Appello Penale: Inammissibile senza Nuovo Mandato ed Elezione di Domicilio
Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato la rigidità dei nuovi requisiti formali per l’appello penale, introdotti dalla cosiddetta Riforma Cartabia. La decisione sottolinea che, per l’imputato assente, la mancanza di un mandato specifico a impugnare e di una nuova elezione di domicilio, entrambi successivi alla sentenza di primo grado, rende l’impugnazione irrimediabilmente inammissibile. Analizziamo questa pronuncia per comprendere la sua portata e le conseguenze pratiche per la difesa.
I Fatti del Caso: Un Appello Respinto in Partenza
Il caso nasce dalla condanna di un imputato da parte del Tribunale di Ivrea. Il suo difensore proponeva appello, ma la Corte di Appello di Torino dichiarava l’impugnazione inammissibile. Il motivo? L’atto non era corredato né dal mandato specifico a impugnare né dalla necessaria elezione di domicilio, formalità imposte a pena di inammissibilità dai commi 1-ter e 1-quater dell’articolo 581 del codice di procedura penale, come modificato dalla Riforma Cartabia.
Il difensore, non arrendendosi, proponeva ricorso per Cassazione, sollevando una questione di legittimità costituzionale. A suo avviso, queste nuove disposizioni limitavano ingiustamente il diritto di difesa, creavano una disparità tra le parti e introducevano un irragionevole obbligo di rinnovare l’elezione di domicilio già effettuata in precedenza.
La Decisione della Cassazione sull’Appello Penale
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, definendolo manifestamente infondato e confermando la decisione della Corte d’Appello. Gli Ermellini hanno chiarito che le nuove norme non sono un mero formalismo, ma rispondono a precise esigenze di garanzia e di efficienza del processo.
Le Motivazioni della Corte
La Suprema Corte ha basato la sua decisione su due pilastri fondamentali.
In primo luogo, ha evidenziato la ratio della norma. Il legislatore ha voluto assicurarsi che l’imputato, specialmente se assente nel giudizio di primo grado, sia effettivamente a conoscenza della sentenza di condanna e manifesti una volontà consapevole di impugnarla. L’elezione di domicilio, che deve essere successiva alla sentenza, e il rilascio di un mandato specifico servono proprio a questo: a creare un “ponte” di comunicazione certo tra l’imputato e il sistema giudiziario per la fase di gravame. Una dichiarazione di domicilio fatta durante le indagini o il primo grado non è più sufficiente, perché non garantisce che l’imputato sia stato raggiunto dalla notizia della condanna.
In secondo luogo, la Corte ha respinto le censure di incostituzionalità. I nuovi requisiti non limitano il diritto di difesa, ma ne disciplinano l’esercizio per garantire principi di rango costituzionale, come la conoscenza effettiva del processo e la sua ragionevole durata (art. 111 Cost.). Consentire un appello senza la certezza della consapevolezza dell’imputato porterebbe a un inutile dispendio di risorse processuali. Questa impostazione, inoltre, si allinea alle indicazioni della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, che ha più volte sanzionato l’Italia per i processi celebrati all’insaputa degli imputati.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Riforma
La sentenza consolida un orientamento rigoroso sull’applicazione delle nuove norme procedurali. Per i difensori, diventa cruciale attivarsi immediatamente dopo la pubblicazione della sentenza di primo grado per ottenere dal proprio assistito, soprattutto se assente, un nuovo mandato specifico per l’appello e una nuova elezione di domicilio. Questi documenti devono essere depositati contestualmente all’atto di impugnazione, pena l’inammissibilità. La decisione chiarisce che non ci sono scorciatoie: la finalità è quella di assicurare che l’appello penale sia un atto consapevole e non un’iniziativa meramente tecnica del difensore, garantendo così la piena effettività del diritto di difesa nel quadro di un giusto processo.
Perché l’appello è stato dichiarato inammissibile?
L’appello è stato dichiarato inammissibile perché l’atto di impugnazione non era accompagnato dal mandato specifico a impugnare e dalla dichiarazione o elezione di domicilio successiva alla sentenza di primo grado, requisiti previsti a pena di inammissibilità dall’art. 581, commi 1-ter e 1-quater, del codice di procedura penale.
Una elezione di domicilio effettuata prima della sentenza di primo grado è valida per l’appello?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che l’elezione di domicilio deve essere successiva all’emissione della sentenza impugnata. Questo requisito è funzionale a garantire che l’imputato sia a conoscenza della condanna e che la notifica per il giudizio d’appello avvenga in un luogo di cui è confermata l’attuale riconducibilità all’imputato stesso.
I nuovi requisiti per l’appello penale sono contrari alla Costituzione?
No. Secondo la Corte, questi requisiti non limitano il diritto di difesa ma ne regolano l’esercizio per assicurare la consapevolezza dell’imputato e la ragionevole durata del processo, in linea con i principi dell’art. 111 della Costituzione e con le indicazioni della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 2605 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 2605 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 04/05/2023 della CORTE APPELLO di TORINO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di Appello di Torino, con ordinanza in data 4 maggio 2023, dichiarava inammissibile l’appello avanzato nell’interesse di COGNOME avverso la sentenza del Tribunale di Ivrea datata 13-1-2023 che aveva condannato il predetto alle pene di legge in quanto ritenuto colpevole dei reati ascrittigli. Riteneva la corte di appello che l’impugnazione risultava corredata del mandato ad impugnare e dalla necessaria elezione di domicilio e ciò ai sensi dell’art. 581 comma 1 ter e 1 quater cod.proc.pen..
Avverso detta ordinanza proponeva ricorso per cassazione il difensore dell’imputato deducendo, con distinti motivi qui riassunti ex art. 173 disp.att. cod.proc.pen: illegit costituzionale delle disposizioni di cui ai commi 1 ter e 1 quater dell’art. 581 cod.proc.pen limitazione del diritto di difesa, disparità delle parti in tema di impugnazioni, ill differenziazione della disciplina afferente l’imputato assente dal presente, irragionevolezza de previsione dell’obbligo di rinnovazione l’elezione di domicilio e della norma di di intertemporale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato e deve, pertanto essere dichiarato inammissibile.
Ed invero, come esattamente rilevato dalla ordinanza impugnata, all’atto di impugnazione della sentenza di primo grado, emessa a gennaio 2023 dopo l’entrata in vigore della nuova disciplina dei commi 1 ter ed 1 quater dell’art. 581 cod.proc.pen. dettata dalla riforma c Cartabia, non veniva allegata la dichiarazione od elezione di domicilio che la disposizion espressamente prevede a pena di inammissibilità né il mandato ad impugnare. Correttamente, pertanto, in applicazione dell’art. 591 comma primo lett. c) cod.proc.pen. la corte di appello dichiarava con ordinanza l’inammissibilità dell’impugnazione per difetto di uno dei requis formali previsti dalla norma come riformata.
Né può ritenersi, così come sostenuto in ricorso, che la dichiarazione o elezione di domicil già in precedenza effettuata per il grado di giudizio svolto abbia valore decisivo anche pe successivo, escludendo la possibilità di dichiarare l’inammissibilità, avendo il legisl espressamente previsto, proprio al comma 1 quater dell’art.581 cod.proc.pen., che in caso di procedimento nei confronti di imputati assenti, tale dichiarazione od elezione sia successiv l’emissione della sentenza impugnata e ciò perché la stessa è funzionalmente connessa alla notificazione della citazione nel giudizio di secondo grado. Deve quindi essere escluso che l dichiarazione od elezione di domicilio effettuati durante le indagini preliminari o per il giud primo grado possano anche valere per il giudizio di appello ai sensi dell’art.581 quat cod.proc.pen..
2. Manifestamente infondata è anche l’eccezione di illegittimità costituzionale; ed inve non può in alcun modo ritenersi sussistere alcun profilo di incostituzionalità della predetta no stante che il diritto di difesa, di cui costituisce certamente espressione il diritto all’appell quale potere di sottoporre ad altro giudice la questione controversa attraverso motivi specif non viene ad essere in alcun modo limitato dalla suddetta disposizione che stabilisce soltant una formalità necessaria per assicurare il più rapido e corretto svolgimento del giudizio gravame mediante la proposizione dell’impugnazione da parte di un soggetto consapevole di esercitare tale diritto e con la citazione a giudizio in un luogo il cui rapporto con l’imp accertato anche dopo l’emissione della sentenza di primo grado. La norma suddetta costituisce, quindi, espressione dei principi stabiliti proprio dall’art. 111 Costituzione in tema di conosc effettiva del processo e ragionevole durata dello stesso permettendo lo svolgimento del giudizio di appello solo a seguito di un atto consapevolmente proposto, e di una citazione per il secondo grado comunicata in un luogo in cui l’imputato ha dichiarato od eletto domicilio evitando altr il protrarsi inutilmente delle fasi preliminari al giudizio di appello.
Inoltre, con la previsione suddetta il legislatore ha inteso adeguarsi anche a quelle pronunc della Corte EDU (vedi ad es. CEDU, Grande Camera 1-3-2006 Sejdovic c. Italia) che hanno più volte censurato l’ordinamento italiano per non avere assicurato lo svolgimento del giudizio n confronti di imputati consapevoli; così che il rilascio di specifico mandato ad impugnare da par dell’assente vale proprio ad assicurare tale conoscenza anche per la fase di impugnazione altrimenti potendosi instaurare giudizi di gravame nella totale inconsapevolezza dell’imputato.
In conclusione, l’impugnazione deve ritenersi inammissibile a norma dell’art. 606 comma terzo cod.proc.pen.; alla relativa declaratoria consegue, per il disposto dell’art cod.proc.pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in C 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Roma,4 novembre 2023 h t/
IL PRESIDENTE