Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5709 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 5709 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 05/12/2023
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da:
NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
NOME COGNOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 16/03/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONISIDERATO IN DIRITTO
Letti i ricorsi presentati, con unico atto, dal difensore di NOME COGNOME e NOME COGNOME;
considerato che il primo motivo dei ricorsi, con il quale si contesta l’affermazione in ordine alla penale responsabilità in relazione agli artt. 54 e 131bis cod. pen., è privo dei requisiti di specificità previsti, a pena di inammissibilit dall’art. 581 cod. proc. pen. in quanto non scandito dalla necessaria analisi critica delle argomentazioni poste alla base della sentenza impugnata;
che, invero, la mancanza di specificità del motivo deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra la complessità delle ragioni argomentate nella decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, queste non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato, senza cadere nel vizio di mancanza di specificità;
che, nella specie, i giudici del merito hanno ampiamente vagliato e disatteso, con corretti argomenti logici e giuridici (Sez. 2, n. 10694 del 30/10/2019, deo. 2020, COGNOME, Rv. 278520; Sez. 2, n. 16363 del 13/02/2019, COGNOME, Rv. 276096), le doglianze difensive dell’appello, meramente riproposte in questa sede (si vedano, in particolare, pagg. 4 – 6);
ritenuto che le ulteriori doglianze, con le quali si contesta, peraltro genericamente, la qualificazione giuridica del fatto ed il mancato riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 62, primo comma, n. 4, cod. pen., non sono consentite in sede di legittimità perché non risultano essere state previamente dedotte come motivo di appello secondo quanto prescritto, a pena di inammissibilità, dall’art. 606, comma 3, cod. proc. pen., come si evince dal riepilogo dei motivi di gravame riportato nella sentenza impugnata, che i ricorrenti avrebbero dovuto specificamente contestare se incompleto o comunque non corretto (si veda pag. 1);
osservato che il secondo motivo, con il quale si lamenta il mancato proscioglimento dell’imputato per intervenuta prescrizione del reato, è del tutto privo del requisito di specificità in quanto il ricorrente lamenta l’omesso rilievo ex officio, da parte del giudice di merito, della prescrizione del reato senza puntualmente indicare le ragioni di diritto e gli elementi di fatto a sostegno della censura formulata (Sez. 2, n. 35791 del 29/05/2019, COGNOME Paoli, Rv. 277495);
che, inoltre, la doglianza è anche manifestamente infondata in quanto, alla luce del dato normativo di cui agli artt. 157 e 161 cod. pen. e della consolidata giurisprudenza di legittimità (Sez. 2, n. 46692 del 02/10/2019, COGNOME, Rv. 277929; Sez. 3, n. 68 del 25/11/2014, dep. 2015, Patti, Rv. 261792), il decorso
del termine di prescrizione non era maturato al momento della pronuncia della sentenza oggetto di ricorso;
rilevato che, pertanto, i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, con la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 5 dicembre 2023.