Assoluzione art. 129 cpp: quando l’evidenza dell’innocenza non basta?
L’assoluzione art. 129 cpp è un principio fondamentale del nostro ordinamento che consente al giudice di prosciogliere l’imputato anche in presenza di una causa di estinzione del reato, come la prescrizione. Tuttavia, questa possibilità non è incondizionata. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 22360/2024) chiarisce i rigidi confini applicativi di questa norma, sottolineando che l’innocenza deve essere palese e non richiedere alcuna valutazione discrezionale.
Il Caso: Ricorso contro la Condanna per Appropriazione Indebita
Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un imputato che ha presentato ricorso avverso una sentenza della Corte d’Appello. L’imputato, accusato del reato di appropriazione indebita, sosteneva la totale insussistenza degli elementi oggettivi e soggettivi del reato. La sua tesi difensiva puntava a ottenere una sentenza di assoluzione piena ai sensi dell’art. 129, comma 2, del codice di procedura penale, anche a fronte di una possibile causa di estinzione del reato.
La Norma Chiave e l’Assoluzione secondo l’art. 129 cpp
L’articolo 129, comma 2, del codice di procedura penale stabilisce che, quando ricorre una causa di estinzione del reato ma dagli atti emerge l’evidenza che il fatto non sussiste, che l’imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato, il giudice pronuncia sentenza di assoluzione. La giurisprudenza, in particolare a partire dalla celebre sentenza a Sezioni Unite ‘Tettamanti’ del 2009, ha interpretato il concetto di ‘evidenza’ in modo molto restrittivo. L’innocenza deve emergere ictu oculi, ovvero ‘a colpo d’occhio’, senza la necessità di alcun approfondimento o valutazione di merito.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, quindi, inammissibile. I giudici hanno ribadito che il proscioglimento nel merito, in presenza di una causa estintiva, è possibile solo quando le prove di innocenza sono così lampanti da relegare il ruolo del giudice a una mera ‘constatazione’ piuttosto che a un ‘apprezzamento’.
Le Motivazioni
La motivazione della Corte si fonda su un principio consolidato: l’assoluzione prevale sulla causa estintiva solo se l’innocenza è indiscutibile e immediatamente percepibile dagli atti processuali. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva basato la sua decisione sulle dichiarazioni della persona offesa, ulteriormente corroborate da una scrittura privata. La presenza di questi elementi probatori a carico dell’imputato escludeva categoricamente la possibilità di un’evidenza di innocenza ‘ictu oculi’.
Valutare la credibilità della persona offesa o l’interpretazione di un documento scritto richiede un’attività di ‘apprezzamento’ che è incompatibile con la ‘constatazione’ richiesta dall’art. 129 c.p.p. Pertanto, di fronte a un quadro probatorio non univoco, il giudice non può che dichiarare l’estinzione del reato, senza entrare nel merito della colpevolezza.
Le Conclusioni
Questa ordinanza conferma la linea rigorosa della giurisprudenza sull’applicazione dell’art. 129, comma 2, c.p.p. La pronuncia di assoluzione art. 129 cpp non è uno strumento per ottenere una valutazione di merito alternativa quando il reato è estinto. Al contrario, è un meccanismo eccezionale, riservato a quelle rare situazioni in cui gli atti processuali, letti nella loro interezza, gridano l’innocenza dell’imputato in modo così forte da rendere superflua ogni ulteriore analisi. Per gli imputati e i loro difensori, ciò significa che la richiesta di assoluzione nel merito in presenza di una causa estintiva ha possibilità di successo solo in assenza di qualsiasi elemento a carico che richieda una valutazione interpretativa da parte del giudice.
Quando un giudice può assolvere un imputato se il reato è già estinto?
Un giudice può pronunciare una sentenza di assoluzione, nonostante la presenza di una causa di estinzione del reato, soltanto nei casi in cui l’innocenza dell’imputato emerga dagli atti in modo assolutamente non contestabile. L’evidenza deve essere tale da essere percepita ‘ictu oculi’, cioè a colpo d’occhio, senza necessità di alcun accertamento o approfondimento.
Perché la Corte di Cassazione ha ritenuto inammissibile il ricorso in questo caso specifico?
La Corte ha ritenuto il ricorso inammissibile perché non sussistevano le condizioni per un’assoluzione ‘ictu oculi’. La sentenza di primo grado, richiamata dalla Corte d’Appello, si basava su prove concrete come le dichiarazioni della persona offesa e una scrittura privata, elementi che escludevano un’evidente estraneità dell’imputato al reato e che richiedevano una valutazione di merito.
Cosa significa che l’innocenza deve emergere ‘ictu oculi’?
Significa che le prove a favore dell’imputato devono essere così chiare e inequivocabili da rendere la sua innocenza palese a una prima e immediata lettura degli atti processuali. La valutazione del giudice deve limitarsi a una ‘constatazione’ di questa evidenza, senza dover procedere a un ‘apprezzamento’ critico o a un confronto tra diverse prove.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 22360 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 22360 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CATANZARO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 23/11/2023 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
ritenuto che l’unico motivo di ricorso, che contesta la violazione dell’art. 129,comma secondo, cod. proc. pen. per insussistenza dell’elemento oggettivo e soggettivo del reato di appropriazione indebita, è manifestamente infondato poiché inerente a prospettazione di enunciati ermeneutici in palese contrasto con il dato normativo e con la consolidata giurisprudenza di legittimità sul punto, secondo cui in presenza di una causa di estinzione del reato il giudice è legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione a norma dell’art. 129 comma secondo cod. proc. pen. soltanto nei casi in cui le circostanze idonee ad escludere l’esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell’imputato e la sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, così che la valutazione che il giudice deve compiere al riguardo appartenga più al concetto di “constatazione”, ossia di percezione “ictu oculi”, che a quello di “apprezzamento” e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento (Sez. U, Sent. n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. 244274 – 01);
rilevato che la Corte, sul punto, ha richiamato la sentenza di primo grado che ha valorizzato le dichiarazioni della persona offesa siccome confermata da scrittura privata, così da escludere l’estraneità del ricorrente al reato ictu °cui/ emergente;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, 11 16/04/2024 Il Consigliere COGNOME