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Attenuante danno patrimoniale: quando è esclusa?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso che contestava la mancata applicazione dell’attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità in un caso di cessione di cinque grammi di cocaina. La Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito, i quali avevano ritenuto che la sostanza ceduta, qualificata come ‘assaggio’, prefigurasse una prospettiva di guadagni futuri non trascurabili, escludendo così l’applicabilità della circostanza attenuante.

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Pubblicato il 22 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Attenuante Danno Patrimoniale: No se la Cessione è un “Assaggio”

L’applicazione della attenuante danno patrimoniale di speciale tenuità, prevista dall’articolo 62, n. 4, del codice penale, è spesso oggetto di dibattito giurisprudenziale, specialmente in materia di sostanze stupefacenti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito un importante chiarimento, stabilendo che tale circostanza non può essere riconosciuta quando la cessione, sebbene di quantità modesta, si configuri come un “assaggio” finalizzato a futuri e più consistenti guadagni.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte d’Appello. L’imputato era stato condannato per la cessione di cinque grammi di cocaina. In sede di appello, la difesa aveva richiesto il riconoscimento della circostanza attenuante del danno di speciale tenuità, sostenendo che il valore economico della sostanza fosse esiguo. La Corte d’Appello aveva rigettato tale richiesta, valorizzando un elemento cruciale: la cessione era da considerarsi un “assaggio”, un campione offerto in vista di future transazioni ben più redditizie.

Contro questa decisione, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando nuovamente l’omesso riconoscimento della suddetta attenuante. Il ricorrente insisteva sulla minima entità del quantitativo ceduto e, di conseguenza, del danno patrimoniale arrecato.

L’Analisi della Corte e l’applicazione dell’attenuante danno patrimoniale

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici supremi hanno osservato che il motivo del ricorso non introduceva nuovi argomenti, ma si limitava a riproporre la medesima questione già adeguatamente esaminata e respinta dalla Corte d’Appello.

Il punto centrale della decisione ruota attorno all’interpretazione del concetto di danno patrimoniale nel contesto dello spaccio di stupefacenti. La Cassazione ha condiviso e rafforzato il ragionamento dei giudici di merito: la valutazione non può limitarsi al valore della singola dose ceduta, ma deve tenere conto del contesto complessivo dell’operazione.

La Prospettiva di Guadagno come Criterio di Valutazione

La qualificazione della cessione come “assaggio” è stata determinante. Questo termine implica che la transazione non era un evento isolato, ma il preludio a un’attività di spaccio più ampia. Di conseguenza, la prospettiva di guadagni futuri, anche se solo potenziali al momento del fatto, assume un’importanza tale da rendere il danno complessivo tutt’altro che trascurabile. L’attenuante danno patrimoniale, pertanto, non può trovare applicazione perché la finalità dell’azione delittuosa va oltre il singolo episodio, proiettandosi verso profitti significativi.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni della Suprema Corte si fondano su un principio di logica e di aderenza alla realtà criminale. Ritenere che la cessione di un campione di droga costituisca un danno di speciale tenuità significherebbe ignorare la natura stessa del mercato degli stupefacenti, che spesso si basa su contatti iniziali per costruire un rapporto di fiducia e avviare transazioni più importanti. La Corte ha ritenuto che il ragionamento della Corte d’Appello fosse immune da vizi logici e giuridici, avendo correttamente bilanciato la quantità di sostanza ceduta con la sua finalità strategica. La condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende è la diretta conseguenza della declaratoria di inammissibilità del ricorso, sanzionando l’abuso dello strumento processuale.

Conclusioni

In conclusione, questa ordinanza ribadisce un orientamento consolidato: ai fini del riconoscimento dell’attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità, il giudice deve compiere una valutazione globale che non si arresti al mero dato quantitativo della sostanza. La finalità della cessione e la prospettiva di guadagni futuri sono elementi decisivi che, se presenti, possono legittimamente escludere l’applicazione del beneficio, anche a fronte di un quantitativo di droga oggettivamente non elevato. La decisione offre un importante monito sulla necessità di analizzare ogni singolo caso nella sua specificità, andando oltre le apparenze.

Perché la Corte ha escluso l’applicazione dell’attenuante del danno patrimoniale?
La Corte ha escluso l’attenuante perché la cessione di cinque grammi di cocaina è stata considerata un “assaggio”, ovvero un’azione finalizzata a futuri e più ampi guadagni. Questa prospettiva ha reso il danno complessivo non trascurabile.

Qual è il criterio principale per valutare la speciale tenuità del danno in casi di spaccio?
Il criterio non è solo la quantità di sostanza ceduta, ma anche il contesto e la finalità dell’azione. Se la cessione è propedeutica a un’attività di spaccio più vasta, la prospettiva di lucro futuro esclude la tenuità del danno.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta che il ricorso non venga esaminato nel merito. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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