultima delle rate contenute nel piano di rateizzazione previsto a seguito dell’atto di adesione del contribuente: il pagamento integrale del debito tributario, nelle modalità concordate con l’amministrazione finanziaria, in data anteriore alla chiusura del dibattimento di primo grado, avvenuta all’udienza del 18/07/2022, sarebbe dunque tale da far ritenere il ricorrente meritevole dell’applicazione della circostanza attenuante speciale introdotta con l’art. 13-bis, comma 1, d.lgs. n. 74 del 2000.
Va ricordato, al riguardo, che, nel giudizio di legittimità, non è consentita l’acquisizione di documenti attinenti al merito sul rilievo che la Corte di cassazione non deve mai procedere ad un esame degli atti, ma solo alla valutazione circa la esistenza della motivazione e della sua logicità, non essendo riprodotta nel codice di rito attuale la disposizione che, nell’art. 533 di quello
abrogato, riconosceva ai difensori tale facoltà (Sez. 5. n. 45139 del 23/04/2013, Rv. 257541; Sez. 3, n. 8996 del 10/02/2011, Rv. 249614; Sez. 5, n. 25897 del 15/05/2009, Milone, Rv. 243902), eccezion fatta dei documenti che l’interessato non sia stato in grado di esibire nei precedenti gradi di giudizio e dai quali può derivare l’applicazione dello ius superveniens, di cause estintive o di disposizioni più favorevoli (Sez. 3, n. 38216 del 18/05/2017, Bruno, n.m.; Sez. 3, n. 27417 del 01/04/2014, C., Rv. 259188; Sez. 5, n. 10382 del 09/06/1999, Calascibetta, Rv. 214298).
Nella specie, la produzione documentale, che sarebbe inammissibile nella parte in cui attiene al merito, è invece ammissibile nella parte in cui deduce l’applicabilità della speciale attenuante di cui all’art. 13-bis, comma 1, d.lgs. n. 74 del 2000, alla luce delle modifiche apportate dall’art. 1, comma 1, lett. g), n. 1), d.lgs. n. 87 del 2024, a decorrere dal 29/06/2024, non valutabile nel giudizio di secondo grado, conclusosi il 02/05/2024.
La documentazione allegata al ricorso consta di tre modelli F24 attestanti l’avvenuto pagamento, alla data del 31/05/2022, di ratei di pagamento di debiti tributari relativi agli anni di imposta 2013, 2014 e 2015; tale documentazione deve essere posta in relazione all’affermazione del giudice di primo grado, al punto 9.4 della pagina 41, secondo cui l’imputato aveva osservato il piano di rateizzazione e residuava, alla data del 23/05/2022, il pagamento di un’ultima rata, con scadenza 31/05/2022.
Ebbene, l’art. 13, comma 1-bis, del d.lgs. n. 74 del 2000, costituendo, come già anticipato, norma sostanziale più favorevole – come tale suscettibile di applicazione retroattiva in virtù del principio generale sancito dall’art. 2, comma 4, cod. pen. – trova applicazione anche nella fattispecie, benché il fatto sia stato commesso in epoca antecedente.
K
Consegue che la sentenza impugnata deve essere annullata in ordine alla applicabilità della circostanza attenuante speciale di cui all’art. 13-bis, comma 1, primo periodo, d.lgs. n. 74 del 2000, con rinvio per nuovo giudizio sul punto, relativamente agli anni di imposta 2014 e 2015, cui si riferiscono i modelli F24 allegati al ricorso (per l’anno di imposta 2013 è intervenuta causa estintiva del reato come meglio sarà detto nel successivo paragrafo).
4. In ragione della fondatezza del secondo motivo di ricorso, il rapporto processuale deve considerarsi validamente instaurato e la sentenza della Corte di appello di Firenze in data 02/05/2024 va annullata senza rinvio relativamente alle condotte relative all’anno di imposta 2013, contestate al capo B della rubrica, perché il reato è estinto per intervenuta prescrizione.
E’ infatti principio del tutto pacifico che l’obbligo di dichiarazione immediata di una causa di non punibilità determina l’annullamento senza rinvio della
sentenza di condanna, ove sia nel frattempo maturato il termine di prescrizione del reato.
In specie, il termine massimo di prescrizione decennale decorreva dal
27/02/2014, data di contestazione delle condotte di reato relative all’anno di imposta 2013, e sarebbe maturato il 27/02/2024. Avuto riguardo a due periodi
di sospensione del dibattimento, determinati dal Tribunale di Firenze in complessivi 124 giorni, l’uno per 64 giorni durante il periodo pandemico dal
09/03/2020 all’11/05/2020, l’altro per un massimo di 60 giorni in considerazione del rinvio dell’udienza del 25/10/2021 al 24/01/2022 per legittimo impedimento
del difensore, il termine di prescrizione è maturato il 30/06/2024.
5. Alla luce di quanto precede, la sentenza impugnata deve essere pertanto annullata senza rinvio relativamente alle condotte di reato di cui all’anno di
imposta 2013, perché estinte per prescrizione, e con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Firenze, limitatamente al punto concernente l’applicabilità della circostanza attenuante speciale di cui all’art. 13bis, comma 1, primo periodo, d.lgs. n. 74 del 2000, con riferimento ai reati relativi agli anni di imposta 2014 e 2015. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile nel resto e, a norma dell’art. 624 cod. proc. pen., dev’essere dichiarato irrevocabile l’accertamento della colpevolezza dell’imputato.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata senza rinvio relativamente al reato di cui al periodo di imposta 2013 perché estinto per prescrizione e con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Firenze, limitatamente alla circostanza di cui all’art. 13-bis comma 1 d.lgs. n. 74 del 2000, con riferimento ai reati di cui ai periodi di imposta 2014 e 2015. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.
Così deciso il 15/04/2025.