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Appello patteggiamento: i motivi di inammissibilità

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro una sentenza di patteggiamento. La decisione si basa sul fatto che i motivi di appello patteggiamento sono tassativamente previsti dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. e la doglianza sollevata (mancanza di motivazione sul fatto) non rientra tra questi. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 14 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Appello Patteggiamento: Quando il Ricorso è Inammissibile

Il patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, è un istituto fondamentale del nostro ordinamento processuale penale che consente di definire il processo in modo più rapido. Tuttavia, la scelta di questo rito comporta delle precise conseguenze, soprattutto per quanto riguarda le possibilità di impugnazione della sentenza. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito i rigidi limiti dell’appello patteggiamento, chiarendo quali sono gli unici motivi per cui è possibile presentare ricorso e le conseguenze di un’impugnazione infondata.

I Fatti del Caso

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguardava un imputato che aveva presentato ricorso avverso una sentenza di patteggiamento emessa da un Tribunale territoriale. L’imputato, tramite il suo difensore, contestava la decisione del giudice di primo grado, lamentando una presunta carenza di motivazione riguardo ai fatti di reato contestati. La questione è quindi giunta all’esame della Corte di Cassazione, chiamata a valutare se tale motivo di ricorso fosse ammissibile.

I Limiti dell’Appello Patteggiamento secondo la Legge

La Corte ha immediatamente dichiarato il ricorso inammissibile, basando la propria decisione sul chiaro dettato normativo. Il punto centrale della questione risiede nell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce in modo tassativo i soli motivi per cui è possibile impugnare una sentenza di patteggiamento. Essi sono:

1. Vizi della volontà: quando l’espressione della volontà dell’imputato di patteggiare sia stata viziata.
2. Difetto di correlazione: se vi è una discordanza tra quanto richiesto dalle parti e quanto deciso dal giudice nella sentenza.
3. Erronea qualificazione giuridica: nel caso in cui il fatto sia stato qualificato giuridicamente in modo errato.
4. Illegalità della pena o della misura di sicurezza: qualora la pena applicata o la misura di sicurezza disposta siano contrarie alla legge.

Qualsiasi motivo di ricorso che non rientri in questo elenco è, per definizione, inammissibile. La logica del legislatore è quella di garantire la stabilità delle sentenze di patteggiamento, che nascono da un accordo tra accusa e difesa, limitando le impugnazioni a vizi di natura prettamente giuridica e procedurale, senza riaprire la discussione sul merito dei fatti.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

Nel caso specifico, la Corte ha osservato che la doglianza del ricorrente, relativa alla “mancanza di motivazione sul fatto di reato”, non rientra in nessuna delle quattro categorie consentite dalla legge. Contestare il merito della decisione o la sua motivazione fattuale non è un motivo valido per l’appello patteggiamento. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile “senza formalità”, come previsto dall’articolo 610, comma 5-bis, del codice di procedura penale, una procedura accelerata per i ricorsi palesemente infondati.

Oltre alla declaratoria di inammissibilità, la Corte ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Inoltre, ha disposto il versamento di una somma di quattromila euro in favore della Cassa delle Ammende. Questa sanzione pecuniaria è stata giustificata sulla base dell'”elevato coefficiente di colpa” del ricorrente nel proporre un’impugnazione manifestamente non consentita dalla legge.

Le Conclusioni

Questa ordinanza della Corte di Cassazione serve come un importante monito: la scelta del patteggiamento è una decisione strategica con implicazioni significative. Una volta emessa la sentenza, le possibilità di impugnazione sono estremamente limitate e circoscritte a vizi specifici e formali. Tentare di rimettere in discussione i fatti o la motivazione del giudice attraverso un ricorso infondato non solo è destinato al fallimento, ma espone il ricorrente a conseguenze economiche rilevanti, come la condanna al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria. È quindi fondamentale che la difesa valuti con la massima attenzione i presupposti di un eventuale ricorso, per evitare di incorrere in una declaratoria di inammissibilità.

È possibile fare appello contro una sentenza di patteggiamento per qualsiasi motivo?
No, non è possibile. L’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale stabilisce che il ricorso è consentito solo per motivi specifici, come problemi relativi all’espressione della volontà dell’imputato, un errore nella qualificazione giuridica del fatto, l’illegalità della pena o una discordanza tra la richiesta e la sentenza.

Cosa succede se si presenta un ricorso per motivi non consentiti dalla legge?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Come stabilito in questa ordinanza, ciò comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende.

La mancanza di motivazione sul fatto di reato è un motivo valido per impugnare una sentenza di patteggiamento?
No. Secondo la decisione della Corte, la censura relativa alla mancanza di motivazione sul fatto non rientra tra quelle consentite dalla legge per impugnare una sentenza emessa a seguito di patteggiamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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