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Art. 650 c.p.: violare un regolamento non è reato

La Corte di Cassazione ha annullato una condanna per la violazione dell’art. 650 c.p., stabilendo che la trasgressione di un regolamento interno di un istituto penitenziario non costituisce reato. La sentenza chiarisce che l’art. 650 c.p. si applica solo all’inosservanza di ordini specifici e individuali emessi dall’Autorità per ragioni contingenti, e non a norme di carattere generale e astratto come i regolamenti.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Art. 650 c.p.: la violazione di un regolamento interno non è reato

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 7859 del 2024, ha fornito un importante chiarimento sui limiti di applicazione dell’art. 650 c.p., la norma che punisce l’inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità. La Suprema Corte ha stabilito che la violazione di un regolamento interno di un istituto penitenziario, per sua natura generale e astratta, non può integrare tale reato, che presuppone invece la trasgressione di un ordine specifico, individuale e contingente.

I Fatti del Caso

La vicenda giudiziaria ha origine dalla condanna di un soggetto per il reato di cui all’art. 650 c.p., confermata in secondo grado dalla Corte di Appello di Napoli. Al soggetto veniva contestato di aver violato l’articolo 4 del Regolamento interno della Casa Circondariale, che vieta l’introduzione in istituto di strumenti pericolosi o non ammessi. Ritenendo errata la qualificazione giuridica del fatto, il difensore dell’imputato ha proposto ricorso per cassazione, sostenendo che un regolamento interno non possiede le caratteristiche del “provvedimento dell’Autorità” richiesto dalla norma incriminatrice.

L’interpretazione dell’Art. 650 c.p. da parte della Cassazione

Il Procuratore generale presso la Corte di Cassazione ha appoggiato la tesi difensiva, chiedendo l’annullamento senza rinvio della sentenza. La Suprema Corte ha accolto il ricorso, affermando un principio di diritto fondamentale per la corretta applicazione della norma.
La Corte ha ribadito che il reato di inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità ha una natura residuale e sanziona esclusivamente la disobbedienza a provvedimenti individuali. Questi devono essere ordini specifici, impartiti a una o più persone determinate, per far fronte a una situazione contingente e transitoria per ragioni di giustizia, sicurezza, ordine pubblico o igiene.

Le motivazioni della sentenza

Nelle motivazioni, i giudici di legittimità hanno spiegato in modo dettagliato perché un regolamento interno non rientra in questa categoria. Le caratteristiche chiave di un regolamento sono:
1. Generalità: Si rivolge a una pluralità indeterminata di destinatari (nel caso di specie, tutti i detenuti dell’istituto), che non sono determinabili “a priori”.
2. Astrattezza: Disciplina una serie ipotetica di fatti in via preventiva, senza essere legato a una vicenda specifica e destinata a esaurirsi.

Un regolamento, quindi, è una fonte normativa di rango secondario, non un “ordine specifico” impartito a un soggetto determinato in una particolare occasione. Di conseguenza, la sua violazione non può integrare la contravvenzione prevista dall’art. 650 c.p., poiché manca il presupposto fondamentale: un ordine legalmente dato con le caratteristiche di specificità e individualità.
La Corte ha inoltre osservato che, per condotte specifiche come l’introduzione di dispositivi di comunicazione in carcere, il legislatore è intervenuto con una norma ad hoc, l’art. 391-ter c.p., a riprova del fatto che il generico richiamo all’art. 650 c.p. non era considerato sufficiente.

Conclusioni

La sentenza si conclude con l’annullamento senza rinvio della condanna “perché il fatto non sussiste”. Questa pronuncia rafforza il principio di legalità e tassatività della legge penale, tracciando un confine netto tra la violazione di norme regolamentari, che può avere rilevanza disciplinare, e la commissione di un reato. La decisione chiarisce che l’art. 650 c.p. non può essere utilizzato come una norma “in bianco” per sanzionare penalmente ogni tipo di disobbedienza, ma solo quelle che riguardano ordini specifici e individualizzati emanati dall’autorità competente.

La violazione di un regolamento interno di un carcere costituisce il reato previsto dall’art. 650 del codice penale?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che la violazione di un regolamento interno, avendo natura generale e astratta, non integra la fattispecie di reato dell’art. 650 c.p., che richiede l’inosservanza di un ordine specifico e individuale impartito dall’autorità.

Qual è la differenza tra un “regolamento” e un “provvedimento dell’autorità” ai fini dell’art. 650 c.p.?
Un “provvedimento” ai sensi dell’art. 650 c.p. è un ordine specifico, impartito a una o più persone determinate, per far fronte a una situazione contingente e transitoria. Un “regolamento”, invece, contiene precetti di carattere generale e astratto, indirizzati a una pluralità indeterminata di soggetti.

Perché l’imputato è stato assolto con la formula “perché il fatto non sussiste”?
L’assoluzione con questa formula è dovuta alla mancanza di un elemento essenziale del reato: il “presupposto dell’ordine legalmente dato”. Senza un ordine specifico e valido, la condotta del soggetto, pur violando una regola interna, non è penalmente rilevante ai sensi dell’art. 650 c.p.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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