Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 13081 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 13081 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 10/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
AVV_NOTAIO della Repubblica presso il Tribunale di Pavia
nel procedimento a carico di
COGNOME NOME, nato a Brescia il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/07/2023 del G.i.p. del Tribunale di Pavia
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata con restituzione degli atti al Tribunale di Pavia.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 14 luglio 2023, emessa ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen., il G.i.p. del Tribunale di Pavia, richiesto di emettere decreto penale di condanna nei confronti di NOME COGNOME per il reato continuato di cui all’art. 3 comma 1, lett. b), I. 157/1992, ha dichiarato la non punibilità dell’imputato per particolare tenuità del fatto.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il AVV_NOTAIO della Repubblica presso il suddetto Tribunale, deducendo l’erronea applicazione della legge penale per l’impossibilità di emettere, senza contraddittorio, una sentenza di proscioglimento ai sensi dell’art. 131 bis cod. pen. Ravvisando la sussistenza delle condizioni previste dalla predetta disposizione – si allega – i giudice avrebbe dovuto rigettare la richiesta di emissione del decreto penale e restituire gli atti al pubblico ministero, come insegnato da Cass. Sez. U, sent. n. 20569/2018. Si richiede, pertanto, la declaratoria di abnormità del provvedimento impugnato o, comunque, l’annullamento dello stesso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Come esattamente rileva il pubblico ministero ricorrente, nel risolvere un contrasto di giurisprudenza insorto sul punto, le Sezioni unite di questa Corte hanno affermato il principio giusta il quale non è abnorme, e quindi non è ricorribile per cassazione, il provvedimento con cui il giudice per le indagini preliminari, investito della richiesta di emissione di decreto penale di condanna, restituisca gli atti al pubblico ministero perché valuti la possibilità di chiedere l’archiviazione de procedimento per particolare tenuità del fatto ai sensi dell’art. 131-bis cod. pen., trattandosi di decisione che non implica alcuna invasione delle competenze dell’organo requirente, ma appartiene all’attività di qualificazione giuridica propria del giudice (Sez. U, n. 20569 del 18/01/2018, Ksouri, Rv. 272715).
Nella motivazione della citata decisione si legge che è questo il corretto epilogo decisorio laddove il giudice ritenga che sussistano i presupposti della causa non punibilità della particolare tenuità del fatto. Si è in particolare affermato c l’istituto «pretende per la sua applicazione la previa instaurazione del contraddittorio tra l’accusa, la difesa e persino la persona offesa, se esistente, perché implica l’accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità e della riferibilità all’imputato; esso comporta peraltro effetti non integralmente liberato per l’imputato e la necessità di assicurare tale garanzia viene riconosciuta anche nella fase dell’archiviazione del procedimento dall’art. 411, comma 1-bis, cod.
proc. pen. Pertanto, è corretto ritenere che sia preclusa al giudice, richiesto di emettere decreto penale di condanna, la possibilità di prosciogliere l’imputato ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen. a ragione della minima offensività del comportamento illecito per l’ostacolo procedurale rappresentato dalla connotazione del rito monitorio, che, per perseguire finalità deflattive e di accelerazione nella trattazione del processo, viene attivato dall’accusa in assenza di qualunque tipo di confronto preventivo con l’imputato e la sua difesa» (Sez. U, n. 20569 del 18/01/2018, Ksouri, Rv. 272715, in motivazione).
Il Collegio condivide questa valutazione e rileva che la sentenza nella specie adottata – che certo non è atto abnorme, trattandosi dell’esercizio del potere espressamente previsto dall’art. 459, comma 3, cod. proc. pen. esercitato con provvedimento impugnabile – va ritenuta illegittima ed affetta dalla nullità di ordine AVV_NOTAIO, a regime c.d. intermedio, di cui agli artt. 178, lett. c), e 180 cod. proc. pen., essendo stato precluso all’imputato il diritto ad esercitare contraddittorio sul punto.
Al di là del rilievo sulla non abnormità del provvedimento, va in modo assorbente al proposito segnalato, come questa Corte ha di recente avuto modo di precisare, che, pur dopo la c.d. riforma Cartabia, la sentenza di proscioglimento, emessa dal giudice per le indagini preliminari investito della richiesta di decreto penale di condanna, è inappellabile ma può essere impugnata con ricorso per cassazione (Sez. 3, n. 17419 del 04/04/2023, Bonfiglio, Rv. 284662), rispetto alla cui proposizione il AVV_NOTAIO della Repubblica è certamente soggetto legittimato ex art. 608, comma 2, cod. proc. pen. Tenendo conto di quanto osservato supra, sub §. 2, e trattandosi di sentenza ricorribile, è dunque manifestamente infondato il richiamo – pur contenuto in ricorso – alla pretesa abnormità del provvedimento, istituto che, com’è noto, può essere evocato soltanto per consentire eccezionalmente l’impugnazione contro provvedimenti del tutto incompatibili con il sistema processuale che non sarebbero altrimenti impugnabili.
3.1. Ciò premesso, reputa, tuttavia, il Collegio che il pubblico ministero – pur in astratto legittimato ad impugnare la sentenza – non abbia un concreto interesse, e neppure l’abbia allegato, a proporre il ricorso per cassazione per far esclusivamente valere, come nella specie avvenuto, la violazione del diritto al contraddittorio dell’imputato. Ed invero, è consolidato l’orientamento giusta il quale nel caso in cui il pubblico ministero propone ricorso per cassazione onde ottenere l’esatta applicazione della legge, sussiste il concreto ed attuale interesse richiesto dall’art. 568, comma 4, cod. proc. pen. solo se, con l’impugnazione, può raggiungersi un risultato non solo teoricamente corretto, ma anche praticamente
favorevole, a nulla rilevando l’affermazione in astratto di un principio di diritto applicare nel futuro (Sez. 2, n. 37876 del 12/09/2023, COGNOME, Rv. 285026; Sez. 3, n. 48581 del 13/09/2016, COGNOME, Rv. 268191).
3.2. Nel caso in esame, il pubblico ministero ben avrebbe potuto impugnare la sentenza, dolendosi della violazione della legge penale o del vizio di motivazione per aver il giudice erroneamente od illogicamente ritenuto la sussistenza dei presupposti della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.
In disparte l’erronea indicazione del motivo di ricorso di cui all’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., tuttavia, il ricorrente non ha eccepito la violazione della legge sostanziale né il vizio di motivazione, ma si è esclusivamente doluto della violazione della legge processuale (vengono evocati gli artt. 459, comma 3, e 129 cod. proc. pen. in relazione all’art. 131-bis cod. pen., avuto riguardo altresì agl artt. 461, 411, comma 1-bis, cod. proc. pen. e 3, lett. f), d.P.R. 14 novembre 2002 n. 313, recante testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di casellario giudiziale). Il ricorso, dunque, è stato proposto unicamente per inosservanza di una disposizione processuale stabilita a pena di nullità, ex art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen.
3.3. Trattasi, tuttavia, di una nullità rispetto alla quale il pubblico minist ricorrente non allega quale sarebbe il proprio interesse all’osservanza della disposizione violata. Per quanto osservato, infatti, questa mira a tutelare il dirit al contraddittorio dell’imputato rispetto ad una decisione sollecitata dal pubblico ministero inaudita altera parte, rispetto alla quale non è certo ravvisabile una lesione del diritto al contraddittorio del pubblico ministero richiedente, essendo espressamente previsto dal sistema che, non condividendo la richiesta di adozione del provvedimento monitorio di condanna, il giudice possa emettere sentenza di proscioglimento nel merito per una qualsiasi delle cause previste dall’art. 129 cod. proc. pen. e tra queste – secondo quanto statuito dalle Sezioni unite di questa Corte ed a prescindere dal diverso problema posto dalla necessità di garantire il contraddittorio della parte destinata a subire il provvedimento e che non ha possibilità d’interloquire – rientra anche la non punibilità per particolare tenui del fatto (cfr. Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266594).
Ebbene, come da questa Corte ritenuto nell’analogo caso previsto dall’art. 34, comma 3, d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274 – pur dopo la “novella” attuata con I. n. 11/2018 di cui di seguito si dirà – non sussiste l’interesse del pubblico ministero ad impugnare la sentenza di proscioglimento per particolare tenuità del fatto per l’omessa interlocuzione preventiva dell’imputato o della persona offesa, trattandosi di garanzia processuale posta esclusivamente a tutela dell’interesse delle parti private, la cui violazione non determina una nullità assoluta (cfr. Sez.
5, n. 20595 del 15/02/2021, Ferrante, Rv. 281180; Sez. 1, n. 46433 del 13/09/2019, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 277335).
4. Per le ragioni esposte, deve dunque ritenersi inammissibile il ricorso con cui il pubblico ministero che abbia richiesto l’emissione di un decreto penale di condanna, senza allegare un concreto interesse, impugni la sentenza di proscioglimento fondata sulla non punibilità per particolare tenuità del fatto, pur illegittimamente emessa dal g.i.p. ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen., non già lamentandone la violazione di legge per insussistenza dei presupposti di applicazione dell’istituto o per vizio di motivazione, ma per la mera violazione del diritto al contraddittorio dell’imputato.
Né potrebbe in contrario invocarsi – ciò che, peraltro, il ricorrente neppure fa – la previsione di cui all’art. 568, comma 4-bis, cod. proc. pen., introdotta dall’art. 1, d.lgs. 6 febbraio 2018, n. 11, giusta la quale «il pubblico ministero propone impugnazione diretta a conseguire effetti favorevoli all’imputato solo con ricorso per cassazione».
Questa previsione specifica quella contenuta nel precedente quarto comma della medesima disposizione, che appunto richiede un interesse all’impugnazione della parte processuale che la propone, attribuendo al pubblico ministero, chiamato dall’art. 73, primo comma, ord. giud. a vegliare alla osservanza delle leggi ed alla pronta e regolare amministrazione della giustizia, il potere di dedurre nel giudizio di legittimità violazioni di legge nell’interesse dell’imputato. L’eserci di questo potere, tuttavia, presuppone che, laddove non sia evidente, il pubblico ministero ricorrente alleghi quale sarebbe l’interesse dell’imputato, soprattutto nei casi in cui questi non ha invece ritenuto d’impugnare la sentenza, ad ottenerne l’annullamento e detto interesse non è stato nella specie specificato né è immediatamente evincibile nella vicenda in esame.
Ed invero, l’eventuale annullamento senza rinvio della sentenza di proscioglimento qui impugnata, con restituzione degli atti al Tribunale di Pavia come richiesto dal AVV_NOTAIO Generale nelle sue conclusioni, in accoglimento del proposto ricorso – inducendo a quel punto il giudice alla restituzione degli atti al pubblico ministero in applicazione delle regole ermeneutiche dettate dalla citata sent. Sez. U. n. 20569/2018, farebbe infatti rivivere in capo a NOME COGNOME la qualità di indagato nel procedimento, aprendo potenzialmente la via alla formulazione dell’imputazione nei suoi confronti e rimettendo quindi in discussione la stessa possibilità di giungere ad una sentenza di proscioglimento, sia pure per particolare tenuità del fatto.
In difetto di contraria allegazione, non sono pertanto ravvisabili effett favorevoli che all’imputato potrebbero derivare dall’accoglimento del proposto ricorso, che va dunque dichiarato inammissibile.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso. Così deciso il 10 gennaio 2023.