Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 7165 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 7165 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: dalla parte civile NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA nel procedimento a carico di:
COGNOME NOME nato a BERGAMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 10/11/2022 della CORTE APPELLO di BRESCIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME, il quale conclude chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
uditi i difensori:
avvocato COGNOME NOME, il quale conclude chiedendo l’accoglimento del ricorso; deposita conclusioni e nota spese;
avvocato COGNOME NOME, la quale conclude chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 10 novembre 2022 la Corte di appello di Brescia, quale giudice del rinvio, ha confermato quella con la quale il Tribunale di Bergamo, il 24 giugno 2015, ha assolto NOME COGNOME dai reati di lesioni gravissime, rapina aggravata, porto di armi od oggetti atti ad offendere per non aver commesso il fatto e da quello di omissione di soccorso perché il fatto non costituisce reato.
I menzionati provvedimenti sono stati resi nell’ambito del procedimento penale relativo ai fatti verificatisi la sera del 6 novembre 2014 in Pradalunga e tradottisi nel ferimento al volto ed agli arti inferiori di NOME COGNOME e nell sottrazione alla medesima vittima di un giubbino e di un portafogli.
Stando all’impostazione accusatoria, concordemente disattesa dai giudici di merito (ma non dal primo giudice di appello che, in accoglimento dell’impugnazione proposta dal pubblico ministero, ha condannato l’imputato per il solo delitto di lesioni gravissime, emettendo una sentenza che, tuttavia, è stata annullata con rinvio dalla Corte di cassazione con sentenza n. 24895 del 24/05/2022), NOME COGNOME, unitamente al correo NOME COGNOME, giudicato separatamente, sarebbe stato autore dell’aggressione ai danni di NOME, il quale, nell’occasione, riportò uno sfregio permanente al viso.
Il giudice del rinvio ha ritenuto, alla luce degli esiti della rinnovata istruzione dibattimentale, che le dichiarazioni accusatorie rese dalla persona offesa, costituitasi parte civile, a carico dell’imputato non dimostrano la responsabilità di COGNOME e che pressoché nulla sia, al riguardo, la valenza probatoria degli elementi ulteriormente acquisiti.
La parte civile, COGNOME, COGNOME propone, con l’assistenza dell’AVV_NOTAIO, ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo che, in ossequio alla previsione dell’art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen., sarà enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione, con il quale deduce vizio di motivazione.
Ascrive, in particolare, alla Corte di appello: di avere erroneamente ritenuto che egli ha offerto, nelle diverse occasioni in cui ha reso testimonianza, versioni dei fatti non collimanti; di avere descritto in maniera gravemente imprecisa le immagini estratte dal sistema di videosorveglianza installato sul luogo che è stato teatro dei fatti di causa che, a dispetto di quanto affermato nella sentenza impugnata, non valgono in alcun modo a smentire il suo narrato e, anzi, attestano in modo univoco il mendacio dell’imputato, al cui racconto, nondimeno, i giudici di merito hanno assegnato credito; di avere illogicamente escluso che
COGNOME potesse essere personalmente interessato a ferirlo, in tal modo trascurando il rapporto di amicizia che, per ammissione dello stesso imputato, lo legava al correo COGNOME; di avere illogicamente riconosciuto attitudine probatoria alle dichiarazioni di NOME COGNOME, latore di un apporto palesemente inattendibile, come attestato anche da quanto riferito dal teste COGNOME; di essere pervenuta all’assoluzione dell’imputato senza considerare che il correo COGNOME è stato condannato, nell’ambito di separato giudizio e con sentenza passata in giudicato, proprio sulla base del suo narrato, la RAGIONE_SOCIALE credibilità è stata, dunque, positivamente attestata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché proposto da soggetto non legittimato.
É pacifico, perché, tra l’altro, ammesso dallo stesso ricorrente, che la parte civile NOME COGNOME non ha proposto appello avverso la sentenza resa dal Tribunale di Bergamo il 24 giugno 2015, che è stata, invece, impugnata dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bergamo.
La giurisprudenza di legittimità, al riguardo, ha di recente chiarito che, se è vero, da un canto, che il principio di immanenza della costituzione di parte civile, sancito dall’art. 76 cod. proc. pen., comporta che la mancata impugnazione della sentenza di assoluzione di primo grado non equivale a rinuncia alla costituzione della medesima parte civile nel processo, non è men vero, per converso, che tale soggetto è abilitato, in questa ipotesi, a proporre ricorso per cassazione al solo scopo di far valere «questioni rilevabili di ufficio in ogni stato e grado del processo o di puro diritto insorte dopo il giudizio di secondo grado in forza di “ius superveniens” o di modificazione della disposizione normativa di riferimento, anche in conseguenza di un intervento demolitorio o additivo della Corte costituzionale» (così Sez. 3, n. 16492 del 27/11/2020′ dep. 2021, S., Rv. 281779 – 01; in termini, cfr., tra le altre, Sez. 5, n. 315 del 14/11/2017, dep. 2018, Gerace, Rv. 271926 – 01).
Ora, nel caso di specie, è del tutto evidente che COGNOME ha svolto, con il ricorso, censure che attengono alla ricostruzione del fatto oggetto di addebito ed alla coerenza, sotto diversi aspetti, della sentenza impugnata e, specificamente, della valutazione del materiale istruttorio compiuta dalla Corte di appello, che si assume illogica, contraddittoria e viziata da travisamenti.
È palese, quindi, che si è al di fuori del ristretto novero delle ipotesi in cui, stando al menzionato indirizzo ermeneutico, cui il Collegio intende dare continuità, la parte civile che non abbia proposto appello avverso la sentenza
assolutoria è legittimata alla proposizione di ricorso per cassazione avverso la decisione della Corte di appello, confermativa di quella di primo grado.
Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile. Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale, rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in 3.000,00 euro.
P.Q.IM.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 09/11/2023.