Appello Penale: Chiarimenti sull’Elezione di Domicilio dopo la Riforma
La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 20867/2025, offre un’importante lezione sul principio di successione delle leggi nel tempo in materia di appello penale. Il caso analizzato riguarda la corretta applicazione delle norme sull’elezione di domicilio per le impugnazioni depositate prima dell’entrata in vigore della legge n. 114 del 9 agosto 2024, la quale ha abrogato alcune disposizioni dell’art. 581 del codice di procedura penale.
I fatti di causa
La vicenda trae origine da una decisione della Corte di Appello di Bologna, che aveva dichiarato inammissibile un atto di appello presentato nell’interesse di un imputato. I giudici di secondo grado avevano ravvisato due presunte violazioni procedurali: la prima, relativa all’art. 581, comma 1-ter, c.p.p., e la seconda, concernente l’art. 581, comma 1-quater, c.p.p. In sostanza, la Corte territoriale riteneva che l’elezione di domicilio non fosse stata correttamente formalizzata nell’atto di impugnazione e che l’atto allegato fosse privo dell’autenticazione da parte del difensore.
Appello penale e l’applicazione dell’art. 581 c.p.p. abrogato
Il fulcro della questione giuridica risiede nell’applicazione di una norma, l’art. 581, comma 1-ter, c.p.p., che al momento della decisione della Cassazione risultava medio tempore abrogata dalla legge n. 114/2024. Tale norma imponeva specifici requisiti per la dichiarazione o elezione di domicilio a pena di inammissibilità dell’impugnazione.
La Corte di Cassazione, richiamando un precedente intervento delle Sezioni Unite (sentenza n. 13808/2024), ha ribadito un principio cardine del nostro ordinamento: tempus regit actum (il tempo regola l’atto). Poiché l’atto di appello era stato depositato il 20 dicembre 2023, ovvero prima dell’entrata in vigore della legge abrogatrice (25 agosto 2024), la sua validità doveva essere giudicata alla luce della normativa allora vigente.
Le Sezioni Unite avevano già chiarito che, per soddisfare il requisito, è sufficiente che l’atto di impugnazione contenga un richiamo espresso e specifico a una precedente elezione di domicilio (come quella effettuata nel giudizio di primo grado) e alla sua collocazione nel fascicolo processuale. Nel caso di specie, l’atto di appello conteneva esattamente questo: un chiaro riferimento all’elezione di domicilio presso lo studio del difensore, eliminando ogni possibile equivoco.
La questione dell’autenticazione del difensore
La Suprema Corte ha smontato anche il secondo motivo di inammissibilità sollevato dalla Corte di Appello, relativo alla presunta violazione dell’art. 581, comma 1-quater, c.p.p. per mancata autenticazione dell’elezione di domicilio da parte del difensore. Gli Ermellini hanno qualificato tale rilievo come “giuridicamente errato”. L’atto di impugnazione, infatti, non necessitava di uno specifico mandato ad impugnare e, soprattutto, richiamava in modo inequivocabile un’elezione di domicilio già valida ed efficace, rendendo superflua qualsiasi ulteriore formalità di autenticazione.
Le motivazioni
La Corte di Cassazione ha basato la sua decisione sul principio fondamentale della successione delle leggi processuali nel tempo, secondo cui un atto giuridico deve essere valutato in base alla legge in vigore al momento del suo compimento. L’appello, essendo stato depositato prima dell’abrogazione dell’art. 581, comma 1-ter, c.p.p., rimaneva soggetto a tale norma. Tuttavia, interpretando la stessa disposizione alla luce dei principi di ragionevolezza e del diritto di difesa, la Corte, in linea con le Sezioni Unite, ha ritenuto che il requisito formale fosse soddisfatto dal semplice ma inequivocabile rinvio a una precedente elezione di domicilio già presente agli atti. Questo approccio evita un eccessivo formalismo che potrebbe compromettere il diritto di impugnazione. Analogamente, la Corte ha ritenuto infondata la questione sull’autenticazione, poiché l’atto di appello richiamava un’elezione di domicilio già valida, non richiedendo quindi ulteriori formalismi.
Le conclusioni
In conclusione, questa sentenza riafferma la stabilità e la certezza dei rapporti giuridici processuali, proteggendo gli atti compiuti sotto l’egida di una legge precedente dalle modifiche normative successive. Per gli operatori del diritto, il messaggio è chiaro: la validità di un appello penale, per quanto riguarda i requisiti formali come l’elezione di domicilio, deve essere sempre valutata con riferimento alla data del suo deposito. La decisione sottolinea inoltre che l’interpretazione delle norme procedurali non deve sfociare in un formalismo fine a se stesso, ma deve sempre mirare a garantire la sostanza dei diritti processuali delle parti.
Una norma procedurale abrogata può ancora applicarsi a un atto di appello penale?
Sì, secondo il principio
tempus regit actum. La Corte di Cassazione ha stabilito che la disciplina contenuta nell’art. 581, comma 1-ter, c.p.p., sebbene abrogata, continua ad applicarsi a tutte le impugnazioni proposte prima della data di entrata in vigore della nuova legge (25 agosto 2024).
Per un appello penale depositato prima del 25 agosto 2024, come si adempie all’obbligo di elezione di domicilio?
È sufficiente che l’atto di impugnazione contenga un richiamo espresso e specifico a una precedente dichiarazione o elezione di domicilio (ad esempio, quella fatta nel primo grado di giudizio) e indichi dove tale atto si trova nel fascicolo processuale, in modo da consentire un’individuazione immediata del luogo per le notifiche.
È necessaria l’autenticazione del difensore su un’elezione di domicilio allegata all’atto di appello?
No, la Corte di Cassazione ha ritenuto giuridicamente errato sostenere tale necessità. Se l’atto di impugnazione contiene un richiamo inequivocabile a un’elezione di domicilio valida ed efficace già presente agli atti, non è richiesto un ulteriore atto autonomo con autenticazione.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 20867 Anno 2025
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