LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Appello patteggiamento: limiti e inammissibilità

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso contro una sentenza di patteggiamento, basato su una presunta mancanza di motivazione. L’ordinanza ribadisce che l’appello patteggiamento è consentito solo in casi tassativamente previsti e che il vizio di motivazione è rilevante solo se dalla sentenza emerge un’evidente causa di proscioglimento. Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Appello Patteggiamento: La Cassazione e i Limiti al Ricorso per Mancanza di Motivazione

L’istituto del patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, rappresenta una delle vie più comuni per la definizione dei procedimenti penali. Tuttavia, una volta che il giudice ha ratificato l’accordo, le possibilità di impugnazione sono molto ristrette. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce sui precisi confini dell’appello patteggiamento, chiarendo quando un ricorso per ‘mancanza di motivazione’ è destinato a essere dichiarato inammissibile.

I Fatti del Caso: Un Patteggiamento Impugnato

Il caso ha origine da una sentenza del G.U.P. del Tribunale di Bolzano, con la quale veniva applicata a un imputato la pena concordata tra le parti (sei mesi di reclusione e 240,00 euro di multa) per il reato previsto dall’art. 493-ter del codice penale.

Nonostante l’accordo raggiunto, la difesa dell’imputato decideva di presentare ricorso per Cassazione, chiedendo l’annullamento della sentenza. Il motivo? Una presunta e generica ‘mancanza della motivazione’.

Limiti all’Appello Patteggiamento e la Normativa di Riferimento

La Corte di Cassazione ha immediatamente dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su una norma specifica del codice di procedura penale: l’articolo 448, comma 2-bis. Questa disposizione, introdotta con la legge n. 103 del 2017, limita drasticamente i motivi per cui si può impugnare una sentenza di patteggiamento.

Il controllo della Corte di legittimità su queste sentenze non è ampio come per le sentenze ordinarie. In particolare, il vizio di motivazione può essere fatto valere solo in una circostanza molto specifica.

La Decisione della Corte di Cassazione: L’Inammissibilità del Ricorso

La Suprema Corte ha ribadito un principio consolidato: la sentenza di patteggiamento può essere oggetto di controllo per vizio di motivazione soltanto se dal testo stesso del provvedimento impugnato emerge in modo evidente la presenza di una delle cause di non punibilità previste dall’articolo 129 del codice di procedura penale (ad esempio, se il fatto non sussiste, se l’imputato non lo ha commesso, se il fatto non costituisce reato).

In altre parole, non è sufficiente lamentare che il giudice non abbia spiegato a sufficienza le sue ragioni. È necessario che dalla lettura della sentenza emerga una ‘prova positiva’ dell’innocenza o della non punibilità dell’imputato, tale da rendere l’accordo tra le parti palesemente illegittimo.

Le Motivazioni della Suprema Corte

Nel caso specifico, la difesa si era limitata a dedurre che ‘le circostanze accessorie alla condotta criminosa fondamentale erano tali da consentire la rappresentazione di una ipotesi di collaborazione desumibile ictu oculi dagli atti di causa’. Questa argomentazione è stata ritenuta dalla Corte troppo generica e non idonea a dimostrare l’evidenza di una causa di proscioglimento.

La Corte ha specificato che il giudice del patteggiamento deve verificare la correttezza della qualificazione giuridica del fatto e la congruità della pena, ma non è tenuto a redigere una motivazione complessa e articolata come in una sentenza emessa dopo un dibattimento. Una motivazione meramente enunciativa è, di norma, sufficiente.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza conferma la linea rigorosa della giurisprudenza in materia di appello patteggiamento. Le implicazioni pratiche sono chiare:

1. Riflessione pre-accordo: La scelta di patteggiare deve essere ponderata attentamente, poiché le possibilità di ‘ripensamento’ tramite impugnazione sono estremamente limitate.
2. Motivi di ricorso specifici: Un eventuale ricorso deve fondarsi su vizi specifici e tassativamente previsti dalla legge, non su generiche lamentele riguardanti la motivazione.
3. Conseguenze economiche: Un ricorso presentato al di fuori dei casi consentiti viene dichiarato inammissibile. Come nel caso di specie, ciò comporta non solo la conferma della sentenza, ma anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una cospicua somma (in questo caso, tremila euro) in favore della cassa delle ammende, a causa della colpa ravvisata nella proposizione di un’impugnazione priva di fondamento.

È sempre possibile impugnare una sentenza di patteggiamento?
No. L’impugnazione della sentenza di patteggiamento è consentita solo per i motivi specificamente elencati nell’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, come ad esempio l’errata espressione della volontà delle parti o la mancata costituzione del rapporto processuale.

Si può ricorrere contro un patteggiamento per mancanza di motivazione?
Sì, ma solo se dal testo della sentenza emerge in modo evidente una causa di proscioglimento immediato prevista dall’art. 129 del codice di procedura penale (es. il fatto non costituisce reato). Una generica lamentela sulla scarsità della motivazione non è un motivo valido di ricorso.

Cosa succede se il ricorso contro un patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
In caso di inammissibilità, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e di una somma pecuniaria in favore della cassa delle ammende, il cui importo è fissato equitativamente dal giudice.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati