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Appello tardivo: inammissibilità senza udienza

Un imputato, condannato per ricettazione, propone un appello che la Corte territoriale dichiara inammissibile perché presentato fuori termine. La Corte di Cassazione conferma la decisione, specificando che in caso di appello tardivo il giudice può dichiarare l’inammissibilità ‘de plano’, ovvero senza fissare un’udienza. La sentenza chiarisce che la correttezza sostanziale della decisione prevale su eventuali carenze motivazionali dell’ordinanza riguardo al calcolo dei termini.

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Pubblicato il 18 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Appello Tardivo: La Cassazione Chiarisce i Poteri del Giudice

Il rispetto dei termini perentori nel processo penale è un pilastro fondamentale per garantire la certezza del diritto e la ragionevole durata dei procedimenti. Una recente sentenza della Corte di Cassazione affronta il caso di un appello tardivo, confermando la legittimità della procedura semplificata di inammissibilità e chiarendo importanti principi sulla motivazione dei provvedimenti giudiziari. Analizziamo insieme i dettagli di questa decisione per comprenderne le implicazioni pratiche.

I Fatti del Processo: dalla Condanna al Ricorso in Cassazione

La vicenda ha origine da una sentenza di condanna per il reato di ricettazione emessa dal Tribunale. L’imputato, attraverso il suo difensore, proponeva appello avverso tale decisione. Tuttavia, la Corte di appello competente dichiarava l’impugnazione inammissibile perché tardiva, ovvero depositata oltre il termine previsto dalla legge.

Contro questa ordinanza di inammissibilità, l’imputato presentava ricorso per cassazione, lamentando una violazione delle norme processuali. In particolare, la difesa sosteneva che la Corte territoriale non avesse adeguatamente motivato le ragioni della ritenuta tardività, impedendo così di valutare la reale sussistenza della causa di inammissibilità.

La Procedura Semplificata in caso di Appello Tardivo

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendolo manifestamente infondato e fornendo chiarimenti cruciali sulla corretta procedura da seguire in questi casi. Il punto centrale della controversia era se il giudice d’appello, di fronte a un’impugnazione tardiva, dovesse fissare un’udienza o potesse decidere con una procedura più snella.

La Verifica Diretta degli Atti da parte della Cassazione

In primo luogo, la Suprema Corte ha ribadito un principio fondamentale: quando si discutono questioni di natura processuale, la Corte di cassazione agisce anche come ‘giudice del fatto’ e può quindi accedere direttamente agli atti del fascicolo per verificare la situazione. Dall’esame degli atti è emerso in modo inequivocabile che la sentenza di primo grado era stata notificata all’imputato il 20 settembre 2013. Da quella data decorreva il termine di 45 giorni per impugnare, scaduto il 4 novembre 2013. L’atto di appello, invece, era stato depositato solo il 25 novembre 2013, ben tre settimane dopo la scadenza.

La Correttezza della Procedura ‘de plano’

Sulla base di questa constatazione, la Cassazione ha confermato la correttezza dell’operato della Corte d’appello. Secondo la giurisprudenza costante, l’inammissibilità di un appello dovuta al mancato rispetto dei termini perentori deve essere dichiarata ‘de plano’. Questa espressione latina indica che il giudice provvede con ordinanza senza necessità di fissare un’udienza camerale e senza avvisare i difensori. Si tratta di una procedura semplificata, prevista dal codice di rito, finalizzata a evitare inutili lungaggini processuali quando la causa di inammissibilità è palese e oggettivamente riscontrabile, come nel caso di un appello tardivo.

Le Motivazioni e le Conclusioni

La Corte ha inoltre precisato un aspetto rilevante riguardo alla motivazione dell’ordinanza di inammissibilità. Anche se l’ordinanza impugnata non esplicitava il calcolo dettagliato dei termini, ciò non la rendeva invalida. Richiamando precedenti delle Sezioni Unite, i giudici hanno affermato che ciò che conta per la validità di una decisione è la sua correttezza sostanziale, non il dettaglio del percorso argomentativo. Se la decisione di dichiarare l’appello tardivo è giuridicamente corretta, come in questo caso, la carenza di motivazione su quel punto specifico diventa irrilevante.

In conclusione, questa sentenza ribadisce la rigidità dei termini processuali e legittima l’uso della procedura ‘de plano’ per sanzionare le impugnazioni tardive. Per gli operatori del diritto, ciò sottolinea l’importanza di un monitoraggio scrupoloso delle scadenze. Per l’imputato, la conseguenza è la condanna definitiva al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende, a causa della colpa evidente nel proporre un ricorso palesemente infondato.

Quando un appello è considerato tardivo?
Un appello è considerato tardivo quando viene depositato oltre il termine perentorio stabilito dalla legge, che nel caso specifico era di 45 giorni dalla notifica dell’estratto contumaciale della sentenza di primo grado.

Se un appello è tardivo, il giudice deve fissare un’udienza prima di dichiararlo inammissibile?
No. Secondo la giurisprudenza costante richiamata dalla Cassazione, l’inammissibilità per tardività va dichiarata ‘de plano’, cioè con un’ordinanza emessa senza la necessità di fissare un’udienza e senza ulteriori formalità di procedura.

L’ordinanza che dichiara l’inammissibilità per tardività deve specificare nel dettaglio il calcolo dei termini?
No, l’omessa indicazione nell’ordinanza del calcolo specifico dei termini di impugnazione è irrilevante ai fini della sua validità. Ciò che conta è la correttezza sostanziale della decisione: se l’appello era effettivamente tardivo, l’ordinanza che lo dichiara inammissibile è legittima.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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