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Appello PM inammissibile: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza della Corte d’Appello che aveva erroneamente accolto l’impugnazione del Pubblico Ministero. L’appello del PM è inammissibile se, in un giudizio abbreviato, il giudice di primo grado non ha modificato il titolo del reato contestato. La Corte ha ribadito il principio di consumazione del potere di impugnazione, stabilendo che una volta che la Corte d’Appello si è pronunciata nel merito, sebbene su un appello inammissibile, tale impugnazione non può essere successivamente riqualificata come ricorso per cassazione, portando all’annullamento della decisione di secondo grado e al ripristino della sentenza originale.

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Pubblicato il 27 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

L’Appello del PM Inammissibile nel Rito Abbreviato: La Cassazione Fa Chiarezza

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale del processo penale, relativo ai limiti del potere di impugnazione del Pubblico Ministero (PM) nel contesto del rito abbreviato. La decisione chiarisce che un appello del PM è inammissibile quando il giudice di primo grado condanna l’imputato per lo stesso reato contestato dall’accusa, senza modificarne il titolo. Vediamo nel dettaglio la vicenda processuale e le importanti conclusioni della Suprema Corte.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da un’accusa di tentato furto aggravato ai danni del proprietario di un camper. L’imputato, dopo aver forzato un telo di protezione, aveva tentato di impossessarsi di oggetti presenti all’interno del veicolo, ma era stato fermato dall’intervento della persona offesa. Il processo di primo grado si era svolto con rito abbreviato e il Tribunale aveva condannato l’imputato per il reato di tentato furto aggravato dalla violenza sulle cose, così come originariamente contestato dall’accusa.

L’Appello del Pubblico Ministero e la Decisione della Corte d’Appello

Nonostante la condanna fosse conforme alla richiesta, il Procuratore Generale decideva di proporre appello. Il motivo del gravame risiedeva nella qualificazione giuridica del fatto: secondo l’accusa, il camper doveva essere considerato luogo di privata dimora, e quindi il reato andava qualificato come tentato furto in abitazione (art. 624-bis c.p.), una fattispecie più grave.

Sorprendentemente, la Corte d’Appello accoglieva l’impugnazione del PM, riqualificava il reato e, di conseguenza, inaspriva la pena inflitta all’imputato. Contro questa decisione, la difesa presentava ricorso per cassazione.

Il Ricorso in Cassazione e il Principio dell’Appello PM Inammissibile

Il nucleo del ricorso difensivo si basava sulla violazione dell’articolo 443, comma 3, del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce una regola precisa per il rito abbreviato: il Pubblico Ministero non può appellare le sentenze di condanna, a meno che il giudice non abbia modificato il “titolo del reato”.

Nel caso in esame, il Tribunale non aveva apportato alcuna modifica: aveva condannato per lo stesso titolo di reato (tentato furto aggravato) per cui l’accusa aveva proceduto. Pertanto, l’appello del PM era inammissibile sin dall’origine e la Corte d’Appello avrebbe dovuto dichiararlo tale, senza entrare nel merito della questione.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso dell’imputato pienamente fondato. I giudici hanno spiegato che la Corte d’Appello ha commesso un grave errore nel decidere nel merito di un gravame che non poteva essere proposto.

La Suprema Corte ha inoltre affrontato un punto cruciale: il cosiddetto “principio di consumazione del potere di impugnazione”. Una volta che la Corte d’Appello si è pronunciata, anche se erroneamente, su un’impugnazione, quel potere si è esaurito. Di conseguenza, non era più possibile, come suggerito dalla Procura Generale in Cassazione, “convertire” l’appello inammissibile in un ricorso per cassazione. La Corte territoriale, decidendo nel merito, ha consumato il potere giurisdizionale su quella specifica impugnazione, impedendo ogni successiva valutazione.

Le Conclusioni

In conclusione, la Cassazione ha annullato senza rinvio la sentenza della Corte d’Appello. Questo significa che la decisione di secondo grado è stata cancellata definitivamente, facendo rivivere la sentenza originale del Tribunale, con la sua qualificazione giuridica e la pena più mite.

Questa pronuncia rafforza la specificità del rito abbreviato e i limiti imposti dalla legge al potere di impugnazione delle parti. Il divieto per il PM di appellare una condanna conforme alla sua richiesta è una delle contropartite previste dal sistema per la scelta dell’imputato di rinunciare al dibattimento. La sentenza ribadisce che le regole processuali non possono essere aggirate e che un’impugnazione proposta al di fuori dei casi consentiti dalla legge deve essere dichiarata inammissibile, senza possibilità di sanatorie successive.

Quando può il Pubblico Ministero appellare una sentenza di condanna emessa in un giudizio abbreviato?
Secondo l’art. 443, comma 3, del codice di procedura penale, il Pubblico Ministero può appellare una sentenza di condanna emessa a seguito di rito abbreviato solo se il giudice ha modificato il titolo del reato rispetto a quello contestato nell’imputazione.

Cosa succede se una Corte d’Appello decide nel merito di un appello inammissibile?
Se la Corte d’Appello si pronuncia nel merito di un appello che era inammissibile sin dall’origine, la sua decisione è illegittima. La Corte di Cassazione, su ricorso della parte interessata, annullerà la sentenza d’appello, ripristinando la validità della decisione di primo grado.

Cosa significa il principio di consumazione del potere di impugnazione in questo contesto?
Significa che una volta che la Corte d’Appello ha giudicato un gravame, anche se inammissibile, il potere di decidere su quella specifica impugnazione si è esaurito. Pertanto, non è possibile “salvare” l’impugnazione riqualificandola successivamente come ricorso per cassazione, perché la questione è stata già, sebbene erroneamente, decisa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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