Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 30716 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 30716 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Lentini DATA_NASCITA avverso l’ordinanza della Corte di appello di Catania del 03/11/2023;
visti gli atti e l’ordinanza impugnata; esaminati i motivi del ricorso;
udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
sentito il Pubblico ministero, in persona dell’AVV_NOTAIO, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
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RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Catania con ordinanza del 3 novembre 2023 (motivazione contestuale) ha dichiarato inammissibile l’appello proposto dal difensore di COGNOME NOME, condannato in primo grado per i reati di cui agli artt. 337 e 583, 585, 576 cod. pen.
La Corte territoriale ha rilevato che nell’atto di impugnazione non è presente la dichiarazione o elezione di domicilio da parte dell’imputato, “dichiarato assente nel giudizio di primo grado”.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso l’imputato, deducendo violazione di legge in ordine alla ritenuta inammissibilità dell’appello. Rileva il ricorrente, in primo luogo, che erroneamente la Corte territoriale lo ha ritenuto “assente in primo grado” mentre egli era in realtà comparso nel giudizio di primo grado (come evidenzia l’epigrafe della sentenza del Tribunale che lo qualifica “libero con obblighi, già presente”).
Ciò premesso, eccepisce che la condizione di sottoposto alla misura cautelare dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria con cadenza giornaliera non rendeva necessaria la dichiarazione o elezione di domicilio, invocando l’applicazione a detta situazione del principio che questa Corte ha dettato per l’imputato detenuto agli arresti donniciliari.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Preliminarmente, rileva il Collegio che la Corte di appello ha errato nel qualificare l’imputato come “assente in primo grado” dal momento che lo stesso era stato presente nel corso del giudizio. Invero, il primo grado è stato celebrato in sede di giudizio direttissimo, a seguito di convalida dell’arresto in flagranza, nel corso del quale COGNOME rilasciava al suo difensore procura speciale per richiedere riti alternativi; procura speciale sulla cui base all’udienza successiva, nella quale l’imputato non compariva, si procedeva a giudizio abbreviato.
Questa Corte ha già rilevato che in tema di appello avverso sentenza emessa in esito a giudizio abbreviato, non trova applicazione il disposto di cui
all’art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen., che richiede uno specifico mandato a impugnare con riguardo all’imputato giudicato in assenza, nel caso in cui la definizione con rito alternativo sia stata richiesta dal difensore munito di procura speciale, posto che, in tale eventualità, non sussistono dubbi sulla conoscenza del procedimento da parte dell’imputato, dovendo lo stesso ritenersi presente ex art. 420, comma 2-ter, cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 13714 del 08/03/2024, COGNOME NOME, Rv. 286208 – 01, ove è stato ritenuto irrilevante che l’imputato, nella sentenza di primo grado, fosse stato erroneamente indicato assente).
Cionondimeno, ai sensi dell’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., l’atto di appello doveva essere, a pena di inammissibilità, corredato dalla dichiarazione o elezione di domicilio dell’imputato, che, invece, come ammesso dal ricorrente, non è stata allegata alla impugnazione.
3.1. Al riguardo, si è ritenuta «manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dei commi 1-ter e 1-quater dell’art. 581, cod. proc. pen., introdotti dall’art. 33 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, per contrasto con gli artt. 24, 27 e 111 Cost., in quanto tali disposizioni, laddove richiedono che unitamente all’atto di impugnazione siano depositati, a pena di inammissibilità, la dichiarazione o l’elezione di domicilio e, quando si sia proceduto in assenza dell’imputato, lo specifico mandato ad impugnare rilasciato successivamente alla sentenza, non comportano alcuna limitazione all’esercizio del potere di impugnazione spettante personalmente all’imputato, ma solo regolano le modalità di esercizio della concorrente ed accessoria facoltà riconosciuta al suo difensore, sicché essi non collidono né con il principio della inviolabilità del diritto di difesa, né con la presunzione di non colpevolezza operante fino alla definitività della condanna, né con il diritto ad impugnare le sentenze con il ricorso per cassazione per il vizio di violazione di legge» (Sez. 6, n. 3365 del 20/12/2023 – dep. 2024, Terrasi, Rv. 285900 – 01).
Né può condividersi quanto sostenuto nel ricorso circa la equiparazione tra imputato “detenuto agli arresti domiciliari” – per il quale non varrebbe l’onere di allegazione dell’elezione o dichiarazione di domicilio – e imputato “sottoposto all’obbligo quotidiano di presentazione alla PG” (condizione nella quale si trovava COGNOME).
In merito alle formalità connesse alla proposizione dell’appello da parte dell’imputato agli arresti domiciliari, la giurisprudenza di legittimità non è univocamente orientata. Infatti, secondo un indirizzo, la causa di inammissibilità prevista dall’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen., introdotto dall’art. 33, comma 1, lett. d), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, per il caso di omesso deposito, da parte dell’imputato appellante, della dichiarazione o dell’elezione di domicilio richiesta ai fini della notificazione dell’atto introduttivo del giudizio, opera anche nei confronti dell’appellante sottoposto agli arresti domiciliari» (da ultimo, Sez. 4, n. 14895 del 20/03/2024, NOME Ardian Rv. 286122 – 01), mentre secondo un diverso orientamento ermeneutico tale requisito non è necessario in caso di appello proposto da imputato agli arresti domiciliari (Sez. 3, n. 4233 del 16/1/2024, Esam, n.m.).
4.2. Non è peraltro necessario prendere posizione in merito a tali diverse interpretazioni della norma codicistica, atteso che non è corretto il presupposto dal quale muove il ricorrente, ossia la equiparazione, agli effetti del cit. art. 581, comma 1-ter, della condizione del soggetto agli arresti domiciliari a quella dell’imputato libero e sottoposto – come il COGNOME – a misura coercitiva non custodiale. Infatti, nei confronti di quest’ultimo non vale il principio secondo cui la notifica deve essere effettuata personalmente (artt. 157-bis, 601 cod. proc. pen.), presupposto in base al quale l’orientamento sopra indicato esclude per l’appellante detenuto domiciliarmente la necessità di un’elezione o dichiarazione di domicilio.
Invero, Sez. 3, n. 4233 del 16/1/2024, Esam, cit., ha condivisibilmente precisato che l’impossibilità di applicare al detenuto agli arresti domiciliari la disciplina del comma 1-ter «trae fondamento dall’insegnamento delle Sezioni Unite secondo cui “le notificazioni all’imputato detenuto vanno sempre eseguite, mediante consegna di copia alla persona, nel luogo di detenzione, anche in presenza di dichiarazione od elezione di domicilio” (Sez. U, n. 12778 del 27/02/2020, S., Rv. 278869, la quale, in motivazione, ha precisato che tale disciplina deve trovare applicazione anche nei confronti dell’imputato detenuto in luogo diverso da un istituto penitenziario e, qualora lo stato di detenzione risulti dagli atti, anche nei confronti del detenuto “per altra causa”)».
E’ dunque evidente che, secondo tale orientamento giurisprudenziale, la esclusione della disciplina che impone i particolari oneri per l’appellante detenuto – anche – agli arresti domiciliari è strettamente correlata alla
considerazione secondo cui nei confronti di tale soggetto l’adempimento risulterebbe privo di effetto in ragione della vigenza dell’obbligo di procedere alla notificazione a mani proprie e comporterebbe la violazione del diritto all’accesso effettivo alla giustizia sancito dall’art. 6 CEDU (così, la sent. cit.).
Presupposti all’evidenza insussistenti riguardo all’imputato che si trovi sottoposto a misura coercitiva non custodiale e nei cui confronti, dunque, non operano le previsioni che impongono, comunque, la notificazione dell’atto processuale a mani proprie.
Per tali ragioni, il ricorso va rigettato con condanna del proponente al pagamento delle spese processuali.
P. Q. M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 14 maggio 2024
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