LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Art. 131-bis: la condotta post reato è decisiva

La Cassazione ha annullato una condanna per truffa aggravata a un dipendente che aveva usato i permessi della Legge 104 per una crociera. La Corte ha stabilito che i giudici di merito devono valutare la condotta post reato e l’esiguità del danno ai fini dell’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis c.p., rinviando il caso alla Corte d’Appello per una nuova valutazione.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 5 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Art. 131-bis: Condotta Riparatoria e Tenuità del Fatto, la Cassazione Annulla

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 9932/2024) riaccende i riflettori sull’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, disciplinata dall’art. 131-bis del codice penale. Il caso, relativo a un lavoratore accusato di truffa per aver utilizzato i permessi della Legge 104 per andare in crociera, offre spunti fondamentali sull’importanza della condotta tenuta dall’imputato dopo la commissione del reato. La Suprema Corte ha annullato con rinvio la condanna, sottolineando una lacuna motivazionale da parte della Corte d’Appello.

I Fatti del Caso

Un dipendente di un’azienda sanitaria veniva condannato in primo e secondo grado per il reato di truffa. Secondo l’accusa, l’uomo aveva richiesto e ottenuto dei giorni di permesso retribuito ai sensi della Legge 104/92, finalizzati all’assistenza di un familiare disabile. Tuttavia, invece di adempiere a tale dovere, aveva utilizzato quel tempo per recarsi in crociera.

La difesa dell’imputato, nel ricorrere in Cassazione, ha sollevato due questioni principali:

1. La mancata applicazione dell’art. 131-bis c.p., sostenendo che la Corte d’Appello avesse omesso di considerare elementi cruciali come la condotta successiva al reato. L’imputato, infatti, aveva convertito i giorni di permesso illecitamente fruiti in giorni di ferie, di fatto annullando il danno patrimoniale per il datore di lavoro, e aveva offerto una somma a titolo di ristoro superiore al danno contestato.
2. L’erronea applicazione della legge in merito al danno, poiché le somme per i permessi ex Legge 104 erano state erogate dall’INPS e non direttamente dall’azienda sanitaria, che quindi non avrebbe subito un pregiudizio diretto.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il primo motivo di ricorso, ritenendolo fondato, e ha rigettato il secondo. La decisione si fonda su un’analisi precisa dei criteri di valutazione richiesti dalla norma sulla particolare tenuità del fatto.

L’Importanza della Condotta Post Reato per l’Art. 131-bis

Il punto centrale della sentenza riguarda la valutazione che il giudice deve compiere ai fini dell’applicazione dell’art. 131-bis. La Suprema Corte ha evidenziato come la riforma introdotta dal D.Lgs. n. 150/2022 abbia attribuito un rilievo esplicito alla ‘condotta susseguente al reato’. Questo elemento non è un requisito autonomo, ma si inserisce in un giudizio complessivo, insieme ai criteri dell’art. 133 c.p. (modalità dell’azione, gravità del danno, intensità del dolo), per valutare la tenuità dell’offesa.

Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva negato la non punibilità soffermandosi solo sull’intensità del dolo, senza però spendere una parola sulle argomentazioni difensive relative all’esiguità del danno (annullato dalla conversione in ferie) e, soprattutto, sulla condotta riparatoria posta in essere dall’imputato. Questa omissione costituisce un vizio di motivazione che ha portato all’annullamento della sentenza.

La Questione del Danno alla Parte Civile

Sul secondo punto, la Cassazione ha ritenuto il motivo manifestamente infondato. I giudici hanno chiarito che, ai fini di una pronuncia di condanna generica al risarcimento dei danni in favore della parte civile, non è necessaria la prova puntuale dell’effettiva esistenza e dell’ammontare del danno. È sufficiente l’accertamento di un fatto-reato potenzialmente idoneo a produrre conseguenze dannose. La pronuncia penale in questi casi è una mera ‘declaratoria juris’, e spetterà poi al giudice civile liquidare concretamente il danno, verificandone sia l’esistenza effettiva (an) che l’importo (quantum).

Conclusioni

La sentenza n. 9932/2024 rafforza un principio fondamentale: per decidere sull’applicabilità dell’art. 131-bis, il giudice ha l’obbligo di effettuare una valutazione completa e onnicomprensiva di tutti gli indici previsti dalla legge. Tra questi, la condotta successiva al reato, come la restituzione o il risarcimento del danno, assume un ruolo centrale e non può essere ignorata. La decisione di annullamento con rinvio impone alla Corte d’Appello di riesaminare il caso, tenendo debitamente conto di questi elementi, per giungere a una decisione motivata in modo completo e corretto.

La condotta tenuta dopo il reato può escludere la punibilità?
Sì, secondo la sentenza, la condotta successiva al reato (come il risarcimento del danno o l’eliminazione delle conseguenze dannose) è un criterio fondamentale che il giudice deve valutare per decidere se applicare la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto prevista dall’art. 131-bis c.p.

Per applicare l’art. 131-bis, cosa deve valutare il giudice?
Il giudice deve compiere una valutazione complessiva che tenga conto non solo delle modalità dell’azione e dell’intensità del dolo, ma anche dell’esiguità del danno o del pericolo e, in modo specifico, della condotta tenuta dall’imputato dopo la commissione del reato.

È necessaria la prova precisa del danno per una condanna generica al risarcimento in sede penale?
No, la sentenza ribadisce che per una condanna generica al risarcimento dei danni non è necessario che la parte civile provi l’effettiva sussistenza e l’ammontare del danno. È sufficiente che il giudice accerti un fatto illecito potenzialmente produttivo di conseguenze dannose. La quantificazione del danno è rimessa a un successivo giudizio civile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati