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Appello tardivo: le nuove scadenze dopo Cartabia

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza che dichiarava un appello tardivo. Il caso riguardava un imputato dichiarato assente prima della Riforma Cartabia, ma la cui sentenza di primo grado è stata emessa dopo. La Suprema Corte ha chiarito che, in base alle norme transitorie, si applica il termine di impugnazione più lungo previsto dalla nuova legge, rendendo l’appello tempestivo e legittimo.

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Pubblicato il 14 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Appello tardivo e Riforma Cartabia: la Cassazione fa chiarezza

La recente Riforma Cartabia ha introdotto importanti novità nel processo penale, in particolare per quanto riguarda i termini per le impugnazioni. Una recente sentenza della Corte di Cassazione affronta un caso emblematico di appello tardivo, fornendo un’interpretazione cruciale delle norme transitorie. La decisione chiarisce come calcolare le scadenze per l’appello quando la dichiarazione di assenza dell’imputato è avvenuta prima dell’entrata in vigore della riforma, ma la sentenza è stata emessa dopo.

I Fatti del Caso: L’impugnazione contestata

Nel caso in esame, la Corte di Appello aveva dichiarato inammissibile, perché considerato appello tardivo, il ricorso presentato dal difensore di un’imputata. La Corte territoriale aveva ritenuto che non si potesse applicare il termine di impugnazione prolungato di quindici giorni, previsto dalla Riforma Cartabia per i casi di giudizio in assenza.

Il fulcro del problema risiedeva in una discrepanza temporale: la dichiarazione di assenza dell’imputata era avvenuta nel giugno 2022, sotto la vigenza della vecchia normativa. La sentenza di primo grado, invece, era stata pronunciata nel giugno 2023, quando la Riforma Cartabia era già pienamente in vigore. Il difensore, confidando nell’applicazione delle nuove norme più favorevoli, aveva utilizzato il termine esteso per depositare l’appello, ma la Corte di Appello lo aveva respinto.

La Decisione della Cassazione e le norme sull’appello tardivo

La Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione della Corte di Appello, accogliendo il ricorso della difesa. La Suprema Corte ha stabilito che l’ordinanza impugnata era viziata da un errore di diritto e doveva essere annullata. Di conseguenza, ha disposto la trasmissione degli atti alla Corte di Appello per la prosecuzione del giudizio.

Il punto centrale della decisione è l’applicazione della disciplina transitoria prevista dalla stessa Riforma Cartabia. Questa disciplina è stata creata proprio per gestire le situazioni a cavallo tra il vecchio e il nuovo regime normativo, evitando incertezze e garantendo i diritti della difesa.

Le motivazioni

La Cassazione ha spiegato che il principio applicato dalla Corte di Appello era errato. Quest’ultima si era basata su un orientamento secondo cui l’imputato che sceglie il rito abbreviato tramite procuratore speciale è da considerarsi ‘presente’, escludendo così l’applicazione del termine di impugnazione maggiorato.

Tuttavia, questo principio non era applicabile al caso di specie. La Suprema Corte ha evidenziato che la disciplina transitoria della Riforma (in particolare l’art. 89 del d.lgs. n. 150/2022) stabilisce una regola chiara: se la dichiarazione di assenza è intervenuta prima dell’entrata in vigore della riforma, ma la sentenza da impugnare è stata emessa dopo, si applicano le nuove disposizioni più favorevoli in materia di termini per l’impugnazione. Tra queste figura l’art. 585, comma 1-bis, del codice di procedura penale, che concede appunto quindici giorni in più al difensore dell’imputato giudicato in assenza.

In sintesi, la dichiarazione di assenza del 2022 è avvenuta secondo le vecchie regole, ma la sentenza del 2023 doveva essere impugnata secondo le nuove scadenze. Pertanto, il prolungamento del termine era legittimo e l’appello era stato presentato tempestivamente.

Le conclusioni

Questa sentenza offre un chiarimento fondamentale per avvocati e imputati, stabilendo un principio di diritto importante sull’applicazione delle norme transitorie della Riforma Cartabia. Viene affermato il principio di favore per l’imputato, garantendo l’applicazione dei termini di impugnazione più ampi anche in situazioni ibride, a cavallo tra due regimi normativi. La decisione rafforza il diritto di difesa, assicurando che le complessità della successione di leggi nel tempo non si traducano in una preclusione all’accesso alla giustizia.

Quando si applica il termine di impugnazione più lungo per l’imputato assente secondo la Riforma Cartabia?
Si applica a tutte le impugnazioni contro sentenze pronunciate dopo l’entrata in vigore della Riforma (31 dicembre 2022), anche se la dichiarazione di assenza dell’imputato è avvenuta in un momento precedente, sotto la vigenza della vecchia normativa.

Un appello presentato oltre i termini ordinari è sempre un appello tardivo?
No. Come dimostra questo caso, la legge può prevedere termini speciali più lunghi in determinate circostanze. Nello specifico, l’art. 585, comma 1-bis, c.p.p. concede 15 giorni aggiuntivi per l’impugnazione del difensore dell’imputato giudicato in assenza, rendendo l’appello tempestivo anche se depositato oltre la scadenza ordinaria.

La dichiarazione di assenza avvenuta prima della Riforma Cartabia impedisce l’applicazione delle nuove, più favorevoli, norme sui termini di impugnazione?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che, in base alla disciplina transitoria, il momento determinante per stabilire quale norma sui termini di impugnazione applicare è la data di pronuncia della sentenza da impugnare, non la data della dichiarazione di assenza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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