Arresti Domiciliari per Altra Causa: Quando la Mancata Comunicazione Rende il Ricorso Inammissibile
Nel complesso panorama del diritto processuale penale, la partecipazione dell’imputato al giudizio rappresenta un diritto fondamentale. Tuttavia, tale diritto non è privo di doveri correlati. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio cruciale: spetta all’imputato, che si trovi agli arresti domiciliari per altra causa, informare il giudice del proprio stato di restrizione per garantire la propria presenza in aula. La mancata comunicazione di questo impedimento può portare a conseguenze gravi, come la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
I Fatti del Caso
La vicenda trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello. Il ricorrente sosteneva la nullità della sentenza per non aver potuto partecipare al giudizio, in quanto si trovava in stato di arresti domiciliari disposti nell’ambito di un altro procedimento penale. A suo dire, questa condizione di ‘ristrettezza domiciliare’ costituiva un legittimo impedimento che avrebbe dovuto portare all’annullamento della decisione presa in sua assenza.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha respinto la tesi del ricorrente, dichiarando il ricorso inammissibile. I giudici hanno condannato l’imputato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. La decisione si fonda su un principio di auto-responsabilità dell’imputato e del suo difensore.
Le Motivazioni: l’onere di comunicazione agli arresti domiciliari per altra causa
La Corte ha chiarito che la nullità dedotta non sussiste. Il punto centrale della motivazione risiede nell’assenza di prova che il giudice procedente fosse a conoscenza della condizione restrittiva dell’imputato. Secondo gli Ermellini, non è compito del giudice ricercare attivamente informazioni sullo stato personale dell’imputato relative ad altri procedimenti. Al contrario, sarebbe stato un preciso ‘onere’ dell’imputato stesso, specialmente perché assistito da un difensore di fiducia, attivarsi per comunicare il proprio impedimento.
L’imputato aveva due strade percorribili:
1. Informare direttamente il giudice del processo in corso della sua mutata condizione, ovvero dello stato di arresti domiciliari per altra causa.
2. Rivolgersi al ‘giudice della cautela’ (cioè il magistrato che aveva emesso l’ordinanza di arresti domiciliari) per richiedere i provvedimenti necessari a consentirgli la partecipazione all’udienza, come un’autorizzazione temporanea a lasciare il domicilio.
Non avendo intrapreso nessuna di queste azioni, l’imputato non può lamentare una violazione del suo diritto di partecipazione. La Corte ha richiamato precedenti giurisprudenziali conformi, tra cui una pronuncia delle Sezioni Unite, sottolineando che l’onere informativo grava sulla parte interessata.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia
Questa ordinanza offre un importante monito per gli imputati e i loro difensori. La presenza di un impedimento legittimo a partecipare a un’udienza, come la detenzione domiciliare, deve essere tempestivamente e formalmente comunicata al giudice competente. Affidarsi alla presunzione che il sistema giudiziario metta automaticamente in comunicazione le informazioni tra procedimenti diversi è un errore che può costare caro. La pronuncia ribadisce che la diligenza processuale è fondamentale: l’imputato che desidera esercitare il proprio diritto a partecipare al processo deve assumere un ruolo attivo, informando l’autorità giudiziaria di ogni ostacolo che potrebbe impedirglielo. In caso contrario, il rischio è quello di vedersi preclusa la possibilità di far valere le proprie ragioni in appello o in Cassazione.
Se un imputato è agli arresti domiciliari per un altro procedimento, è un valido motivo per annullare la sentenza se non ha potuto partecipare al processo?
No, non automaticamente. La Corte di Cassazione ha stabilito che la nullità non sussiste se il giudice del processo non era a conoscenza di tale impedimento, in quanto non vi è prova della sua consapevolezza.
Di chi è la responsabilità di informare il giudice che l’imputato si trova agli arresti domiciliari per altra causa?
Secondo la sentenza, è un onere specifico dell’imputato, e del suo difensore, informare il giudice procedente della propria condizione restrittiva per poter validamente far valere l’impedimento.
Cosa avrebbe dovuto fare l’imputato per poter partecipare al giudizio?
L’imputato avrebbe dovuto informare il giudice del procedimento in corso della sua condizione oppure chiedere al giudice che aveva disposto la misura cautelare (il giudice della cautela) i provvedimenti necessari per consentirgli la partecipazione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 32085 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 32085 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 03/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a TARANTO il 20/03/1984
avverso la sentenza del 21/01/2025 della CORTE APPELLO SEZ.DIST. di TARANTO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME
considerato che la dedotta nullità non sussiste, in assenza di prova del consapevolezza da parte del giudice procedente, della condizione di ristrette domiciliare ‘per altra causa’ (Sez. U, n. 7635 del 30/09/2021, dep. 2022, Costantino, Rv. 282806 – 01), e che d’altra parte, sarebbe stato o dell’imputato, agli arresti domiciliari per altra causa, tanto più in quanto a da difensore di fiducia in ogni fase processuale, informare il giudice proced della propria, mutata condizione, ovvero, in alternativa, richiedere all’au competente (il giudice della cautela) i provvedimenti che gli consentisser partecipazione al giudizio (Sez. 4, n. 45578 del 28/10/2021, COGNOME, 282547 – 01);
ritenuto, pertanto, che il ricorso vada dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma d euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle sp processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
GLYPH Così deciso il 3 giugno 2025