Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 1165 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 1165 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a ROMA il 08/12/1957
avverso la sentenza del 26/04/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; sentita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore COGNOME
COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 26 aprile 2023, la Corte di appello di Roma ha dichiarato inammissibile, per tardività, l’appello proposto da NOME COGNOME nei confronti della sentenza pronunciata nei suoi confronti dal Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Velletri in data 20 luglio 2021
Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo dei difensori di fiducia avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME deducendo violazione di legge processuale e chiedendo la correzione di un errore materiale.
2.1. La violazione di legge processuale viene individuata nelle norme dettate dagli articoli 591, comma 3, e 178, comma 1 lett. C), cod. proc. pen.
La Corte di appello avrebbe dovuto dichiarare l’inammissibilità dell’appello con ordinanza e non con sentenza. Inoltre, essendosi riservata di depositare la motivazione entro il termine di cinquanta giorni, ai sensi dell’art. 544, comma 3, cod. proc. pen. (ed avendo effettivamente depositato la sentenza entro venti giorni, il 16 maggio 2023) non avrebbe potuto, come invece ha fatto nel dispositivo, disporre sin da subito l’esecuzione della sentenza di primo grado.
Osserva infine il ricorrente che, nel medesimo dispositivo, la sentenza di primo grado è erroneamente indicata come pronunciata dal G.u.p. di Civitavecchia anziché da quello di Velletri.
2.2. Il ricorrente chiede la correzione di due errori materiali: oltre a quello indicato nel primo motivo, quello contenuto nella motivazione della sentenza impugnata, laddove la data di deposito del tardivo atto di appello è indicata nel 23 novembre 2023 anziché nel 23 novembre 2021.
Il Procuratore generale ha concluso per iscritto chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Il primo motivo denuncia violazione di legge processuale, ma nemmeno deduce quale sia la sanzione processuale che ne sarebbe derivata, laddove è noto che la mancata osservanza di una norma processuale in tanto ha rilevanza in quanto sia stabilita a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità o decadenza, come espressamente disposto dall’art. 606, comma 1, lett. c) cod. proc. pen.
Del resto, non compete alla Corte di cassazione, in mancanza di specifiche deduzioni, verificare se esistano cause di inutilizzabilità o di invalidità di atti d procedimento che non appaiano manifeste, in quanto implichino la ricerca di evidenze processuali o di dati fattuali che è onere della parte interessata rappresentare adeguatamente (Sez. U, n. 39061 del 16/07/2009, COGNOME, Rv. 244328).
2. Il ricorso è inammissibile per due ulteriori e concorrenti ragioni.
Anzitutto, esso è manifestamente infondato, giacché l’art. 591, comma 4, cod. proc. pen. espressamente stabilisce che «l’inammissibilità, quando non è stata rilevata a norma del comma 2, può essere dichiarata in ogni stato e grado del procedimento», sicché la Corte di appello può ben provvedere, come ha fatto, con sentenza, laddove non abbia dichiarato l’inammissibilità con ordinanza (cfr. Sez. 6, n. 2888 del 13/11/2002, COGNOME, Rv. 223:300; Sez. 4, n. 2041 del 03/03/2000, COGNOME, Rv. 217427; Sez. 1, n. 11027 del 13/07/1998, Aleo, Rv. 211608).
Inoltre, è evidente la carenza di interesse, perché il ricorrente lamenta che la Corte di appello abbia disposto l’esecuzione immediata della sentenza di primo grado (come espressamente previsto dal comma 2 dell’art. 591 cod. proc. pen.) e deduce – del tutto apoditticamente – che a tanto la Corte non si sarebbe potuta determinare prima del deposito della sentenza. In disparte l’incongruenza del ragionamento (il ricorrente nemmeno giustifica la conclusione secondo la quale la declaratoria di immediata esecutività dovrebbe essere collegata al provvedimento assunto inaudita altera parte con la forma dell’ordinanza e non invece al più garantito provvedimento assunto con sentenza all’esito del c:ontraddittorio), nel momento in cui enuncia il motivo di ricorso, per definizione il termine di deposito della sentenza è decorso e la sentenza è stata depositata. Dunque, secondo lo stesso ragionamento del ricorrente, al momento stesso della presentazione del ricorso la clausola di esecutività del provvedimento impugnato era stata validamente apposta.
In ogni caso, la sentenza di primo grado poteva ben essere eseguita sin dal decorso del termine per l’impugnazione: «In tema di giudicato formale, dalla lettura coordinata degli artt. 648, comma secondo, e 591, comma secondo, cod. proc. pen. si desume che la presentazione di un’impugnativa tardiva non impedisce il passaggio in giudicato della sentenza, la quale, pertanto, deve essere necessariamente eseguita a cura del pubblico ministero, anche prima della pronuncia dichiarativa dell’inammissibilità dell’impugnazione» (Sez. U, n. 47766 del 26/06/2015, Butera, Rv. 265107).
A fronte della tardività dell’impugnazione, il provvedimento che la dichiara (sia esso ordinanza o sentenza) si limita a prendere atto di un’irrevocabilità già verificatasi.
All’inammissibilità del ricorso consegue l’impossibilità per la Corte di cassazione di provvedere direttamente alla correzione dei dedotti errori, secondo quanto chiaramente dispone l’art. 130, comma 1 ultima parte, cod. proc. pen.
Né, d’altronde, si vede in uno dei casi previsti dall’art. 619 cod. proc. pen.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 29/11/2023.