Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 28631 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 28631 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 04/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a SASSARI il 10/05/1978
avverso la sentenza del 12/09/2024 della CORTE APPELLO SEZ.DIST. di SASSARI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette/sentite le conclusioni del PG NOME COGNOME che ha chiesto annullarsi senza rinvio la sentenza impugnata, e, qualificato l’appello del pubblico ministero avverso la sentenza n. 1611 emessa dal Tribunale di Sassari il 10/11/2020 come ricorso per cassazione, accogliere il ricorso e, riconosciuta la responsabilità dell’imputato, disporre la trasmissione degli atti al Tribunale di Sassari per la determinazione del trattamento sanzionatorio.
RITENUTO IN FATTO
E’ impugnata la sentenza della Corte di appello di Cagliari – sez. distaccata di Sassari che, decidendo sull’appello del Procuratore generale, ha riformato la decisione del primo giudice – che, nel giudizio abbreviato, aveva dichiarato NOME COGNOME colpevole del reato di cui agli artt. 56 – 624 e 625 n. 2 cod. pen ( capo A), per avere posto in essere atti idonei diretti a impossessarsi di oggetti presenti all’interno del camper della p.o., previa forzatura di un telo di protezione, non riuscendo nell’intento per l’intervento della p.o. – riqualificando il fatto ai sensi degli artt. 56 – 624-bis, comma 3, cod. pen. (in relazione all’art 625 n. 2 cod. pen.), e, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, con la riduzione per il rito, l’ha condannato alla pena di mesi dieci, giorni venti di reclusione ed euro 217,00 di multa.
Ricorre per cassazione l’imputato, per il tramite del difensore di fiducia, avvocato NOME COGNOME affidandosi a un unico motivo, di seguito enunciato nei limiti richiesti per la motivazione ai sensi dell’art. 173 disp.att. cod.proc.pen
Denuncia erronea applicazione degli artt. 443, co. 3, e 591, lett. b), cod. proc. pen., sostenendo che la sentenza impugnata dal Procuratore generale, non avendo modificato il titolo di reato, era inappellabile ai sensi dell’art. 443 co. cod. proc. pen.. La Corte di appello, quindi, piuttosto che accogliere il gravame, riqualificare il fatto e condannare l’imputato, avrebbe dovuto dichiarare inammissibile l’appello, ai sensi dell’art. 591, lett. b), cod. proc. pen.
Ha depositato memorie di replica il difensore dell’imputato, che insiste per l’annullamento della sentenza impugnata rilevando che “anche ammettendo che l’appello, inammissibile, proposto dal pubblico ministero possa legittimamente convertirsi in ricorso per cassazione, come dedotto dalla Procura Generale presso la Corte intestata, e che quest’ultimo sia fondato, poiché il giudizio di primo grado si è svolto nelle forme del giudizio abbreviato non condizionato l’originaria imputazione ex artt. 56, 624, 625 co.2 c.p. non può essere modificata ex art. 438, co.1, c.p.pi e di conseguenza non può essere rideterminata la pena applicando il trattamento sanzionatorio del delitto ex artt. 56, 624 bis, co.3, c.p.”.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è fondato, per quanto si dirà, e la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio.
2.11 Tribunale di Sassari, con sentenza del 10/11/2020 n. 1611, ha dichiarato NOME COGNOME colpevole del reato, a lui ascritto al capo A), di tentato furto aggravato dalla violenza sulle cose, e l’ha condannato alla pena di mesi uno di reclusione ed euro 30 di multa.
3.Avverso ‘quella sentenza, ha proposto appello il Procuratore Generale, articolando un unico motivo con quale si doleva della erronea qualificazione giuridica del fatto che, in quanto finalizzato all’impossessamento di oggetti presenti all’interno del camper di proprietà della p.o., avrebbe dovuto essere sussunto nella fattispecie di cui all’art. 624-bis cod. pen., venendo in rilievo u luogo di privata dimora.
4.La Corte di appello, accogliendo l’appello del Pubblico ministero, ha riqualificato la originaria contestazione di tentato furto di cui all’art. 624 e 6 cod.pen. (per la quale è intervenuta condanna in primo grado) in tentato furto in luogo di privata dimora di cui all’art. 624-bis cod.pen.
5.Fondatamente, la difesa ricorrente denuncia l’inappellabilità della sentenza di primo grado da parte del Pubblico Ministero, dal momento che il Tribunale aveva ravvisato la responsabilità dell’imputato proprio per il reato come qualificato dall’Accusa, mentre, ai sensi dell’art. 443 comma 3 cod. proc. pen, il Pubblico ministero può appellare la sentenza di condanna di primo grado solo ove la decisione abbia modificato il titolo del reato.
6.Stante l’espresso divieto dell’art. 443, comma 3, cod.proc.pen., ribadito nell’art. 593, la Corte di appello avrebbe potuto dichiarare inammissibile il gravame, in quanto proposto al di fuori dei casi consentiti dalla legge, oppure ricorrendone i presupposti, alla luce delle doglianze formulate – riqualificarlo in ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 568 co. 5 cod. proc. pen. (“L’impugnazione è ammissibile indipendentemente dalla qualificazione a essa data dalla parte che l’ha proposta”) e rimetterlo al Giudice di legittimità ( (Sez 3, n. 50305 del 10/11/2023, Geraci, Rv. 285540 – 01; Sez. 5, n. 13905 del 08/02/2017, B., Rv. 269597 – 01).
Invece, la Corte di appello si è, malamente, pronunciata nel merito del gravame, in tal modo consumando il potere giurisdizionale di decidere in merito al gravame del Pubblico Ministero, impugnazione mai pervenuta all’attenzione della Corte di cassazione per la decisione, se non a seguito del ricorso della parte, quando, cioè, la Corte di appello si era già pronunciata su quell’impugnazione.
Questo comporta che non può trovare spazio la soluzione processuale prospettata dal Procuratore generale, non essendo consentito alla Corte di cassazione di pronunciarsi nuovamente sulla medesima impugnazione.
8.1. Il principio di consumazione del potere di impugnazione è quel principio secondo il quale è preclusa la reiterazione di atti di impugnazione, ove, al momento della presentazione del secondo atto, ancorché in sé tempestivo, sia già intervenuta la decisione sulla prima impugnazione, e risulta valido anche nell’ipotesi di duplicato esercizio del potere di impugnazione da parte del
medesimo GLYPH titolare, GLYPH imputato GLYPH o GLYPH difensore GLYPH che GLYPH sia GLYPH (Sez. 3 -n. 37196 de/ 19/11/2020, Rv. 280823). Il principio di unicità dell’impugnazione, tradizionalmente affermato nella giurisprudenza di legittimità, preclude, allo stesso o ad altri legittimati, la reiterazione di atti di impugnazione, ove, momento della presentazione del secondo atto, ancorché in sé tempestivo, sia già intervenuta la decisione sulla prima impugnazione. Ciò è stato affermato con riferimento all’ipotesi della doppia impugnazione da parte dell’imputato e del suo difensore (Sez. 5, n. 41864 dell’8/6/2018, Enoma, n.m.; Sez. 6, n. 20847 del 26/4/2018, COGNOME, n.m.; Sez. 2, n. 19835 del 19/4/2006, COGNOME, Rv. 234655-01), posto che l’esercizio del diritto è pur sempre funzionalmente diretto ad ottenere un risultato in favore del primo e non al conseguimento di un interesse del secondo; e anche con riferimento all’ipotesi della doppia impugnazione da parte dei due difensori dell’imputato (Sez. 1, n. 11600 del 09/01/2019, COGNOME, Rv. 274922- 01; Sez. 2, n. 19109 del 28/04/2011, COGNOME, Rv. 250265-01; Sez. 1, n. 4881 del 16/11/1993, dep. 1994, COGNOME, Rv. 196960-01), in sé non preclusa in quanto il principio di reciproca autonomia dei mandati difensivi non consente di condizionare il numero di appelli o di ricorsi provenienti dai patrocinatori, né il loro possibile contenuto di contestazione, ferma restando tuttavia il divieto, ritenuto consustanziale al sistema, di frazionare in segmenti distinti il giudizio di impugnazione. Il principio in discorso è, in linea generale, valido anche nell’ipotesi di duplicato esercizio del potere di impugnazione da parte del medesimo titolare, imputato o difensore che sia, come di recente ribadito da Sez. 3, n. 37196 del 19/11/2020, Russo, Rv. 280823-01). Come ha evidenziato Sez. 1, con la sentenza n. 32593 del 19/05/2023, Rv. 285099, «(l)a consumazione del potere impugnatorio è legata in primo luogo ad un elemento temporale, quale l’avvenuto decorso dei termini – perentori – che la legge fissa perché il relativo rapporto possa essere instaurato; nella stretta vigenza di questi termini, invece, il difensore dell’interessato può presentare non solo l’atto che darà corso al rapporto medesimo, ma anche altri successivi, pur di diverso contenuto, la cui ammissibilità, tuttavia, è subordinata alla condizione che, al momento della loro rituale e tempestiva presentazione, non sia già intervenuta una decisione in ordine all’impugnazione in precedenza proposta». Corte di Cassazione – copia non ufficiale
8.2. La ratio, sottesa al principio di consumazione dell’impugnazione, è quella di evitare che il frammentato esercizio del relativo diritto, pur temporalmente dimensionato dal termine legale soggetto a scadenza, possa determinare, con la moltiplicazione dei giudizi di impugnazione, e con i suoi negativi effetti sull’economia del processo e sulla sua ragionevole durata, l’insorgere del rischio di pronunce contrastanti sulla medesima re-giudicanda, che neppure l’eventuale
diversità dei motivi via via addotti dall’impugnante sarebbe in grado di superare. L’esito di potenziale conflitto di giudicati sostanziali, non risolvibile a norm dell’art. 669 cod. proc. pen. o, anche altrimenti, con gli strumenti processuali ordinari, è l’evenienza da scongiurare, su cui fa perno la regola dell’unicità del diritto di impugnazione, già enucleata come regola fondamentale del sistema nel previgente codice di rito e importata nell’attuale (Sez. U, n. 6026 del 31/01/2008, Huzuneanu, Rv. 238472-01, § 3 ss. del Considerato in diritto).
8.2. Poiché un tale rischio si pone realmente solo a fronte della già intervenuta definizione della prima impugnazione con pronuncia sul merito diversamente dal caso in cui il giudizio, inerente la prima impugnazione, si sia invece arrestato per ragioni meramente procedurali, legate al mancato rispetto delle modalità e delle forme con le quali il giudizio stesso è stato introdotto, i cui il rischio di accertamenti di merito contrastanti sull’accusa penale, sull’oggetto del procedimento, non è paventabile – deve prendersi atto che, nel caso qui in esame, si ricade esattamente nella suddetta situazione.
8.3. Infatti, ove – come richiede il Procuratore generale – si riqualificasse l’impugnazione originaria del Pubblico Ministero in ricorso per cassazione, il Giudice di legittimità dovrebbe nuovamente pronunciarsi nel merito della qualificazione giuridica del fatto, che è esattamente il tema prospettato con il gravame alla Corte di appello e sulla quale, come detto, il Giudice territoriale si è già pronunciato.
8.4. GLYPH Va, GLYPH dunque, GLYPH affermato che GLYPH il GLYPH principio di GLYPH consumazione dell’impugnazione opera nel caso in cui – a fronte di un appello del Pubblico ministero avverso una sentenza di primo grado inappellabile ai sensi dell’art. 443 comma 3, cod. proc. pen. – la Corte di appello si sia, invece, pronunciata nel merito, con la conseguenza che non può, detto gravame, essere, successivamente, riqualificato quale ricorso per cassazione.
Dunque, stando così le cose, questa Corte – lungi dal pronunciarsi nuovamente su una impugnazione del Pubblico Ministero in relazione alla quale il potere decisorio si è già consumato – è piuttosto chiamata a decidere sul ricorso dell’imputato, il quale lamenta la violazione degli artt. 443 e 593 cod. proc. pen. per avere la Corte di appello dichiarato ammissibile l’appello avverso una sentenza non appellabile dal Pubblico Ministero.
Per quanto si è già detto, il ricorso è fondato, perché la sentenza di primo grado non era appellabile dal Pubblico Ministero, con la conseguenza che la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, restando confermato il giudizio di responsabilità affermato dalla sentenza del Tribunale di Sassari per il delitto di tentato furto aggravato ai sensi degli artt. 56 – 624 – 625 n. 22 co pen..
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, in quanto la sentenza di primo grado non era appellabile, ai sensi dell’art. 443, comma 3, cod. proc. pen..
Così deciso in Roma, 04 giugno 2025
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