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Appello via PEC: la firma digitale c’è col .p7m

La Corte di Cassazione ha annullato una declaratoria di inammissibilità per un appello via PEC. Si è stabilito che la presenza di un file con estensione .pdf.p7m è prova sufficiente della firma digitale, rendendo errata la decisione del Tribunale che aveva ritenuto l’atto non sottoscritto.

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Pubblicato il 23 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Appello via PEC: la Cassazione conferma la validità con il file .p7m

Nel contesto della digitalizzazione della giustizia, l’invio di un appello via PEC rappresenta una pratica consolidata, ma ancora soggetta a incertezze interpretative. Una recente sentenza della Corte di Cassazione chiarisce un punto fondamentale: la presenza di un file con estensione .p7m è prova sufficiente della sottoscrizione digitale, anche in caso di errori procedurali commessi dalla cancelleria. Questo principio rafforza le tutele per i difensori e garantisce l’effettività del diritto di impugnazione nell’era digitale.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da un’ordinanza del Tribunale di Milano che dichiarava inammissibile l’appello proposto dal difensore di un indagato avverso un provvedimento restrittivo di una misura cautelare. La motivazione del Tribunale si basava sulla presunta assenza della firma digitale sull’atto di impugnazione.

Il difensore, tuttavia, ha presentato ricorso per cassazione, documentando di aver agito correttamente. Egli aveva inizialmente inviato una prima PEC che, per un errore materiale, risultava priva degli allegati corretti. Consapevole dell’errore, inviava tempestivamente una seconda PEC, specificando che questa annullava e sostituiva la precedente. La seconda comunicazione conteneva tutti gli atti necessari, inclusi due file relativi all’impugnazione: uno in formato .pdf e l’altro, cruciale, in formato .pdf.p7m, che attesta l’apposizione della firma digitale.

Il Tribunale, nel decidere sull’ammissibilità, non aveva tenuto conto di questa seconda e corretta trasmissione. Inoltre, come accertato dal difensore, il funzionario di cancelleria aveva erroneamente analizzato il file .dat (un file di sistema generato dalla trasmissione PEC) anziché il file .p7m allegato, concludendo erroneamente per la mancanza della sottoscrizione.

La Decisione della Corte: l’errore sull’appello via PEC

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del difensore, annullando senza rinvio l’ordinanza di inammissibilità e disponendo la trasmissione degli atti al Tribunale di Milano per il giudizio di merito. La decisione si fonda su un principio chiaro e consolidato, già affermato in precedenti pronunce.

Le Motivazioni

La Corte ha ritenuto l’ordinanza del Tribunale palesemente errata. La motivazione della Cassazione si articola su un punto centrale: la natura del file .p7m. I giudici hanno ribadito che un file con estensione .pdf.p7m è, per sua stessa natura, un documento informatico firmato digitalmente. Non si tratta di una presunzione, ma di una caratteristica tecnica intrinseca di tale formato, che funge da ‘busta crittografica’ contenente il documento e la relativa firma.

Di conseguenza, la semplice presenza di tale file tra gli allegati della PEC era una prova sufficiente e inconfutabile della validità della sottoscrizione. La Corte ha sottolineato che, di fronte a un file .p7m, non è necessaria alcuna ulteriore verifica o accertamento complesso. L’errore del funzionario di cancelleria, che ha analizzato un file di sistema invece dell’atto di impugnazione correttamente firmato, non può ricadere sulla parte processuale che ha rispettato le norme procedurali.

La decisione impugnata è stata quindi annullata perché fondata su un presupposto fattuale e giuridico errato: la presunta mancanza di una firma che, invece, era chiaramente presente e validamente apposta secondo le modalità tecniche previste dalla legge.

Le Conclusioni

Questa sentenza riveste un’importanza pratica notevole per tutti gli operatori del diritto. In primo luogo, essa offre una tutela fondamentale ai difensori, stabilendo che il corretto adempimento dell’onere di deposito telematico non può essere vanificato da errori di verifica da parte degli uffici giudiziari. In secondo luogo, consolida un principio di certezza giuridica nel processo di digitalizzazione: il formato .p7m è di per sé garanzia di firma digitale valida. Gli avvocati possono quindi fare affidamento su questa modalità per il deposito degli atti, sicuri che la sua adozione rispetti i requisiti di legge. La decisione promuove un’interpretazione che favorisce la sostanza sulla forma, garantendo che il diritto di difesa e di impugnazione non sia compromesso da meri disguidi tecnici o procedurali interni agli uffici giudiziari.

Un file con estensione .p7m è sufficiente a dimostrare la firma digitale di un atto?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che un file con estensione .pdf.p7m è notoriamente un documento firmato digitalmente. La sua semplice presenza tra gli allegati di una PEC è prova sufficiente della sottoscrizione, senza che siano necessari ulteriori accertamenti.

Cosa succede se si invia un appello via PEC con un errore e poi si invia una seconda PEC corretta?
Nel caso esaminato, il difensore ha inviato una seconda PEC specificando che annullava e sostituiva la precedente errata. La Corte di Cassazione, annullando la decisione di inammissibilità, ha implicitamente riconosciuto la validità di questa procedura di correzione, basando la propria decisione sulla seconda comunicazione, che era completa e corretta.

A chi è imputabile l’errore se la cancelleria del tribunale verifica il file sbagliato per la firma digitale?
L’errore commesso dal funzionario di cancelleria, che ha analizzato un file di sistema (.dat) invece dell’allegato firmato digitalmente (.p7m), non può pregiudicare il diritto della parte che ha correttamente depositato l’atto. La Corte ha annullato il provvedimento di inammissibilità, dimostrando che l’errore dell’ufficio giudiziario non deve ricadere sul ricorrente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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