Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 34005 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 34005 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 23/05/2024
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sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nato in Russia il DATA_NASCITA
avverso la ordinanza di archiviazione del 6/02/2024 del GIP del TRIBUNALE di ROMA.
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Il denunciante ricorre avverso la ordinanza con cui il GIP del Tribunale di Roma, che ha archiviato il procedimento penale in quanto la mancanza dell’originale del documento contraffatto (biglietto di invito a presentarsi alla PG) rendeva impossibile una corretta indagine per verificarne l’autore e non consentiva di formulare una favorevole prognosi di condanna.
Il motivo proposto – che contesta abnormità della ordinanza perché disposta per motivo diverso da quello addotto nella richiesta del PM e per violazione del principio del contraddittorio – è manifestamente infondato.
Invero, l’archiviazione disposta dal G.I.P. per motivi diversi da quelli di cui alla richiesta del PM (nella specie: archiviazione disposta per inesistenza degli estremi per la configurabilità del reato a fronte di una richiesta fondata sul
difetto di una condizione di procedibilità) non determina la abnormità del provvedimento e ne esclude la impugnabilità qualora non si sia verificata alcuna violazione della norma di cui al sesto comma dell’art.409 cod. proc. pen. qualora le parti siano state comunque poste in grado di esercitare le facoltà ad esse attribuite, e cioè l’intervento in camera di consiglio per i procedimenti dinanzi al Tribunale, ed il contraddittorio documentale per i procedimenti di competenza del Pretore. In tale ultima ipotesi, il giudice può decidere con ordinanza “de plano”, in base ad un contraddittorio meramente cartolare, in coerenza col principio di semplificazione del procedimento pretorile (Sez. U, 3.7.95, Bianchi, mass. 201381 e mass. 201382; Conf. SU 191170; Corte C. 25 marzo 1993 n. 123 e 130). Ne con segue che l’archiviazione statuita dal Gip presso la Pretura è impugnabile soltanto a, norma degli artt. 127, comma 5 e 606, lett. c) c.p.p., per l’omessa notifica della richiesta di archiviazione alla persona offesa che abbia fatto domanda di essere informata, omissione che impedisce alla parte di provocare, con l’opposizione, il contraddittorio documentale.
L’eventuale illegittimità dell’archiviazione, non determinata dalla violazione delle norme sul contraddittorio, non giova, di per sè, a far ritenere impugnabile, il provvedimento quale atto abnorme. E, invero, l’ordinanza impugnata non è ne’ illegittima ne’ abnorme, in quanto, nel caso in cui sia stata richiesta, come nella fattispecie, l’archiviazione per difetto di elementi utili alla identificazio dell’autore del reato, il G.i.p. può aderire alla richiesta per la sussistenza di una delle ipotesi previste dall’art. 411 cod. proc. pen., ovvero per la manifesta infondatezza della notitia criminis. La diversità di motivazione non ha rilevanza, in quanto il provvedimento rientra nella tipologia di quelli che il giudice può adottare ex art. 408 e 411 cod. proc. pen. e perché non è invasiva delle prerogative del pubblico ministero, la cui richiesta viene accolta, e non è lesiva del diritto al contraddittorio che è assicurato, comunque, dall’opposizione proposta dalla parte offesa che può estendere l’intervento al di là dei motivi della richiesta, nella consapevolezza che l’archiviazione può essere dichiarata per un motivo diverso da quello prospettato dalla parte pubblica. Siffatta interpretazione è coerente con la natura di un provvedimento, precario e non irrevocabile, che non richiede un contraddittorio semipleno, avendo valore di statuizione rebus sic stantibus che può essere travolta, in qualsiasi momento, ai sensi dell’art. 414 cod. proc. pen., dalla riapertura delle indagini, richiesta dal pubblico ministero anche su sollecitazione della parte offesa. In una fase procedimentale, che non consuma definitivamente l’attività propulsiva dell’azione penale e nella quale il contraddittorio non si estende neppure all’indagato, che non ha diritto di interloquire sull’opposizione (Corte C. 1.4.98 n. 95), la tutela delle ragioni del soggetto passivo del reato, in quanto anticipata a questo momento e
atipicamente attribuita ad un soggetto che non è parte processuale, ha carattere eccezionale. Si spiega, inoltre, con la ratio delle norme e la finalità perseguita dall’istituto che è diretto, infatti, a contemperare, in una superiore sintesi, nell’interesse pubblico e del singolo indagato, il principio della superfluità del processo con quello dell’obbligatorietà dell’azione penale, attraverso una verifica attribuita al giudice che è chiamato, nella contrapposizione della parte offesa e del pubblico ministero, ad evitare scelte arbitrarie in ordine all’azione o all’inazione penale. Poiché lo ius ad loquendum è assicurato con l’opposizione e nei, ristretti limiti in cui il meccanismo di tutela risponda alla ratio dell’istitu alla prevalente funzione di verifica giurisdizionale, esercitata dal giudice in un procedimento pretorile caratterizzato dalla massima semplificazione, è arbitraria la pretesa che il giudice – terzo ometta di esercitare la giurisdizione nella sua naturale estensione. Che limiti, cioè, la verifica alla causa di archiviazione segnalala dal pubblico ministero e, non accogliendo la richiesta, ordini di esercitare l’azione penale con la formulazione dell’imputazione, nonostante l’accertata infondatezza della notitia criminis. Consegue la condanna alle spese e alla sanzione pecuniaria, ex art.616 c.p.p. (Sez. 5, Ordinanza n. 6131 del 13/11/1998, Rv. 212509 – 01 Imputato: COGNOME; Riv 215272 Riv 269720 Riv 270488).
Inoltre, l’archiviazione disposta in quanto l’assenza dell’originale del documento contraffatto (biglietto di invito a presentarsi alla PG) rendeva impossibile una corretta indagine per verificarne l’autore e non consentiva di formulare una favorevole prognosi di condanna, è in linea con la richiesta del AVV_NOTAIO Generale.
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, senza formalità di procedura, ai sensi dell’art. 610 comma 5-bis cod. proc. pen., e che il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 23/05/2024