Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 28469 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 28469 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il 18/01/1994 a CAMPOBASSO avverso l ‘ordinanza in data 22/04/2025 del TRIBUNALE DI CAMPOBASSO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
letta la requisitoria del Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
letta la nota dell’Avvocato NOME COGNOME che, nell’interesse di COGNOME, ha insistito per l’accoglimento del ricorso .
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME per il tramite del proprio procuratore speciale, impugna l’ordinanza in data 22/04/2025 del Tribunale di Campobasso che, in sede di riesame, ha confermato l’ordinanza in data 07 -08/04/2025 del G.i.p. del Tribunale di Campobasso, che ha applicato la misura cautelare della custodia in carcere in
relazione al delitto di rapina aggravata, rapina impropria aggravata e porto abusivo di armi.
Deduce:
‘Mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in relazione alle doglianze esternate dalla difesa’ .
Secondo il ricorrente, l’ordinanza impugnata è affetta da vizio di motivazione in relazione alla scelta della misura cautelare idonea a contenere le ritenute esigenze cautelari.
Si sostiene che la misura degli arresti domiciliari, ancora di più se con braccialetto elettronico, sarebbe idonea a impedire ulteriori condotte penalmente rilevanti, atteso il costante monitoraggio garantito dalla modalità applicative previste dall’art. 2 75bis cod. proc. pen..
Aggiunge che la negazione degli arresti domiciliari è altresì affetta da violazione di legge atteso che a parte l’insussistenza di gravi indizi di colpevolezza -l’inidoneità d i tale misura è stata ritenuta per la condizione personale dell’indagato (assenza di occupazione e assenza di fissa dimora), senza considerarsi, peraltro, la disponibilità dichiarata dal padre ad accoglierlo in casa.
Il ricorrente osserva che tali argomentazioni sono in contrasto con i principi fissati dalla Corte di cassazione, che ha chiarito che gli arresti domiciliari non possono essere negati per la mancanza di un titolo di proprietà dell’abitazione dove essi dovrebbero eseguirsi né per le insufficienti capacità economiche del prevenuto, essendo a tal fine sufficiente un valido titolo di occupazione.
Si evidenzia, infine, che COGNOME è quasi incensurato e senza precedenti specifici, così che non sussiste il pericolo di reiterazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
1.1. Sotto il profilo della sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, il ricorrente si limita a opporre una generica affermazione di insussistenza delle stesse, in ragione dell’esito negativo delle perquisizioni, senza che siano svolte puntuali censure all’ordito argomentativo che ha condotto all’individuazione dell’odierno ricorrente quale responsabile dei fatti contestati.
Il tribunale ha evidenziato che convergevano in tal senso le dichiarazioni e la denuncia querela di NOME e NOME COGNOME, le dichiarazioni rese da NOME e i rispettivi riconoscimenti fotografici che hanno, concordemente e senza esitazioni, indicato l’odierno ricorrente quale autore dell’aggressione insieme al fratello.
Il ricorrente non spiega quali effetti demolitori avrebbero avuto le perquisizioni con esito negativo asseritamente non considerate dai giudici, rispetto a un tale apparato argomentativo, che, di fatto, viene lasciato immune da censure, con conseguente aspecificità del ricorso sul punto.
1.2. A eguale conclusione d ‘inammissibilità si perviene anche in relazione alla sussistenza delle esigenze cautelari e alla scelta della misura idonea a contenerle.
Quanto alla sussistenza delle esigenze cautelari, si registra la medesima genericità già rilevata in relazione ai gravi indizi di colpevolezza.
A tale proposito, infatti, il ricorrente si limita a descrivere le condizioni soggettive dell’indagato (quasi incensurato e senza precedenti specifici), senza tuttavia confrontarsi con quanto evidenziato dal tribunale, che ha rimarcato la gravità dei fatti , commessi con l’arma, profferendo gravi minacce oltre che provocando il ferimento di una delle persone offese, dal che emergeva la pericolosità di COGNOME e la conseguente probabilità di commissione di delitti della stessa specie.
Quanto alla scelta della misura, il ricorrente sostiene che il tribunale ha negato gli arresti domiciliari facendo leva sulle sue condizioni economiche.
Tale assunto, però, non trova conferma nella lettura dell’ordinanza impugnata, dove si legge che il tribunale ha ritenuto l’inid oneità degli arresti domiciliari perché dalle modalità dei fatti era emersa l’incap acità di COGNOME di auto-contenersi, risultando così un soggetto inaffidabile, con conseguente inidoneità della misura fiduciaria.
Il ricorrente trascura di confrontarsi con tali argomentazioni, così incorrendo, anche in questo nel vizio di aspecificità.
Da quanto esposto emerge che tutte le argomentazioni difensive, sono aspecifiche, ove si consideri che la mancanza di specificità dei motivi deve essere apprezzata non solo intrinsecamente, ovverosia per la genericità e indeterminatezza delle ragioni di fatto e diritto a sostegno della censura, ma anche estrinsecamente, per l’apparenza degli stessi allorquando, non essendovi correlazione tra la complessità delle ragioni argomentate nella decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, quando si ometta di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso.
In tema di inammissibilità dell’impugnazione, la mancanza di specificità dei motivi va riscontrata anche nel caso di mancata correlazione tra i motivi posti alla base del gravame e quelli posti dal giudice censurato alla base della propria motivazione (Sez. 3, n. 35492 del 06/07/2007, Tasca, Rv. 237596 -01).
A fronte di una motivazione adeguata, completa, logica e non contraddittoria, dunque, il ricorrente oppone argomentazioni e valutazioni in punto di
fatto, senza dedurre argomenti astrattamente riconducibili ad alcuno dei vizi scrutinabili in sede di legittimità.
A tal proposito, va ricordato che, in tema di misure cautelari personali «il ricorso per cassazione è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito» (Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, COGNOME, Rv. 270628 -01; Sez. 4, n. 18795 del 02/03/2017, COGNOME Rv. 269884 -01; Sez. 6, n. 11194 del 08/03/2012, COGNOME Rv. 252178).
Quanto esposto porta alla declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione, cui segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
Una copia del presente provvedimento deve essere trasmessa, a cura della Cancelleria, al Direttore dell’Istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94, comma 1ter , disp. att. cod. proc. pen., in quanto dalla sua pronuncia non consegue la rimessione in libertà del detenuto.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1ter , disp. att. cod. proc. pen..
Così deciso il 09 luglio 2025