Appello Patteggiamento: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile
L’istituto del patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, rappresenta una delle vie alternative al processo ordinario più utilizzate nel nostro sistema penale. Tuttavia, la scelta di questo rito comporta delle significative limitazioni al diritto di impugnazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i confini entro cui è possibile presentare un appello patteggiamento, ribadendo le severe conseguenze in caso di ricorso generico e al di fuori dei casi consentiti.
I Fatti: Un Ricorso Contro la Sentenza di Patteggiamento
Il caso in esame nasce dal ricorso di un imputato contro una sentenza emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) del Tribunale. Tale sentenza aveva applicato la pena concordata tra l’imputato e il Pubblico Ministero, ai sensi dell’art. 444 del codice di procedura penale, per il reato previsto dall’art. 73, comma 4, del Testo Unico sugli Stupefacenti (D.P.R. 309/1990).
L’imputato, attraverso il proprio difensore, ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando una presunta violazione di legge e un vizio di motivazione. In particolare, sosteneva che il giudice di primo grado non avesse adeguatamente valutato la possibile esistenza di cause di proscioglimento, come previsto dall’art. 129 del codice di procedura penale.
La Decisione della Cassazione sull’Appello Patteggiamento
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso e lo ha dichiarato inammissibile ‘de plano’, ovvero con una procedura semplificata e senza necessità di udienza. La Corte ha ritenuto che il ricorso fosse manifestamente infondato e non rientrasse nelle ipotesi tassative per le quali è consentita l’impugnazione di una sentenza di patteggiamento. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni: Genericità e Limiti dell’Art. 448 c.p.p.
La decisione della Suprema Corte si fonda su due pilastri argomentativi principali. In primo luogo, il ricorso è stato considerato generico. La doglianza relativa al mancato esame delle cause di proscioglimento non era supportata da elementi specifici che potessero far dubitare della correttezza della decisione del GIP.
In secondo luogo, e in modo dirimente, la Corte ha richiamato i limiti stringenti posti dall’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce che il ricorso contro una sentenza di patteggiamento può essere proposto solo per motivi specifici, come l’erronea qualificazione giuridica del fatto, l’illegalità della pena applicata o l’inosservanza di norme processuali la cui violazione è sanzionata con la nullità. Il motivo addotto dal ricorrente, ovvero la presunta omessa valutazione di cause di proscioglimento, non rientra in questo elenco tassativo. Pertanto, il ricorso è stato proposto al di fuori dei casi consentiti dalla legge.
Le Conclusioni: Conseguenze Pratiche dell’Inammissibilità
L’ordinanza in commento ribadisce un principio fondamentale: la scelta del patteggiamento implica una sostanziale rinuncia a contestare nel merito la propria colpevolezza in cambio di uno sconto di pena. L’impugnazione di tale sentenza è un’eventualità eccezionale, limitata a vizi gravi e specificamente individuati dal legislatore. Presentare un appello patteggiamento basato su motivi generici o non previsti dalla legge non solo è destinato all’insuccesso, ma comporta anche sanzioni economiche per il ricorrente, come la condanna alle spese e al pagamento di una somma alla Cassa delle ammende. Questa pronuncia serve da monito sull’importanza di valutare attentamente i presupposti e i limiti di ogni mezzo di impugnazione.
È sempre possibile fare appello contro una sentenza di patteggiamento?
No, non è sempre possibile. L’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale stabilisce che il ricorso per cassazione contro una sentenza di patteggiamento è consentito solo per motivi specifici e tassativamente elencati, come l’errata qualificazione giuridica del fatto o l’illegalità della pena.
Per quale motivo la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso in questo caso?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché era generico e, soprattutto, perché era stato proposto per motivi non rientranti nei casi specificamente previsti dall’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale per l’impugnazione delle sentenze di patteggiamento.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso per il ricorrente?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma, in questo caso determinata in tremila euro, in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 1904 Anno 2025
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Penale Ord. Sez. 7 Num. 1904 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 02/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a BERGAMO il 04/08/1988
avverso la sentenza del 17/07/2024 del GIP TRIBUNALE di BERGAMO
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alle pacti.;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
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n. 28913/24~
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
che l’imputato ricorre per cassazione avverso la sentenza in epigrafe indicata, che, norma dell’art. 444 cod. proc. pen., in relazione al reato di cui all’art. 73, comma 4, d. ottobre 1990, n. 309 e altro, ha applicato la pena come dallo stesso richiesta con il consen del P.M.;
che il ricorrente denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al manc esame delle cause di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen.;
che il ricorso, «de plano» ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen., va dichiarato inammissibile perché generico e proposto al di fuori dei casi previsti dall’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen.;
che segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma equitativamente determinata in euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 02/12/2024