Appello Patteggiamento: la Cassazione Ribadisce i Rigidi Limiti
L’appello patteggiamento rappresenta un’area del diritto processuale penale dove le possibilità di impugnazione sono notevolmente ristrette. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 21633/2024) ha confermato questa linea rigorosa, dichiarando inammissibile il ricorso di un imputato che contestava la propria condanna per riciclaggio e falso. Questa pronuncia offre l’occasione per analizzare i confini dell’impugnazione delle sentenze emesse a seguito di accordo tra le parti.
I Fatti di Causa
Il caso ha origine da una sentenza del GIP del Tribunale di Napoli, con la quale era stata applicata, su richiesta delle parti, una pena di 3 anni e 9 mesi di reclusione e 4.000 euro di multa a un individuo per i reati di riciclaggio e falso. L’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione, lamentando un vizio di motivazione della sentenza in merito all’affermazione della sua responsabilità penale.
In sostanza, la difesa contestava il fatto che il giudice di primo grado non avesse adeguatamente vagliato la posizione dell’imputato prima di ratificare l’accordo sulla pena.
L’Appello Patteggiamento e la Decisione della Cassazione
La Suprema Corte ha respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile. La decisione si fonda su un’interpretazione netta dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, introdotto dalla cosiddetta “Riforma Orlando” (legge n. 103/2017).
La Norma Chiave: Art. 448, comma 2-bis, c.p.p.
Questa disposizione limita in modo tassativo i motivi per cui è possibile presentare ricorso contro una sentenza di patteggiamento. La Corte ha ribadito un principio ormai consolidato: non è consentito impugnare una sentenza di applicazione della pena per lamentare la mancata verifica, da parte del giudice, dell’insussistenza di eventuali cause di proscioglimento previste dall’art. 129 c.p.p. (come, ad esempio, il fatto che il reato non sussiste o che l’imputato non lo ha commesso).
Il ricorso dell’imputato, basato proprio su un presunto vizio di motivazione circa la sua colpevolezza, rientrava esattamente in questa categoria di doglianze non ammesse.
Le Motivazioni della Decisione
La logica alla base della pronuncia e della norma stessa è chiara. Con la richiesta di patteggiamento, l’imputato accetta una determinata pena in cambio di benefici, rinunciando implicitamente a contestare nel merito la propria responsabilità. Consentire un’impugnazione per motivi legati alla valutazione della colpevolezza svuoterebbe di significato l’istituto del patteggiamento, trasformandolo in una mera tattica processuale anziché in una scelta consapevole e definitiva.
La Corte, citando precedenti conformi, ha sottolineato che le uniche censure ammissibili sono quelle espressamente previste dalla legge, che riguardano aspetti come l’erronea qualificazione giuridica del fatto, l’illegalità della pena concordata o la mancata osservanza di norme processuali essenziali. La valutazione sulla sussistenza del reato e sulla colpevolezza dell’imputato, invece, è un tema che si considera superato dall’accordo stesso tra le parti.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale di estrema importanza per la difesa penale. L’appello patteggiamento è un’opzione da valutare con estrema cautela. La decisione di accedere a questo rito alternativo comporta una rinuncia quasi totale a future contestazioni sulla responsabilità. Di conseguenza, avvocati e assistiti devono essere pienamente consapevoli che, una volta emessa la sentenza di patteggiamento, le vie d’uscita sono estremamente limitate e circoscritte a vizi specifici e formali.
Inoltre, la declaratoria di inammissibilità del ricorso ha comportato per l’imputato non solo la conferma della condanna, ma anche l’obbligo di pagare le spese processuali e un’ulteriore somma di 3.000 euro alla Cassa delle Ammende. Ciò serve da monito contro la presentazione di ricorsi esplorativi o palesemente infondati, che finiscono per aggravare la posizione economica del condannato.
È possibile fare appello a una sentenza di patteggiamento lamentando che il giudice non ha verificato la possibile innocenza dell’imputato?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che, in base all’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, non è consentito ricorrere contro una sentenza di patteggiamento per lamentare la mancata verifica di eventuali cause di proscioglimento (art. 129 c.p.p.).
Quali sono le conseguenze se un ricorso contro una sentenza di patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
Se il ricorso è dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato non solo al pagamento delle spese del procedimento, ma anche a versare una somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende, come stabilito dall’art. 616 del codice di procedura penale.
Per quale motivo la legge limita così tanto l’appello contro il patteggiamento?
La legge limita l’impugnazione perché il patteggiamento è un accordo tra l’imputato e l’accusa. Con tale accordo, l’imputato accetta la pena e, implicitamente, rinuncia a contestare nel merito la propria responsabilità. I motivi di appello sono quindi ristretti a specifici vizi di legittimità o illegalità della pena.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 21633 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 2 Num. 21633 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Napoli il DATA_NASCITA, contro la sentenza del GIP del Tribunale di Napoli del 27.2.2024;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 24.2.2024 il GIP del Tribunale di Napoli, su richiesta del difensore di fiducia, a tal fine munito di procura speciale, ha applicato a NOME COGNOME, in relazione ai reati di riciclaggio e falso, a lui ascritti, la pen concordata di anni 3 e mesi 9 di reclusione ed euro 4.000,00 di multa;
ricorre per cassazione il difensore del COGNOME deducendo vizio di motivazione per mancanza, illogicità e contraddittorietà in relazione alla responsabilità dell’imputato.
3 Il ricorso è inammissibile.
L’art. 448, comma 2 -bis, cod. proc. pen., introdotto dalla legge 23 giugno 2017 n. 103, limita l’impugnabilità della pronuncia alle sole ipotesi in esso tassativamente indicate essendo pacifico che non è consentito ricorrere in cassazione lamentando contro una sentenza di applicazione concordata della pena, per lamentare la mancata verifica dell’insussistenza di eventuali cause di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. (cfr., Sez. F , n. 28742 del 25/08/2020, GLYPH Messnaoui GLYPH Amine, GLYPH Rv. 279761 GLYPH – GLYPH 01; Sez. 6, n. 1032 del 07/11/2019, COGNOME NOME, Rv. 278337 – 01).
L’inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., della somma di Euro 3.000 in favore della RAGIONE_SOCIALE non ravvisandosi ragione alcuna d’esonero.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE.
Così deciso in Roma, il 19.4.2024