Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 23045 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 23045 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/02/2024
SENTENZA
dalla parte civile COGNOME NOME NOME a MONDOLFO il DATA_NASCITA
sul ricorso proposto da: nel procedimento a carico di:
COGNOME NOME NOME NOME PERUGIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 13/09/2023 del TRIBUNALE di PERUGIA
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale, dr.ssa NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo per l’inammissibilità dell’impugnazione della parte civile e per la tempestiva rilevazione di eventuali cause di estinzione del reato e dunque per l’annullamento della sentenza senza rinvio per essersi il reato estinto per maturata prescrizione del reato.
Nessun Avvocato è presente.
RITENUTO IN FATTO
1.11 giudice di pace di Perugia il 6 luglio 2022. ha assolto NOME COGNOME dal reato di lesioni colpose cagionat a NOME COGNOME in conseguenza della omessa o insufficiente custodia che si addebita all’imputato sul proprio cane, che in un parco avrebbe procurato lesioni guaribili in 35 giorni alla persona offesa, fatto contestato come commesso il 18 gennaio 2015.
Il giudice, in sintesi, ha ritenuto che i fatti si siano svolti in mani decisamente difforme da come descritti nel capo di accusa: mentre il P.M. ha addebitato la caduta a terra di COGNOME, causativa di lesioni, ad essere stato colpito dalle zampe del cane di COGNOME, invece, l’unico testimone oculare e costituita parte civile, lo stesso COGNOME, ha dichiarato – informa il decidente che, avendo il cane boxer di COGNOME aggredito il proprio cane setter, COGNOME per difendere il proprio animale ha sollevato il boxer aggressore da terra afferrandolo per le zampe posteriori e, nel fare ciò, ha perso l’equilibrio ed è finito a terr ferendosi sia per effetto della caduta sia per effetto del raschiamento della zampe posteriori del boxer, dallo stesso afferrate, sul viso. Con la conseguenza rileva il giudice di pace – che, anche alla luce della localizzazione delle ferite, potrebbe essere in presenza – sì – di lesioni cagionate dal cane di COGNOME, non custodito, al cane di COGNOME ma non già di lesioni cagionate dal cane di COGNOME alla persona del COGNOME, essendo «la caduta del querelante da attribuirsi unicamente alla perdita di equilibrio dello stesso, conseguente ad una manovra incauta compiuta dallo stesso COGNOME» (così alle pp. 2-3 della sentenza di primo grado).
Ha proposto appello la sola parte civile, che, in estrema sintesi, q.-1 sottolineato criticamente i tempi lunghi del dibattimento di primo grado, ha sostenuto avere il giudice male compreso quanto riferito dal teste oculare e persona offesa, giungendo a travisarne il racconto e ha conseguentemente lamentato la erroneità e la ingiustizia della decisione.
Ha inoltre lamentato la nullità della sentenza per avere il giudice di pace, prima, il 29 giugno 2022, invitato espressamente l’imputato a formulare offerta reale ex art. 35 del d. Igs. 28 agosto 2000, n. 274, e, poi, all’udienza del 6 luglio 2022, contraddittoriamente ed illegittimamente, invitato le parti a concludere, emettendo sentenza assolutoria.
3.11 Tribunale di Perugia l con sentenza del 13 settembre 2023 /ha dichiarato inammissibile l’impugnazione, per carenza di interesse dell’impugnante, in quanto, essendoY il reato prescritto nelle more del procedimento, dopo la
sentenza di primo grado ma prima di quella di appello, non sarebbe stato possibile emettere la pronunzia invocata dalla parte civile, in quanto «anche in caso di riforma della sentenza, in ogni caso dovrebbe essere dichiarata l’intervenuta prescrizione della fattispecie contestata all’imputato con conseguente impossibilità per questo Tribunale di pronunciarsi sulle statuizioni civili il presupposto per applicare l’art. 578 c.p.p. è costituito dalla pronuncia di una sentenza di condanna nei confronti dell’imputato, e mira, nonostante la declaratoria di prescrizione, a mantenere, in assenza di un’impugnazione della parte civile, la cognizione del giudice dell’impugnazione sulle disposizioni e sul capo della sentenza del precedente grado che concerne gli interessi civili. In questa prospettiva è evidente l’inapplicabilità al caso in esame dell’art. 578 c.p.p., giacchè la sentenza di primo grado non è stata di condanna e l’appello è stato proposto solo dalla parte civile. Del resto, l’interesse della parte civile all’impugnazione deve essere apprezzabile non solo in termini di attualità ma anche di concretezza e deve essere correlato agli effetti primari e diretti del provvedimento da impugnare. L’interesse sussiste, pertanto, solo se il gravame sia idoneo a costituire, attraverso l’eliminazione del contesto pregiudizievole, una situazione pratica più vantaggio rispetto a quella determinatasi con la pronuncia giudiziale» (così alle pp. III-IV della sentenza impugnata).
Ciò posto, ricorre per la cassazione della sentenza la parte civile NOME COGNOME, tramite Difensore di fiducia, affidandosi ad un solo motivo con il quale lamenta violazione di legge (artt. 576 e 578 cod. proc. pen.).
Il ricorrente, premesso di non concordare con il giudice sulla data di prescrizione del reato, prescrizione che sarebbe, comunque, maturata dopo la sentenza di primo grado e prima di quella di appello, denuncia violazione degli artt. 576 e 578 cod. proc. pen., invocando precedenti di legittimità, a Sezioni sia Unite (Sez. U, n. 25083 del 11/07/2006, COGNOME, Rv. 233918) sia semplici (Sez. n. 6568 del 26/01/2022, COGNOME NOME vs. COGNOME NOME, Rv. 282689; Sez. 3, n. 3083 del 18/10/2016, dep. 2017, Sdolzini, Rv. 268894), secondo cui, al contrario, le norme richiamate consentirebbero al giudice di appello, nell’affermare incidenter tantum la responsabilità dell’imputato ai soli effetti civili, su impugnazione proposta dalla parte civile contro la sentenza assolutoria di primo grado, di condannare l’imputato al risarcimento dei danni anche in mancanza di una precedente statuizione sul punto.
Si chiede, dunque, l’annullamento della sentenza impugnata.
5.E’ pervenuta tempestiva richiesta (il 7 dicembre 2023) di trattazione orale da parte del ricorrente.
Il P.G. della Corte di cassazione nella requisitoria scritta del 25 gennaio 2024, da valere come memoria, ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
La Difesa dell’imputato ha fatto pervenire il 12 febbraio 2024 memoria e conclusioni, con nota spese.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Si premette che il reato contestato risulta prescritto alla data del 13 febbraio 2023 (fatto del 18 gennaio 2015 + sette anni e sei mesi = 18 luglio 2022 + complessivi 210 gg. di sospensione, cioè dal 22 giugno 2018 al 28 settembre 2018 e dal 22 maggio 2019 all’il settembre 2019 = prescrizione il 13 febbraio 2023), cioè dopo l’adozione della sentenza impugnata (emessa il 6 luglio 2022).
La pur maturata prescrizione, tuttavia, non rileva, in quanto si è in presenza di ricorso della parte civile soccombente all’esito dell’appello dalla stessa proposto ai fini civili } d
Ciò posto, il ricorso è fondato e deve essere accolto, per le ragioni che si passa ad illustrare.
La sentenza delle Sezioni Unite invocata dal ricorrente ha fissato il seguente principio di diritto (Sez. U, n. 25083 del 11/07/2006, COGNOME ed altri, Rv. 233918): «Il giudice di appello, nel dichiarare l’estinzione del reato per prescrizione o per amnistia su impugnazione, anche ai soli effetti civili, della sentenza di assoluzione ad opera della parte civile, può condannare l’imputato al risarcimento dei danni in favore di quest’ultima, atteso che l’art. 576 cod. proc. pen. conferisce al giudice dell’impugnazione il potere di decidere sul capo della sentenza anche in mancanza di una precedente statuizione sul punto».
In conformità si sono pronunziate le Sezioni semplici della S.C., tra le quali: Sez. 2, n. 6568 del 26/01/2022, COGNOME NOME vs. COGNOME NOME, Rv. 282689, che ha affermato che «All’esito del gravame proposto dalla parte civile avverso la sentenza di assoluzione, il giudice d’appello, anche qualora sia intervenuta la prescrizione del reato contestato, deve valutare la sussistenza dei presupposti per una dichiarazione di responsabilità limitata agli effetti civili e può condannare l’imputato al risarcimento del danno o alle restituzioni qualora reputi fondata l’impugnazione, in modo da escludere che possa persistere la sentenza di merito più favorevole all’imputato»;
e Sez. 3, n. 3083 del 18/10/2016, dep. 2017, Sdolzini, Rv. 268894, secondo cui «La parte civile è legittimata a proporre appello avverso la sentenza di primo grado di assoluzione dell’imputato per insussistenza del fatto al fine di chiedere al giudice dell’impugnazione di affermare la responsabilità dell’imputato, sia pure incidentalmente e ai soli fini dell’accoglimento della domanda di risarcimento del danno, ancorché in mancanza di una precedente statuizione sul punto, ferma restando, nel caso di appello della sola parte civile, l’intangibilità delle statuizi penali. (Nella fattispecie, la SRAGIONE_SOCIALE C. ha annullato la decisione che, accogliendo l’impugnazione della sola parte civile, aveva riformato la sentenza di assoluzione per insussistenza del fatto, dichiarando non doversi procedere nei confronti dell’imputato in ordine ai reati ascrittigli per intervenuta prescrizione, maturata in epoca successiva alla pronuncia della sentenza di primo grado)».
Si tratta di affermazioni da condividere, in quanto, come puntualmente spiegato nella parte motiva dei richiamati precedenti delle Sezioni semplici (sub nn. 2, 2.1 e 2.2 del “considerato in diritto”, pp. 2-3, di Sez. 2, n. 6568 de 26/01/2022, COGNOME NOME vs. COGNOME NOME, e sub nn. 2 del “considerato in diritto, pp. 4-7, di Sez. 3, n. 3083 del 18/10/2016, dep. 2017, Sdolzini), il principio secondo il quale la decisione sulle restituzioni e sul risarcimento dei danni può essere pronunziata soltanto nel caso in cui, nel precedente grado, sia stata affermata, con sentenza di condanna, la responsabilità dell’imputato vale unicamente nel caso in cui l’impugnazione sia stata proposta dall’imputato o dal Pubblico Ministero, mentre la disciplina dell’art. 578 cod. proc. pen,. non è applicabile allorchè appellante o ricorrente sia la parte civile, alla quale l’art. 57 cod. proc. pen. riconosce il diritto ad una decisione incondizionata sul merito della propria domanda.
Ne consegue che il giudice dell’appello proposto dalla sola parte civile dovrà valutare la sussistenza dei presupposti per una dichiarazione di responsabilità, naturalmente limitata agli effetti civili, anche qualora l’imputato sia stato assolt all’esito del primo grado, e potrà, ove si convinca che il giudice di primo grado ha errato nell’assolvere l’imputato, affermare la responsabilità agli effetti civi dell’imputato e condannarlo al risarcimento del danno o alle restituzioni. Un difforme ragionamento, per quanto testualmente sostenibile alla stregua della lettera dell’art. 578 cod. proc. pen., equivarrebbe, tuttavia, ad una interpretatio abrogans dell’art. 576 cod. proc. pen.
3. Discende la statuizione in dispositivo.
Essendo esaurita la regiudicanda penale, per avere il Pubblico Ministero prestato acquiescenza alla decisione liberatoria, all’annullamento della sentenza consegue il rinvio, per nuovo giudizio, al giudice civile competente per valore in
grado di appello, il quale dovrà provvedere anche alla regolamentazione delle spese tra le parti relativamente al giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia, per nuovo giudizio, al giudice civile competente per valore in grado di appello, cui demanda altresì la regolamentazione delle spese tra le parti relativamente al presente giudizio di legittimità.
Così deciso il 22/02/2024.