LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Appello penale e domicilio: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 30716/2024, ha confermato l’inammissibilità di un appello penale per mancata elezione di domicilio nell’atto di impugnazione. La Corte ha stabilito che tale onere formale, introdotto dalla Riforma Cartabia, si applica anche all’imputato sottoposto a misure coercitive non custodiali, come l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, distinguendo la sua posizione da quella del detenuto agli arresti domiciliari.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 8 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Appello Penale: L’Obbligo di Elezione di Domicilio Anche per l’Imputato Libero

La presentazione di un appello penale richiede il rispetto di precise formalità, la cui omissione può avere conseguenze drastiche, come l’inammissibilità dell’impugnazione. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 30716/2024) ha fatto luce su un requisito introdotto dalla Riforma Cartabia: l’obbligo di dichiarare o eleggere domicilio nell’atto di appello. La Corte ha chiarito che tale onere sussiste anche per l’imputato che non si trovi in stato di detenzione, ma sia sottoposto a misure coercitive non custodiali.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dal ricorso di un imputato contro l’ordinanza della Corte di appello che aveva dichiarato inammissibile la sua impugnazione. Il motivo? L’atto di appello, presentato dal suo difensore, era privo della dichiarazione o elezione di domicilio dell’imputato stesso. Quest’ultimo, nel suo ricorso in Cassazione, sosteneva che tale requisito non dovesse applicarsi alla sua situazione, in quanto era sottoposto alla misura coercitiva dell’obbligo di presentazione quotidiana alla polizia giudiziaria. A suo avviso, tale condizione doveva essere equiparata a quella di un detenuto agli arresti domiciliari, per il quale, secondo alcuni orientamenti giurisprudenziali, l’onere non sussisterebbe.

L’importanza dell’elezione di domicilio nell’appello penale

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, fornendo un’importante interpretazione dell’art. 581, comma 1-ter, del codice di procedura penale. Questa norma, introdotta dalla Riforma Cartabia, stabilisce a pena di inammissibilità che l’atto di impugnazione contenga la dichiarazione o l’elezione di domicilio dell’imputato.

Il Collegio ha innanzitutto precisato che l’erronea qualifica dell’imputato come “assente” da parte della Corte di Appello era irrilevante. Il punto focale della questione era l’applicabilità del suddetto onere formale.

Le Motivazioni della Decisione

La Cassazione ha spiegato che il presupposto per cui alcuni giudici escludono l’obbligo di elezione di domicilio per l’imputato agli arresti domiciliari risiede in un principio specifico del codice: le notifiche a un soggetto detenuto devono essere eseguite personalmente, mediante consegna di copia nel luogo di detenzione. Questo meccanismo di notifica garantisce la conoscenza effettiva dell’atto e rende, di fatto, superflua un’elezione di domicilio.

Tuttavia, questo principio non è estensibile all’imputato libero ma sottoposto a una misura coercitiva non custodiale, come l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Per tale soggetto non vige la regola della notificazione personale obbligatoria. Di conseguenza, l’esigenza di garantire la corretta ricezione delle comunicazioni processuali rende pienamente operativo l’onere di dichiarare o eleggere un domicilio per la fase di appello. La mancata equiparazione tra la condizione di detenuto ai domiciliari e quella di soggetto con obbligo di firma è dunque il cardine della decisione. L’assenza di tale adempimento formale nell’atto di impugnazione comporta inevitabilmente l’inammissibilità dell’appello penale.

Conclusioni

La sentenza in esame ribadisce il rigore formale richiesto per la proposizione dell’appello penale dopo la Riforma Cartabia. L’obbligo di elezione di domicilio è un requisito essenziale che non ammette deroghe per gli imputati non detenuti, anche se sottoposti a misure coercitive che limitano la loro libertà. La decisione sottolinea una distinzione netta tra le garanzie notificatorie previste per chi è in stato di detenzione (anche domiciliare) e gli oneri a carico di chi non lo è. Per i difensori, ciò si traduce nella necessità di una scrupolosa attenzione nel redigere l’atto di impugnazione, curando di allegare la necessaria dichiarazione del proprio assistito per evitare che l’appello venga dichiarato inammissibile, precludendo così ogni possibilità di revisione della sentenza di primo grado.

È sempre obbligatorio dichiarare o eleggere un domicilio nell’atto di appello penale?
Sì, ai sensi dell’art. 581, comma 1-ter, del codice di procedura penale, l’atto di appello deve contenere, a pena di inammissibilità, la dichiarazione o l’elezione di domicilio dell’imputato.

Questa regola si applica anche a un imputato sottoposto a una misura come l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria?
Sì. La Corte di Cassazione ha chiarito che l’obbligo si applica pienamente all’imputato sottoposto a una misura coercitiva non custodiale, poiché per lui non valgono le regole speciali di notificazione personale previste per i detenuti.

Cosa succede se l’atto di appello è privo della dichiarazione o elezione di domicilio?
L’appello viene dichiarato inammissibile. Ciò significa che la Corte di appello non esaminerà il merito dell’impugnazione e la sentenza di primo grado diventerà definitiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati