Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 7859 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 7859 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 16/02/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, COGNOME
che ha chiesto l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza resa il 16 febbraio 2023, la Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE ha confermato la condanna di NOME COGNOME in ordine alla contravvenzione di cui all’art. 650 c.p. commessa il 19 luglio 2019, condannandolo a pena di giustizia.
Avverso detta sentenza NOME, a mezzo del proprio difensore di fiducia AVV_NOTAIO, ricorre per cassazione deducendo, con un unico motivo di ricorso, la violazione dell’art. 650 cod. pen.
Il Regolamento interno della RAGIONE_SOCIALE, la violazione del cui art. 4 (concernente l’introduzione in istituto di strumenti pericolosi o altri strumenti non ammessi) è stata contestata al ricorrente, non integra gli estremi del provvedimento dell’Autorità dato per ragioni di giustizia o sicurezza pubblica, ovvero d’ordine pubblico o di igiene; ciò che è stato riconosciuto nel recente arresto della Corte di legittimità (Sez. 1, n. 40185 del 25/05/2022, Romano, Rv. 283668)
2.4. Con motivi nuovi depositati in data 19 dicembre 2023 la difesa, nel riportarsi ai motivi principali, li ha ulteriormente articolati, precisando l’impossibilità di configurare, in via di subordine, qualsivoglia fattispecie penalmente rilevante nella condotta ascritta al ricorrente. Ho inoltre, con lo stesso atto, chiesto la trattazione orale e di presenziare all’udienza.
Il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, intervenuto con requisitoria scritta depositata in data 19 dicembre 2023, ha prospettato l’annullamento senza rinvio della sentenza, stante la natura residuale del reato contravvenzionale contestato e ritenendo la natura non provvedimentale del regolamento interno dell’istituto di pena.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Preliminarmente deve rigettarsi la richiesta di trattazione orale, formulata dal difensore di fiducia dell’imputato con i motivi nuovi.
Ai sensi dell’art. 94, comma 2, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, nel testo introdotto dall’art. 17, d.l. 22 giugno 2023, n. 75, conv. con modif. dalla I. 10 agosto 2023, n. 112, «per le impugnazioni proposte sino al quindicesimo giorno successivo alla scadenza del termine del 31 dicembre 2023, di cui ai commi 1 e 3 dell’articolo 87», continua ad applicarsi l’art. 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, a mente del quale i ricorsi per cui secondo il codice di rito si sarebbe dovuto procedere in udienza pubblica o camerale partecipata sono trattati in
Camera di consiglio senza l’intervento del procuratore generale e dei difensori delle altre parti, salvo che una delle parti private o il procuratore generale faccia richiesta di discussione orale nel termine perentorio di venticinque giorni liberi precedenti la data di udienza.
La richiesta di discussione orale per l’udienza in data 9 gennaio 2024 nei riguardi di NOME COGNOME è pervenuta in data 19 dicembre 2023 e, dunque, quando il suindicato termine per la presentazione delle richieste di discussione orale era, ormai, spirato.
2. Nel merito, il ricorso è fondato, per le ragioni di seguito esposte.
Per provvedimento dell’autorità, ai sensi dell’art. 650 cod. pen. «deve intendersi ogni atto con il quale l’autorità impone a una o più persone determinate una particolare condotta, omissiva o commissiva, ispirata da una contingenza presente e transeunte.
Pertanto, poiché l’art. 650 cod. pen. contiene una norma esclusivamente sanzionatoria della inosservanza dei provvedimenti individuali esso non è applicabile alla inosservanza di leggi, regolamenti o ordinanza dell’autorità concernenti la generalità dei cittadini. (Nella fattispecie si trattav dell’inosservanza di un’ordinanza ministeriale concernente la profilassi della peste suina africana». (Sez. 1, n. 570 del 28/11/1995, dep 1996, Cossu, Rv. 203461; Sez.1, n. 1599 del 28 novembre 1995, dep. 1996 Giomarelli, non massinnata).
L’integrazione del reato di cui all’art. 650 cod. pen. implica, dunque, che l’inosservanza abbia ad oggetto «un ordine specifico impartito ad un soggetto determinato, in occasione di eventi o circostanze tali da far ritenere necessario che proprio quel soggetto ponga in essere una certa condotta, ovvero si astenga da una certa condotta; e ciò per ragioni di sicurezza o di ordine pubblico, o di igiene o di giustizia; che l’inosservanza riguardi un provvedimento adottato in relazione a situazioni non prefigurate da alcuna specifica previsione normativa che comporti una specifica ed autonoma sanzione».
Si è allora detto che non ha le caratteristiche sopra indicate (e quindi la sua inosservanza non può integrare il reato di cui all’art. 650) una disposizione a carattere regolamentare e contenente una disposizione dettata in via preventiva ed indirizzata ad una generalità di soggetti. (Sez. 1, n. 5755 del 25/03/1999, COGNOME, Rv. 213241; Sez. 1, n. 15936 del 19/03/2013, COGNOME, Rv. 255636; Sez. F, n. 44238 del 01/08/2013, COGNOME, Rv. 257890).
In questa cornice ermeneutica, le necessarie caratteristiche di provvedimento contenente un ordine specifico impartito a un soggetto determinato, in occasione di eventi o circostanze tali da far ritenere necessario
che proprio quel soggetto ponga in essere una certa condotta, mancano in quella per la cui violazione è intervenuta condanna, per la natura generale dei precetti contenuti nel Regolamento interno d’istituto, i cui destinatari non sono determinabili a priori; né può dirsi che il Regolamento provveda a disciplinare una determinata vicenda, destinata ad esaurirsi.
Dalla sua violazione, dunque, non può discendere la responsabilità penale a norma dell’art. 650 cod. pen.
Questa Corte ha, difatti, statuito che «Non integra la contravvenzione di cui all’art. 650 cod. pen. l’inosservanza del regolamento interno di istituto penitenziario, attesa la natura generale dei precetti in esso contenuti, i cui destinatari non sono determinabili “a priori”. (Fattispecie relativa alla violazione del divieto di introduzione di strumenti pericolosi o non consentiti)» (Sez. 1, n. 40185 del 25/05/2022, Romano, Rv. 283668)
Osserva il Collegio che tale condotta è attualmente sanzionata dall’art. 391ter cod. pen., introdotto al precipuo fine di contrastare l’introduzione clandestina, la detenzione e l’uso abusivi di apparecchi cellulari in carcere che, difatti, punisce «l’accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte dei detenuti» e che ha sostanzialmente recepito il divieto già contento nei regolamenti interni d’istituto.
Tale disposizione è, tuttavia, inapplicabile al caso che ci occupa, siccome commesso anteriormente all’entrata in vigore della nuova norma penale incriminatrice, introdotta con l’art. 9, comma 1, d.l. 21 ottobre 2020 n. 130, convertito con modificazioni dalla I. 18 dicembre 2020, n. 173.
La sentenza deve pertanto essere annullata senza rinvio, per insussistenza del fatto tipico, conseguente alla carenza del necessario presupposto dell’ordine legalmente dato.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.
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Così deciso, il 9 gennaio 2024 GLYPH