Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 1200 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 1200 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 04/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME COGNOME nato in Marocco il 25/9/1982 avverso l’ordinanza del 14/6/2023 emessa dal Tribunale di Venezia visti gli atti, l’ordinanza impugnata e il ricorso; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso; letta la memoria dell’avvocato NOME COGNOME il quale chiede l’annullamento con rinvio.
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnata ordinanza, il Tribunale del riesame di Venezia confermava il rigetto dell’istanza di autorizzazione ad allontanarsi dal luogo di esecuzione della misura degli arresti domiciliari, proposta da NOME COGNOME indagato per il reato di cui agli artt. 73 e 80 D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
Avverso tale ordinanza, il ricorrente ha proposto un unico motivo di
impugnazione, con il quale deduce il vizio di motivazione in ordine alla ritenuta insussistenza della “situazione di assoluta indigenza” che, ai sensi dell’art. 284, comma 3, cod.proc.pen. consente di autorizzare il soggetto ristretto agli arresti domiciliari allo svolgimento di attività lavorativa.
Sottolinea il ricorrente come il Tribunale, recependo una motivazione diversa rispetto a quella sulla cui base la richiesta era stata respinta dal giudice per le indagini preliminari, riteneva che la moglie del ricorrente, svolgendo un’attività lavorativa che le garantisce un introito di circa €1.500 mensili, poteva provvedere alle esigenze dell’intera famiglia.
Eccepisce il ricorrente che il Tribunale, fondando la decisione su un profilo non oggetto di appello e, quindi, non devoluto al suo esame, aveva sostanzialmente privato il ricorrente di un grado di giudizio.
Nel merito, evidenziava come, in base alle statistiche Istat – idonee a far ritenere il dato quale fatto notorio – per una famiglia del tipo di quella del ricorrent la soglia di povertà assoluta, già nel 2021, si collocava al di sotto di un reddito mensile sostanzialmente analogo a quello di €1.500 di cui beneficia la moglie del ricorrente.
Tale dato, nella sua oggettività e proveniente da fonte attendibile, dimostrerebbe di per sé l’illogicità della motivazione resa dal Tribunale.
Il ricorso è stato trattato in forma cartolare.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
La motivazione adottata dal Tribunale è fondata sul fatto che, nel disporre la sostituzione della custodia cautelare in carcere con gli arresti domiciliari, era stata positivamente valutato, oltre alla disponibilità di un alloggio, anche il fatt che la moglie dell’indagato disponesse di un reddito adeguato a garantirne il sostentamento.
Si assume, pertanto, che quel presupposto non potrebbe essere rimesso in discussione al fine di fondare la richiesta di autorizzazione all’allontanamento per svolgere attività lavorativa.
2.1. L’ordinanza adottata dal Tribunale si traduce nella mera riproposizione di un’argomentazione positivamente valorizzata al diverso fine di disporre la sostituzione della misura cautelare e che, in questa sede, viene impiegata quale elemento ostativo all’autorizzazione allo svolgimento dell’attività lavorativa.
Si tratta di un percorso logico che, in realtà, presenta le gravi lacune
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denunciate dal ricorrente, posto che la valutazione richiesta dall’art. 284 cod.proc.pen. non può limitarsi al mero accertamento della disponibilità di reddito, dovendosi anche valutare se il reddito familiare sia o meno in grado di far fronte alle primarie esigenze dell’intero nucleo.
In tal senso, questa Corte ha precisato che ai fini dell’autorizzazione dell’imputato sottoposto agli arresti domiciliari ad assentarsi per svolgere un’attività lavorativa, la valutazione del giudice in ordine alla situazione di assoluta indigenza dello stesso deve essere improntata, stante l’eccezionalità della previsione, a criteri di particolare rigore, che non possono, però, spingersi fino alla richiesta di dimostrazione di una totale impossidenza tale da non consentire neppure la soddisfazione delle primarie esigenze di vita, essendo sufficiente che le condizioni reddituali del soggetto non gli consentano, in assenza dei proventi dell’attività lavorativa per il cui svolgimento è chiesta l’autorizzazione, d provvedere agli oneri derivanti dalla educazione, istruzione e necessità di cura propria e dei soggetti della famiglia da lui dipendenti (Sez.3, n. 24995 del 13/2/2018, Osmani, Rv. 273205). Applicando tale principio al caso di specie, ne consegue che il ricorrente ha rappresentato un’obiettiva necessità di far fronte alle esigenze basilari del proprio nucleo familiare, senza che il Tribunale abbia compiutamente valutato tale aspetto.
Il mero richiamo al fatto che, nel disporre la sostituzione della custodia in carcere si sia valutata la disponibilità di un alloggio e di un reddito da parte della moglie, non può costituire un elemento di per sé ostativo alla valutazione delle esigenze di sostentamento familiari. È di tutta evidenza, infatti, che un conto è la disponibilità del minimo necessario a sostenersi al di fuori dell’istituto penitenziario ed altro è la possibilità, riconosciuta dall’art. 284 cod. proc. pen. di far fronte alle molteplici esigenze non solo dell’indagato, ma anc:he della prole con lui convivente.
In conclusione, l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio, dovendo il Tribunale rivalutare le esigenze rappresentate dal ricorrente alla luce del principio di diritto sopra richiamato.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudice al Tribunale di enezia competente ai sensi dell’art.309, co.7, c.p.p.
Così deciso il 4 dicembre 2023
Il Consigliere estensore