Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 11182 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 11182 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME nato a Nocera Inferiore (Sa) il 24 gennaio 1977;
avverso la ordinanza n. 547/24 RgRiesp del Tribunale di Salerno del 23 settembre 2024;
letti gli atti di causa, la ordinanza impugnata e il ricorso introduttivo;
sentita la relazione fatta dal Presidente Dott. NOME COGNOME
sentito il PM, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. NOME COGNOME il quale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
sentito, altresì, per il ricorrente l’avv. NOME COGNOME del foro di Nocera · Inferiore, il quale ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza pronunziata in data 23 settembre 2024 il Tribunale di Salerno, in funzione di giudice dell’appello cautelare, ha rigettato il gravame presentato da COGNOME Michele avverso la ordinanza del 20 agosto 2024 con la quale il Tribunale di Nocera Inferiore aveva disposto l’aggravamento della misura cautelare degli arresti domiciliari, che era stata applicata all’appellante con provvedimento del Gip del Tribunale di Salerno del 5 giugno 2024, disponendo, in luogo di quella, la misura della custodia cautelare in carcere.
Avverso l’ordinanza da ultimo adottata il COGNOME, tramite la propria difesa tecnica, ha interposto ricorso per cassazione, affidando le proprie lagnanze ad un unico, articolato motivo di ricorso con il quale ha lamentato la inosservanza o l’erronea applicazione dell’art. 276, comma 1-ter, cod. proc. pen., in quanto l’avvenuto aggravamento della misura cautelare in atto asseritamente giustificato dal fatto che il COGNOME, allontanatosi dalla propria abitazione, aveva contravvenuto alla prescrizione che corredavano la misura cautelare degli arresti domiciliari, da eseguirsi in territorio di Lauria fondava su un asserto erroneo, in quanto il ricorrente, non trovato in casa nel corso di un controllo operato dal Polizia giudiziaria, era stato autorizzato ad assentarsi dalla abitazione da lui occupata in determinate ore del giorno onde attendere alle indispensabili esigenze di vita; né vale osservare, come invece fatto dal giudice dell’appello cautelare che, nel mentre si trovava al di fuori della sua abitazione, il ricorrente, cui era imposto di non avere contatti con persone diverse dai soggetti con lui conviventi, si era, invece, incontrato, presso un esercizio commerciale pubblico con taluni suoi congiunti, posto che – essendo intervenuto siffatto incontro nel periodo di tempo nel quale egli, come detto, era autorizzato ad uscire dal proprio domicilio – doveva ritenersi che in tale fase della giornata le prescrizioni di cui sopra erano sospese, tant’è vero che la facoltà di assentarsi dalla abitazione era stata riconosciuta al ricorrente senza alcuna limitazione; ove, invece, si ritenesse, come ha fatto il Tribunale, che il divieto di cui alla citata prescrizione dovesse valere anche durante la fase di autorizzazione ad uscire dalla abitazione, ad una tale conclusione non potrebbe giungersi, ad avviso della ricorrente difesa, se non a seguito di un’applicazione analogica in malam partem del contenuto della originaria prescrizione, modus procedendi come tale inaccettabile in materia sanzionatoria. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non è fondato e, pertanto, lo stesso deve essere rigettato.
E’ il caso di ripercorrere, seppure a grandi linee, la vicenda processuale che ha caratterizzato il frastagliato andamento delle vicende connesse alla applicazione della misura cautelare riferita all’attuale ricorrente.
Questi, infatti, è stato raggiunto dalla misura cautelare della custodia in carcere a seguito di provvedimento emesso dal Gip del Tribunale di Salerno in data 31 gennaio 2024 nel corso di un’indagine che vedeva il COGNOME gravemente indiziato in relazione alla sua partecipazione ad un’associazione per delinquere dedita alla commissione di reati in materia di stupefacenti e, in concorso con altri, per la detenzione a fine di spaccio, espressiva di uno dei reati della associazione di cui sopra, di sostanza stupefacente del tipo crack; tale provvedimento era stato oggetto di ricorso in sede di riesame ad impulso del COGNOME ma, avendo questi rinunziato alla impugnazione, in data 18 marzo 2024, il Tribunale di Salerno aveva dichiarato la inammissibilità della richiesta di riesame.
In data 23 marzo 2024 la difesa del COGNOME chiedeva la modifica in melius della misura originariamente applicata ma, con successivo provvedimento del 26 marzo 2024 il Gip del Tribunale di Salerno disattendeva l’istanza.
Avendo nuovamente adito il COGNOME il giudice del cautelare, questo, con provvedimento del 6 maggio 2024 rigettava l’appello cautelare.
Avendo, tuttavia, l’attuale ricorrente nuovamente rivolto al Gip altra richiesta di modifica della misura cautelare ancora in atto, questa, con provvedimento del 5 giugno 2024, veniva affievolita in quella degli arresti domiciliari da eseguirsi presso un’abitazione di proprietà, o comunque nella disponibilità, della madre del ricorrente in Comune di Lauria, essendo ritenuta siffatta “delocalizzazione” dell’indagato atta a soddisfare le esigenze cautelari legate alla reiterazione di reati della stessa specie di quelli per cui vi sono l indagini; la applicazione degli arresti domiciliari era, peraltro, corredata dalla prescrizione di non avere contatti con persone diverse da quelli con lui conviventi.
Deve aggiungersi che, in data 17 luglio 2024, il Tribunale di Nocera Inferiore, divenuto nel frattempo competente per la materia cautelare in quanto era stato emesso in relazione alla posizione del COGNOME provvedimento dispositivo di giudizio immediato, lo autorizzava ad allontanarsi dall’abitazione presso la quale si trovava agli arresti domiciliari tutti i giorni, tranne la domenica, dalle ore 9 alle ore 10 onde “provvedere alle
proprie indispensabili esigenze di vita” dovendo, tuttavia, il prevenuto, nelle occasioni in cui intendeva usufruire della facoltà concessagli, previamente comunicare alla Pg “l’orario di uscita e (di) rientro”.
Ciò posto si osserva Che, secondo la ricostruzione fattuale, non contestata quanto al suo divenire storico dal ricorrente, questi fu, una prima volta visto conversare dalla Pg, nel mentre questa in data 31 luglio 2024 operava un controllo in ordine alla sua posizione, con una terza persona non identificata (il COGNOME ebbe a sostenere che si trattava di una sorella) tramite un telefono cellulare; richiesto dell’aggravamento della misura, stante la violazione della prescrizione di non avere contatti con soggetti con lui non conviventi, il Tribunale di Nocera Inferiore, ritenuta la non gravità della violazione, con ordinanza del 8 agosto 2024, aveva rigettato la relativa richiesta.
In pari data, tuttavia, il Tribunale, con provvedimento a questo notificato il successivo 9 agosto, negava al ricorrente l’autorizzazione a ricevere la visita di taluni parenti.
Il successivo 15 agosto 2024, prosegue il Tribunale di Salerno, agenti di Pg incaricati di verificare la ottemperanza del COGNOME‘COGNOME alle prescrizioni a lui imposte, rilevavano che questo, alle ore 9,45 non si trovava presso la sua abitazione, presso la quale faceva, tuttavia, ritorno entro le ore 10, adducendo a propria giustificazione il fatto che egli era autorizzato ad assentarsi da quella fra le ore 9 e le ore 10; avendo gli agenti di Pg osservato che il prevenuto proveniva da un vicino locale pubblico, questi, ivi recatisi, identificavano fra gli avventori presenti un cospicuo numero di congiunti del COGNOME i quali dichiaravano che si trovavano lì essendo andati a trovare il loro parente.
Ritenuta, questa volta, di maggiore gravità la violazione delle prescrizioni impostegli, con ordinanza del 20 agosto 2024 il Tribunale di Nocera Inferiore ripristinava lo stato detentivo del ricorrente ed il relativo provvedimento, oggetto di gravame da parte dell’imputato, era confermato in sede di appello cautelare con la ordinanza ora impugnata.
Questo essendo lo stato degli atti, ribadisce il Collegio la infondatezza del ricorso proposto dalla difesa fiduciaria del ricorrente.
In sintesi, la tesi difensiva si basa sulla circostanza che, essendo stato il COGNOME autorizzato ad GLYPH assentarsi GLYPH dalla GLYPH sua abitazione, GLYPH anche
quotidianamente, dalle ore 9 alle ore 10 “per provvedere alle proprie indispensabili esigenze di vita”, la condotta che gli è stata addebitata non integrerebbe gli estremi della violazione alle prescrizioni imposte, dovendo intendersi che la autorizzazione concessagli dovesse assorbire, in senso derogatorio, il divieto di avere contatti con altri che non fossero i soggetti con lui conviventi per tutta la durata del tempo in cui questi poteva trattenersi al di furi della sua abitazione.
L’assunto non è accettabile.
Indiscusso è che, stante il chiaro disposto dell’art. 276, comma 1-ter, cod. proc. pen, in caso di violazione degli obblighi connessi agli arresti domiciliari ed aventi ad oggetto l’allontanamento del soggetto ad essi addictus dalla abitazione ove gli stesso sono applicati, il giudice dispone, ove la violazione non sia stata ritenuta di lieve entità, la revoca della misura e la sostituisce con quella della custodia in carcere.
Ciò posto – considerata l’elevato grado di discrezionalità spettante al giudice della cautela nel riscontrare la sussistenza o meno della ipotesi di lieve entità, tale da consentire al giudice della legittimità uno scrutinio in ordine alla valutazione espressa al riguardo in sede di merito solo nella ipotesi in cui esso risulti essere manifestamente illogico (sulla natura discrezionale di detta ponderazione si veda: Corte di cassazione, Sezione V penale, 12 giugno 2006, n. 19874, rv 234289) – si rileva che nella fattispecie siffatta discrezionalità non appare avere trasmodato in arbitrio, posto che indubbiamente il COGNOME ha violato la prescrizione di non allontanarsi dalla propria abitazione se non a seguito di previo avviso dato alle forze dell’ordine preposte al controllo sulla ottemperanza da parte sua delle prescrizioni in questione; va, d’altra parte, osservato che non appare frutto di un uso distorto della discrezionalità spettante all’organo giudicante l’avere ritenuto, quanto alla presente fattispecie, irrilevante la circostanza che il ricorrente godesse del permesso di allontanarsi, si ribadisce previo avviso alle forze dell’ordine, dalla sua abitazione.
Invero, siffatta facoltà gli era stata concessa al solo scopo di “attendere alle sue indispensabili esigenze di vita”, tale non potendo essere ritenuta l’opportunità di ricevere, con un tempistica forse non casuale, in data 15 agosto la visita di un nutrito gruppo di parenti; né, infine, può ritenersi, come appare ritenere il ricorrente, che il divieto di prendere contatto con altri che non fossero i soggetti con lui conviventi nella abitazione ove egli si trovava
agli arresti domiciliari, dovesse Intendersi sospeso durante tutto il periodo in cui egli era autorizzato a recarsi al di fuori di tale abitazione.
Infatti, se logicamente un tale divieto si potrebbe porre in contrasto con la soddisfazione delle esigenze che costituiscono la ratio della facoltà a lui attribuita di allontanarsi dalla abitazione de qua, deve tuttavia aggiungersi che siffatta contraddittorietà deve intendersi limitata ai soli contatti con terze persone che siano strettamente strumentali alla soddisfazione di tali ricordate esigenze, e non, invece, come parrebbe intendere la ricorrente difesa, come una generalizzata sospensione, nel periodo in cui è derogato l’obbligo di permanenza agli arresti domiciliari, di tutte le prescrizioni alla misura cautelare all’epoca applicata al COGNOME.
Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato ed il ricorrente va condannato, visto l’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali.
PQM
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 28 novembre 2024
Il Consigliere estensore