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Appello penale: no elezione di domicilio se in arresto

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 36036/2024, ha stabilito che l’obbligo di elezione di domicilio per l’appello penale, previsto dall’art. 581, co. 1-ter c.p.p., non si applica all’imputato che si trovi in detenzione domiciliare, anche per altra causa. La Corte ha annullato l’ordinanza di inammissibilità dell’appello, ritenendo l’obbligo un formalismo eccessivo e contrario al diritto di accesso alla giustizia.

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Pubblicato il 9 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Appello Penale: In Detenzione Domiciliare Non Serve l’Elezione di Domicilio

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 36036/2024) ha fatto chiarezza su un importante aspetto procedurale: l’obbligo di elezione di domicilio per la presentazione dell’appello penale. La Corte ha stabilito che tale obbligo non si applica all’imputato che si trovi in stato di detenzione domiciliare, anche se per una causa diversa da quella per cui si appella. Questa decisione rafforza le garanzie difensive e il diritto di accesso alla giustizia, evitando che un formalismo eccessivo possa precludere l’esame nel merito di un’impugnazione.

Il Caso: Un Appello Dichiarato Inammissibile

La vicenda trae origine da un’ordinanza della Corte d’Appello di Milano, Sezione Minorenni, che aveva dichiarato inammissibile l’appello proposto dal difensore di un imputato. La ragione dell’inammissibilità era la mancata dichiarazione o elezione di domicilio ai fini della notifica del decreto di citazione a giudizio, un requisito introdotto dalla Riforma Cartabia all’articolo 581, comma 1-ter, del codice di procedura penale.

Il punto cruciale era che, al momento della presentazione dell’appello, l’imputato si trovava già agli arresti domiciliari per un’altra causa. Il suo difensore ha quindi presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che l’obbligo di eleggere domicilio fosse superfluo, dato che le notifiche avrebbero dovuto comunque essere eseguite presso il luogo di detenzione.

La Decisione della Corte di Cassazione e l’Appello Penale

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando l’ordinanza di inammissibilità e rinviando gli atti alla Corte d’Appello di Milano per la celebrazione del giudizio. La Cassazione ha ritenuto che la soluzione adottata dalla Corte territoriale fosse eccessivamente formalistica e non in linea con i principi del giusto processo.

Le Motivazioni: Tra Garanzie Processuali ed “Eccessivo Formalismo”

La Corte ha basato la sua decisione su un’interpretazione sistematica delle norme processuali, alla luce dei principi costituzionali e della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU).

Il Principio del “Fair Trial”

Richiamando una consolidata giurisprudenza, anche europea, la Corte ha sottolineato che l’applicazione di formalità ingiustificate o irragionevoli rischia di violare il diritto di accesso effettivo alla giustizia, sancito dall’art. 6 della CEDU. Un’interpretazione eccessivamente formalistica della legge può impedire l’esame nel merito di un ricorso, compromettendo l’essenza stessa del diritto a un processo equo (“fair trial”).

L’assimilazione tra Detenuto in Carcere e agli Arresti Domiciliari

La Cassazione aveva già chiarito in precedenza che l’obbligo di elezione di domicilio non si applica ai detenuti in carcere, poiché per loro vige l’obbligo di notifica a mani proprie. Estendere questo obbligo a chi è già privato della libertà personale sarebbe un adempimento privo di effetti pratici e lesivo del diritto di difesa.

Con questa sentenza, la Corte estende esplicitamente tale principio anche a chi si trova in detenzione domiciliare. Citando una pronuncia delle Sezioni Unite (n. 12778/2020), i giudici hanno ribadito che “le notificazioni all’imputato detenuto vanno sempre eseguite, mediante consegna di copia alla persona, nel luogo di detenzione”. Questo vale sia per la detenzione in carcere sia per quella domiciliare, e anche se lo stato di detenzione deriva da un altro procedimento.
Di conseguenza, richiedere l’elezione di domicilio a un imputato agli arresti domiciliari è superfluo, poiché la legge già individua con certezza il luogo dove egli è reperibile per le notifiche.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

La sentenza rappresenta un importante baluardo a tutela del diritto di difesa. Si stabilisce un principio chiaro: lo stato di restrizione della libertà personale, sia in carcere che ai domiciliari, prevale sulle formalità procedurali relative alle notificazioni. L’obiettivo è garantire che ogni imputato possa effettivamente accedere ai gradi di giudizio successivi, senza che oneri burocratici sproporzionati ne impediscano l’esercizio. La decisione promuove un’interpretazione delle norme processuali che bilancia l’efficienza del sistema giudiziario con le irrinunciabili garanzie individuali, in piena coerenza con i principi del giusto processo.

L’imputato in detenzione domiciliare deve eleggere domicilio per presentare appello penale?
No. Secondo la Corte di Cassazione, l’obbligo di dichiarare o eleggere domicilio previsto dall’art. 581, comma 1-ter, c.p.p. non si applica a chi si trova in detenzione domiciliare, in quanto le notifiche devono essere eseguite per legge presso il luogo di detenzione.

Perché la Cassazione ha considerato l’obbligo un “eccessivo formalismo”?
Perché richiedere l’elezione di domicilio a una persona il cui luogo di reperibilità è già noto e legalmente stabilito (il domicilio dove sconta la misura) è un adempimento superfluo che, se non osservato, può ingiustamente precludere l’accesso alla giustizia, violando il principio del giusto processo sancito dall’art. 6 della CEDU.

Questa regola si applica anche se la detenzione domiciliare è per un’altra causa?
Sì. La Corte ha chiarito che il principio si applica anche quando l’imputato è detenuto agli arresti domiciliari “per altra causa”, ovvero per un procedimento diverso da quello per cui sta presentando appello. Ciò che rileva è lo stato di restrizione della libertà personale al momento della proposizione dell’impugnazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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